il retroscena

Tra i 50 franchi tiratori di Ursula moltissimi erano Pse e Verdi

Pietro Guastamacchia

Contro von der Leyen hanno votato i Verdi francesi e alcuni esponenti dei Verdi belgi. Defezioni anche tra gli eurodeputati del Pse. Ora si apre la partita per l’assegnazione dei commissari, che però vede i socialisti strutturalmente svantaggiati

Bruxelles. “Ursula, attenta a sinistra”, è il consiglio che arriva dal cuore del Ppe, “i Socialisti hanno vinto la partita delle trattative, aperto la porta ai Verdi e tenuto l’Ecr fuori dalla maggioranza a suon di minacce”, spiega al Foglio un funzionario dei Popolari, che sottolinea che ora la neoeletta presidente della Commissione dovrà fare attenzione “a non farsi mettere i piedi in testa da chi governa solo 4 Paesi su 27”. Che in casa Pse ci fosse aria di vittoria si è capito dalle prime parole della presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici all’Eurocamera, la spagnola Iratxe Garcia Perez, pochi minuti dopo l’annuncio dei risultati: “I socialisti non hanno firmato nessun assegno in bianco a Ursula von der Leyen”, un modo per dire che la maggioranza di giovedì era la maggioranza di un giorno, e che gli equilibri vanno rinegoziati volta per volta.

 

Tra gli oltre 50 franchi tiratori che hanno abbassato il margine della presidente della Commissione Ue diversi si nascondono nelle file dei Verdi e dei Socialisti. Contro von der Leyen infatti hanno votato i Verdi francesi e alcuni esponenti dei Verdi belgi. In casa socialista invece fonti nel Pse spiegano che i soli franchi tiratori siano stati due eurodeputati, uno sloveno e un irlandese, entrambi contrari al loro sostegno alla causa palestinese e alla loro opposizione al viaggio di von der Leyen in Israele all’indomani del 7 ottobre.

 

Attenzione speciale alla delegazione Pd in cui ci si aspettava qualche defezione ma i dem poco dopo al voto hanno voluto confermare con una nota il loro compatto sostegno alla nuova commissione, inclusa la fronda pacifista di Strada e Tarquinio che, raggiunti dal Foglio, hanno confermato il loro voto positivo, “per ora”, alla presidente della Commissione Ue. 

 

I primi screzi con i socialisti però potrebbero essere in arrivo già nelle prossime settimane, dal Pse infatti non intendono fare alcun passo indietro nella partita per l’assegnazione dei commissari che li vede però strutturalmente svantaggiati. Dei 26 commissari nominati dagli stati membri meno la Germania, che ha già incassato il presidente della Commissione Ue, tecnicamente alla famiglia del Pse ne spettano solo tre: quelli di Spagna, Malta e Danimarca. Numero che dovrebbe salire a quattro in quanto i socialisti, per rimediare alla rinuncia a un commissario socialista tedesco, chiedono un posto in più per il loro spitzenkandidat, Nicolas Schmit, da far rientrare come commissario per il Lussemburgo nonostante al governo nel Granducato ci siano i popolari.

 

Se ai socialisti spettano 4 commissari, i popolari invece ne attendono 13, determinando uno sbilanciamento che dal Pse intendono colmare con il peso delle deleghe. “Vogliamo avere commissari di peso in ruoli chiave”, spiega Garcia Perez, “è una questione di equilibrio politico a cui non possiamo rinunciare”. I socialisti vogliono a tutti i costi un commissario che abbia deleghe sulle questioni ambientali, da affidare con ogni probabilità alla spagnola Teresa Ribera, un avamposto progressista verde da anteporre al commissario all’Agricoltura che invece dovrebbe andare ai popolari, con ogni probabilità a un polacco da scegliere tra gli uomini fidati di Donald Tusk.

 

Particolarmente complessa si preannuncia la trattativa sul commissario alla casa. La creazione di un nuovo portfolio sull’emergenza abitativa è stata infatti una delle condizioni presentate dai socialisti a von der Leyen per sostenere la sua commissione e ora dal gruppo del Pse intendono incassare la vittoria, assegnando il posto molto probabilmente allo stesso Schmit. Ma ai popolari l’idea non piace, il tedesco della Cdu, Andreas Schwab, parlando al Foglio spiega che “ci sono delle difficoltà tecniche” nell’assegnazione di questo ruolo, eufemismo per dire che il Ppe non garantisce che la novità richiesta dai socialisti vedrà mai la luce, e i socialisti sono già pronti a legarsela al dito.