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Perché è stato chiuso il centro islamico di Amburgo
Da trent’anni è sospettato di promuovere il fondamentalismo e sostenere Hezbollah. “Le sue attività anticostituzionali sono da oggi terminate e i beni dell’Izh sono stati sequestrati ad Amburgo e in altri sette Länder”, ha dichiarato il borgomastro Peter Tschentscher
Centinaia di poliziotti con il volto coperto, un viavai di cartoni e oggetti sequestrati per essere analizzati altrove. E nelle stesse ora non meno di cinquanta perquisizioni, la maggior parte delle quali è avvenuta ad Amburgo. È qui che la polizia tedesca è intervenuta per chiudere il centro di culto islamico Imam Alì (Izh) proprietario della Moschea Blu. Il nome di Alì rivela la natura sciita del luogo di preghiera con oltre 60 anni di storia: la prima pietra fu posta nel lontano 1960 ma era già dal 1953 che i commercianti iraniani nella città anseatica puntavano alla costruzione di un luogo di culto con la benedizione del loro connazionale Hossein Tabatabai Borujerdi (1875-1961). Borujerdi non era solo Grande Ayatollah, – la sua famiglia rivendicava 30 generazioni di discendenza diretta dall’imam Alì – ma gli fu anche riconosciuto il titolo di Marja’ al taqlid ossia di massima autorità teologica e “fonte di imitazione”.
Dal suo seminato è invece uscito uno dei suoi allievi più famosi: Ruhollah Khomeini. Se Borujerdi ha concentrato la sua vita su temi strettamente teologici senza impegnarsi in politica, Khomeini ha fatto l’esatto contrario diventando il fondatore e la guida (suprema) della Repubblica islamica dell’Iran dal 1979 al 1989. La Moschea Blu ha seguito la stessa traiettoria dei suoi “padrini”, passando da un ambito religioso a uno politico-rivoluzionario: ecco dunque spiegata la massiccia azione di polizia di mercoledì ad Amburgo, la città del cancelliere tedesco Olaf Scholz, su disposizione della ministra federale degli Interni, la socialdemocratica Nancy Faeser.
“Le attività anticostituzionali del centro islamico sono da oggi terminate e i beni dell’Izh sono stati sequestrati ad Amburgo e in altri sette Länder”, ha dichiarato a conclusione del raid della polizia il borgomastro amburghese Peter Tschentscher. Ma non è finita qua: “Altre cinque organizzazioni legate all’Izh sono state messe al bando e tre moschee chiuse”, ha proseguito il sindaco, anche lui socialdemocratico, senza temere di affermare che il raid di mercoledì “fa bene alla società”. Perché l’Izh e la sua Moschea Blu diventata parte del panorama architettonico di Amburgo nord sono da lungo tempo sospettati di promuovere il fondamentalismo islamico, l’antisemitismo e di sostenere con reclutamenti e donazioni Hezbollah, l’armatissima milizia sciita libanese alleata dell’Iran che tiene in scacco tanto il governo del Libano quanto quello israeliano.
Ma se il raid contro l’Izh è di ieri, è dal 1993 che il centro islamico sciita è nel mirino dei servizi tedeschi di intelligence per possibili attività anticostituzionali: un sospetto durato trent’anni e che ieri ha permesso a Tschentscher di ringraziare la ministra Faeser, “che a differenza del suo predecessore ci ha ascoltati”. Una stoccata contro l’ex ministro cristiano-sociale bavarese Horst Seehofer al quale va però riconosciuto il merito di aver messo al bando le attività di Hezbollah in Germania nel 2020. Lo Spiegel ricorda che nella primavera del 2022 le autorità di Amburgo avevano espulso il vice capo dell’Izh, Seyed Mousavifar, proprio per la sua vicinanza all’organizzazione terroristica Hezbollah. Adesso resterebbe solo da capire perché le autorità tedesche ci hanno messo oltre trent’anni per dare un giro di vite contro l’Izh: in apparenza la ragione non è la mancanza di consenso politico. Sempre secondo lo Spiegel, a favore della chiusura del centro sostenuto da Teheran c’era non solo la Spd ma anche la Cdu e il partito Liberale (Fdp). Nessun dubbio neppure da parte dei Verdi: secondo il co-leader del partito ecologista Omid Nouripour, nato a Teheran nel 1975, l’Izh era “il principale covo di spie del regime (iraniano) in Germania”.