Foto Ansa

guardie e ladri

La poliziotta e il criminale. Un ex procuratore ci spiega com'è la sfida Trump-Harris

Giulio Silvano

Da una parte c'è la procuratrice della California che ha fatto carriera mandando in carcere gli spacciatori. Dall’altra c’è Trump, che entra ed esce dai tribunali, losco businessman del Queens

Dopo il ritiro di Joe Biden dalla campagna elettorale si è passati dallo scontro tra due anziani – sei più vecchio tu, sei più delirante tu –  a un gioco tra guardie e ladri. Da una parte c’è Kamala Harris, la procuratrice, la superpoliziotta della California che ha fatto carriera mandando in carcere gli spacciatori, e dall’altra c’è il criminale Donald Trump che entra ed esce dai tribunali, losco businessman del Queens, forse responsabile di un tentativo di coup d’état. Quando Harris aveva partecipato alle primarie democratiche del 2020 era stata criticata per il suo essere una sbirra. Ma adesso la situazione è cambiata, dice al Foglio Ankush Khardori, ex procuratore federale e firma di Politico: “È vero che negli Stati Uniti la politica sul crimine si è spostata negli anni recenti, in gran parte per via dell’aumento di crimini durante la pandemia”.

  

E se prima il lato da poliziotto di Harris era poco adattabile al Partito democratico, e lei veniva bollata come “poco di sinistra”, oggi “gli attivisti progressisti che hanno criticato i procuratori tradizionali in questi anni hanno perso molto potere. Il profilo di Harris, in quanto procuratrice più tradizionale è più attraente di quanto non fosse prima della pandemia, quando si candidò la prima volta”. Khardori ricorda che oggi il crimine, secondo i numeri, è in cima alle preoccupazioni del paese: il 61 per cento degli elettori registrati crede che il sistema giudiziario non sia abbastanza duro con i criminali. Nel 2020 era solo il 48 per cento. “Penso che Harris manterrà un robusto appoggio da parte della comunità afroamericana – continua il giornalista – Non mi aspetto che si rivoltino contro di lei in massa per via del suo background da procuratrice. Per molti di loro, e in particolare per le donne nere, probabilmente sarà un’enorme fonte di orgoglio averla alla Casa Bianca”. 

  
“Magari il fatto che Kamala sia stata una procuratrice indebolirà un po’ gli attacchi soliti, cioè che i democratici non sono duri contro il crimine, ma è vero che proiettare autorità e durezza è centrale per il personaggio di Donald Trump e ha già reso l’immigrazione illegale il tema centrale della sua campagna”, dice Khardori, e pensa che i repubblicani cercheranno di cambiare la strategia da “Biden è vecchio”, a “Kamala ha cercato di nascondere le capacità mentali di Biden, sottolineando che anche lei è parte del complotto della Casa Bianca”.

  

E i democratici continueranno a giocarsi la carta: Trump è un criminale? “Non penso siano convinti che basti questo per arrivare a far rieleggere Harris. Sicuramente faranno anche una campagna su politiche tradizionali e questioni personali”. Ma i processi di Trump hanno un peso, spiega Khardori, perché lui “ha reso centrali nella campagna i suoi procedimenti giudiziari in un modo che non era mai stato fatto prima. Le investigazioni e i casi contro di lui, sia criminali sia civili, hanno messo questi temi giudiziari al centro. Trump ha anche promesso che porterà davanti alla legge i suoi nemici politici, e anche questo ha attirato l’attenzione sul tema giustizia dell’elettorato americano e dei media”. Trump ha promesso più volte una vendetta personale contro i suoi nemici, dovesse essere rieletto. “È una cosa negativa per il nostro ambiente politico e per il funzionamento del nostro governo, ma bisogna vedere quanto sostegno avrebbe per questa iniziativa. Di recente ero alla convention repubblicana e ho parlato con vari delegati, e non erano particolarmente entusiasti all’idea. E anche i comizi clou della convention hanno palesemente evitato il discorso. Questo è molto significativo. Perché questi sono i sostenitori più devoti del Partito repubblicano”. 

 
Dall’altra parte, invece c’è stato il processo al figlio del presidente, Hunter Biden, feticcio del popolo Maga, che è stato trovato colpevole per possesso illegale di arma da fuoco, a giugno. “Non è chiaro se abbia avuto degli effetti che non siano mediatici”, dice il giornalista di Politico, “penso che molti americani simpatizzino con qualcuno che ha faticato con l’abuso di sostanze, anche se disapprovano fortemente che una persona dipendente da droghe pesanti acquisti un’arma da fuoco. E ora Biden è fuori dalla gara, e quindi penso che il processo di Hunter avrà qualche forma di impatto sulle presidenziali”. 

 

E poi c’è la Corte Suprema, aiuterà ancora Trump? “Penso che l’abbia già aiutato a sufficienza”, spiega Khardori. Per esempio, con l’immunità parziale che gli ha concesso. “I giudici repubblicani gli hanno fatto un favore gigante, assicurando che non ci sarà il processo per aver tentato di rubare i voti alle ultime elezioni. Se Trump fosse stato condannato prima di novembre, allora è plausibile che una massa critica di elettori non lo avrebbe votato – lo dicono i sondaggi e l’alto interesse per quel caso. I numeri poi indicano che anche la condanna di Manhattan potrebbe spostare una parte discreta di elettori indipendenti contro di lui. Ma è difficile oggi da dire, considerati gli eventi straordinari degli ultimi tempi, il tentato assassinio e la decisione di Biden di farsi da parte. È stato un anno unico nella politica americana. Provare a predire le cose oggi non è molto saggio”.