inchieste politiche
Il silenzio sprezzante di Sánchez sulle accuse di corruzione alla moglie
In seguito all'inchiesta si erano sollevati, fin da subito, sia i sovranisti di Vox, seppur con toni meno roboanti, sia il Partito popolare, che ieri ha però chiesto le dimissioni del premier quando è stata resa nota la sua convocazione come testimone
Martedì prossimo il premier spagnolo Pedro Sánchez sarà ascoltato – “a domicilio”, al palazzo della Moncloa – come testimone nell’ambito dell’indagine condotta dal giudice Juan Carlos Peinado sulle attività professionali di sua moglie Begoña Gómez, che qualche mese fa è stata accusata di traffico di influenze e di corruzione privata dal sedicente sindacato Manos Limpias (“Mani Pulite”). Questo gruppo, che coincide con la persona del suo fondatore Miguel Bernad, la cui unica attività è depositare denunce sensazionalistiche, si basava su inchieste giornalistiche pubblicate perlopiù da testate online riconducibili a quella affollata galassia mediatica spagnola a cui lo stesso Sánchez, adattando un vocabolo francese, si era già riferito come “fachosfera” (ovvero: fasciosfera). In scia a Manos Limpias si erano messi, fin da subito, sia i sovranisti di Vox, sia, seppur con toni meno roboanti, anche il Partito popolare, che ieri ha però chiesto le dimissioni del premier quando è stata resa nota la sua convocazione come testimone.
Tutto ciò aveva condotto, a fine aprile, alle “cinque giornate” di Sánchez, ovvero alla sua irrituale lettera ai cittadini in cui annunciava di volersi prendere qualche tempo per riflettere se ritenesse opportuno continuare a fare il premier se questo voleva dire esporre sua moglie a quelle che lui descriveva come delle aggressioni del tutto pretestuose da parte di avversari politici inclini a dare colpi sotto la cintura. Sánchez aveva poi annunciato di voler continuare a svolgere il suo incarico con più convinzione di prima, impegnandosi a porre dei limiti alla pubblicazione di fake news – un annuncio che non ha ancora portato a nulla di concreto.
Da allora sono successe molte cose. Benché un’inchiesta indipendente della Guardia Civil avesse concluso che non ci fosse alcuna evidenza che giustificasse il proseguimento di un’indagine, l’indagine è invece proseguita. E non ha giovato all’immagine del premier e della moglie il fatto che entrambi si siano di fatto rifiutati di dire alcunché sulle presunte opacità che sono via via emerse. Non hanno detto nulla quando l’imprenditore Carlos Barrabés – che aveva rapporti professionali con Begoña Gómez in relazione a un master da lei diretto presso l’Università Complutense – ha affermato, interrogato dal giudice, di aver incontrato varie volte la sua interlocutrice alla Moncloa, presente in due occasioni anche il premier. Non hanno detto nulla quando qualcuno ha affermato che Begoña Gómez avrebbe registrato (o avrebbe provato a registrare) a suo nome un software o altri prodotti intellettuali pagati dall’Università Complutense, che si è poi a sua volta lamentata di non aver ricevuto risposte esaustive ai suoi quesiti al riguardo da parte della moglie del premier (nel frattempo anche il rettore della Complutense è stato messo sotto inchiesta). E non hanno detto nulla dopo che venerdì scorso Begoña Gómez, interrogata da Peinado, si è avvalsa della facoltà di non rispondere su consiglio del suo avvocato Antonio Camacho, già ministro dell’Interno del governo Zapatero.
Davanti a questo silenzio assoluto da parte di Pedro & Begoña, a cui fa eco il silenzio altrettanto assoluto che proviene dalle file dei socialisti, un alleato di governo di Sánchez, il nazionalista basco Aitor Esteban, ha provato a svariare dicendo: “Sarò molto sincero: ciò che mi sorprende è che nessuno dica che ci sono cose che semplicemente non vanno fatte, non perché la legge le vieti, ma perché non vanno fatte. E mi stupisce che nessuno parli di etica ed estetica ma si parli solo di ordinamento giuridico”. Infatti, come spesso succede quando si parla di un concetto sommamente scivoloso come il traffico d’influenze, il dubbio è che Begoña Gómez – se mai ha commesso alcunché, cosa ancora tutta da dimostrare – possa aver avuto dei comportamenti professionali ineleganti o inopportuni più che illegali. Ma il silenzio da parte sua e da parte del marito non aiuta a fugare questo dubbio.
Il protrarsi della visibilità mediatica di questa vicenda, di cui si devono occupare per dovere di cronaca anche le testate “amiche”, non fa bene all’immagine di Sánchez. Ma, d’altra parte, se la linea del premier è quella di non cedere alle provocazioni da parte della fachosfera e di ignorare le ricadute giudiziarie imbastite da magistrati che i socialisti ritengono essere “politicizzati”, un silenzio sprezzante fa parte del gioco. Anche se rischia di diventare, alla lunga, un comportamento autolesionista.
L'editoriale dell'elefantino