Rupert Murdoch (LaPresse)

negli stati uniti

La successione di Murdoch andrà in scena in Nevada, tra lotte filiali e trumpismo

Marco Bardazzi

Le sorti della dinastia dei Murdoch si decideranno in un tribunale di Reno. Una saga che ha ispirato libri e serie tv come “Succession” e che da sempre si incrocia con i destini della politica, del potere e dei media in tutto il mondo anglosassone. Cosa c'è davvero in ballo

Non poteva che finire a Reno, città di biscazzieri, divorzi facili e trust familiari blindati. Sarà qui, in Nevada, che si decideranno le sorti della dinastia dei Murdoch, una saga che ha ispirato libri e serie tv come “Succession” e che da sempre si incrocia con i destini della politica, del potere e dei media in tutto il mondo anglosassone. A 93 anni, Rupert Murdoch ha deciso di spezzare il delicato equilibrio che c’era tra i suoi litigiosi figli e tentare una mossa che fa emergere la posta in gioco: schierare per sempre il potere mediatico di famiglia con Donald Trump o prenderne le distanze per posizionarlo in un’area più vicina ai democratici americani e al Labour britannico?

C’è questo in ballo, assieme a un imprecisato ammontare di soldi, dietro il passo che Murdoch ha deciso in gran segreto alla fine dello scorso anno e che ora è stato svelato dal New York Times. Il magnate ha avviato un’azione legale per cambiare i rapporti di forza all’interno del trust di famiglia che lui stesso aveva creato per mantenere, dopo la sua morte, un equilibrio dei poteri tra i quattro figli più grandi (ai quali se ne aggiungono altri due senza potere di voto). Con un colpo di mano, ha passato tutto il controllo dell’impero dei media al figlio Lachlan, il più allineato con le scelte paterne, per garantire una linea editoriale conservatrice a FoxNews, Wall Street Journal, New York Post e le altre testate controllate nel Regno Unito e in Australia. Un affondo che ha mandato su tutte le furie l’altro figlio James, il “moderato” di famiglia, da sempre avversario di Lachlan, che ora si è schierato con le sorelle Elisabeth e Prudence per portare in tribunale padre e fratello. 

Si vedranno in aula a settembre a Reno, dove si svolge la storia perché venticinque anni fa, quando Murdoch aveva deciso di creare il trust, aveva scelto di farlo in Nevada per beneficiare delle leggi locali sulla successione, che offrono una serie di garanzie che da sempre attraggono le dynasty nella città in mezzo al deserto. E’ un po’ la stessa attrazione che Reno esercita sulle coppie che vogliono divorziare, che vi prendono la residenza per beneficiare delle leggi permissive sulla separazione. Il Nevada ha costruito su queste frontiere del diritto familiare un business parallelo a quello dei casinò: a Las Vegas ci si sposa in fretta, a Reno ci si separa altrettanto velocemente. 

Nel quarto di secolo trascorso da quando era nato il trust, sono cambiate molte cose. Il magnate ha collezionato matrimoni, irritando i figli con la continua complicazione dell’albero dinastico. Lo scorso giugno, quando Murdoch si è sposato per la quinta volta, alle sue nozze in California con Elena Zhukova era presente solo Lachlan, mentre gli altri tre hanno disertato la cerimonia. Al banchetto c’era invece William Barr, l’ex ministro della Giustizia di Trump, che ora assiste Murdoch nella causa legale contro i figli. 

Sono proprio i rapporti con Trump che sembrano aver condizionato le scelte di successione del tycoon. Murdoch non ha mai sopportato l’ex presidente, fin dai tempi in cui si contendevano le pagine dei gossip a New York. Ma i suoi media, prima tra tutte FoxNews, sono fioriti grazie a Trump e dopo un tentativo di prenderne le distanze, si stanno tutti riposizionando a fatica in vista di una seconda amministrazione. La dimostrazione più evidente dei nuovi rapporti di forza si è vista alla convention dei repubblicani a Milwaukee. Murdoch si è presentato all’assemblea, ma lo hanno messo in platea tra i sostenitori qualunque, mentre sul palco d’onore accanto a Trump ha preso posto Tucker Carlson, l’anchorman che FoxNews aveva licenziato quando – su input dell’editore – si era schierato con Ron DeSantis. 

James fin dal 2016 combatte una battaglia per cercare di spostare il gruppo editoriale su posizioni più progressiste e per questo è stato estromesso da ogni carica. Adesso Murdoch vuole essere sicuro che quando non ci sarà più, tutto il potere sia nelle mani di Lachlan e che l’impero rimanga al servizio del populismo trumpiano e di ciò che resta dei Tory a Londra (dove la News Corp del magnate australiano controlla il Times, il tabloid Sun e varie testate e tv). Una mossa che per una volta ha mandato su tutte le furie anche le figlie, che di solito si tengono ai margini della contesa. James ha ottenuto l’appoggio di Prudence e a sorpresa anche di Elisabeth, che in famiglia è soprannominata “Svizzera” per la vocazione a cercare di restare neutrale. Ora le mediazioni sono finite, deciderà un giudice a Reno.
 

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