L'analisi
Cosa è andato storto nella spinta immobiliare russa
Le differenze tra la bolla della Russia e quella della Cina: sanzioni, distorsioni, investimenti a vuoto
L’economia russa esporta soprattutto materie prime non rinnovabili. Le sanzioni le hanno in buona parte bloccate. Questa prima spinta all’economia si è attenuata. A seguito della guerra si è avuta una spinta della spesa militare, una combinazione di un maggior numero di occupati nel settore e di un gran reddito distribuito ai soldati. Questa seconda spinta all’economia è in corso. Da ben prima della guerra si era avuta in Russia una spinta a partire dalle costruzioni e ristrutturazioni, quindi dal settore immobiliare. Questa terza spinta si sta attenuando per effetto dei maggiori prezzi e dei minori sussidi.
Gli immobili, negli anni Novanta, dopo la caduta dell’Unione sovietica, erano acquistati con i risparmi accumulati fino al raggiungimento del capitale necessario. Poi, con il nuovo secolo, arriva la finanza. Fatta salva una modesta quota iniziale, non era più necessario risparmiare per molti anni, perché bastava pagare regolarmente il mutuo acceso con le banche, mutuo che aveva la quota di capitale e di interessi. In questo modo poteva nascere, appena dopo il socialismo, un ceto di proprietari immobiliari, un ceto che avrebbe ragionato da proprietario di un bene che poteva essere lasciato in eredità. Questa diffusione della proprietà non era spinta solo dal mercato, ossia dalle banche che vedevano un nuovo settore, quello immobiliare, da finanziarie, ma anche dallo stato. I mutui erano, infatti, agevolati, perché lo stato copriva la differenza fra il tasso di interesse di mercato e quello che veniva chiesto dalle banche alle famiglie.
Un’operazione politica non diversa da quella della Thatcher, quando, negli anni Ottanta del secolo scorso, in Gran Bretagna furono privatizzate le case popolari per creare un ceto proprietario anche fra i meno abbienti. Quindi anche in Russia abbiamo avuto in campo immobiliare una politica “liberista”. Sia in Russia sia in Gran Bretagna abbiamo avuto un grande mutamento, la diffusione della proprietà nel settore immobiliare, in assenza di una urbanizzazione importante. Ciò che, invece, è avvenuto in Cina, dove centinaia di milioni di contadini si sono inurbati. In Cina hanno però finito per costruire molte più abitazioni di quelle che sono state domandate, tanto che si hanno decine di milioni di appartamenti sfitti. Questi ultimi avrebbero già portato in bancarotta i costruttori e i loro creditori, che sono le banche e i sottoscrittori di obbligazioni, ma l’intervento pubblico è riuscito ad attenuare la crisi.
In Russia, a differenza della Cina, non si è avuta un’offerta abnorme di abitazioni, ma un’offerta inferiore alla domanda. Ciò ha alzato il livello dei prezzi degli immobili. Ciò ha arricchito chi ha acquistato agli inizi del ciclo, ma reso difficile se non impossibile l’acquisto per chi è arrivato dopo. Le difficoltà, soprattutto per questi ultimi, sono aumentate negli ultimi tempi anche perché lo stato ha ridotto la copertura della differenza fra tassi di mercato e tassi praticati dalle banche alle famiglie.
In Russia, ultimamente, per effetto delle sanzioni, in Cina, da molto tempo, proprio come nell’Italia degli anni Settanta e primi Ottanta, non si ha un mercato finanziario sviluppato, né si possono portare facilmente i propri denari all’estero. I risparmi finiscono così nell’immobiliare, il mercato più facile da organizzare, oltre la quota che le famiglie avrebbero desiderato, se avessero potuto investire anche in altre attività. A causa di questa distorsione, la mancanza di alternative di investimento, i prezzi delle case russe sono superiori a quanto altrimenti sarebbero per il semplice effetto della maggior domanda rispetto all’offerta. A causa di questa distorsione, vale a dire la mancanza di alternative di investimento, le famiglie cinesi si sono impoverite più di quanto altrimenti sarebbe accaduto in presenza di investimenti diversificati quando i prezzi delle case sono crollati per effetto della troppa maggior offerta rispetto alla domanda.