I Giochi di Israele
Le Olimpiadi di Israele e la paura che Parigi si trasformi in una nuova Monaco
Gli atleti israeliani dovranno superare fischi e attacchi, ogni medaglia avrà un valore emotivo. La sicurezza e la promessa della squadra di judo
Gli atleti israeliani hanno lasciato lo stato ebraico. Hanno sfilato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv passando accanto alle foto degli ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre, una data che ha cambiato tutto, anche i Giochi che oggi si apriranno a Parigi. Passare tra i volti degli oltre cento israeliani che rimangono in prigionia nella Striscia di Gaza, alcuni vivi, mentre di altri c’è soltanto il corpo tenuto in ostaggio dai terroristi pronti a usare anche i morti come merce di scambio – ieri l’esercito ha annunciato di aver trovato i cadaveri di cinque cittadini uccisi da Hamas durante l’assalto ai kibbutz e trascinati nella Striscia – è obbligatorio per chiunque lasci Israele o arrivi e serve a ricordare la tragedia quotidiana dell’ignoto a cui quasi ogni israeliano è legato. Anche gli ottantotto atleti che sono andati a Parigi lo sono, fanno parte di quella che è stata ormai chiamata la “generazione Nova”, tutti loro il 7 ottobre si sarebbero potuti trovare a Re’im durante il Festival interrotto dai missili di Hamas e dall’incursione dei terroristi.
Il Nova Festival non era stato previsto da Hamas, si trovò davanti centinaia di giovani e fece una carneficina che ritardò il suo piano di arrivare fino a Sderot: il sacrificio della “generazione Nova” ha salvato molte vite. Gli atleti sono anche ragazzi nell’età del servizio militare obbligatorio, conoscono qualcuno in ostaggio, qualcuno in guerra, alcuni di loro vengono dal sud di Israele a ridosso della Striscia di Gaza e alcuni hanno amici o parenti che hanno visto gli uomini di Hamas sfondare il confine israliano, altri hanno perso qualcuno e, contemporaneamente, sanno che affronteranno delle Olimpiadi molto diverse dal solito, con le proteste per le strade e tra gli spalti, con la diffidenza di altri atleti e anche con l’incubo dei Giochi del 1972, quando a Monaco un commando di terroristi di Settembre Nero fece irruzione nel villaggio olimpico, rapì e uccise undici atleti israeliani.
Gerusalemme ha avvisato Parigi dell’esistenza di un piano contro gli sportivi dello stato ebraico, gli alleati dell’Iran si sarebbero organizzati per colpire la squadra e intanto un gruppo di hacker chiamato Zeus ha messo online alcuni documenti della squadra olimpica accompagnati dalla scritta: “Vi aspettiamo in Francia”. Il viaggio degli atleti israeliani non sarà senza rischi, Parigi si è organizzata per garantire una sicurezza capillare e i servizi militari speciali francesi saranno affiancati dagli agenti israeliani dello Shabak, per proteggere dal pericolo di attentati o di atti antisemiti – che in Francia nei primi mesi del 2024 sono cresciuti del 300 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – e per contenere le proteste contro Israele che nella capitale francese sono sempre state molto forti e ben sostenute da alcuni partiti politici come la France insoumise di Jean-Luc Mélenchon, secondo il quale Israele avrebbe dovuto partecipare alle Olimpiadi con una bandiera neutra e senza inno, come è stato imposto agli atleti russi e bielorussi. Ogni competizione ormai è stravolta e se l’Eurovision a Malmö, in Svezia, aveva dato un piccolo assaggio di cosa voglia dire garantire la sicurezza a un israeliano – la cantante Eden Golan si era dovuta allenare tra i fischi della sua squadra per cantare senza cedere alle provocazioni, si era ritrovata le proteste sotto l’albergo, era stata contestata dagli altri concorrenti – per i Giochi sarà tutto più complicato. La compagnia di bandiera israeliana El Al ha pubblicato un video di incoraggiamento per gli atleti in partenza, consapevoli che questa volta le Olimpiadi non saranno soltanto una questione di sport, di talento, di concentrazione, saranno un fatto politico e di sicurezza, saranno una storia, personale e nazionale e ogni medaglia avrà un impatto anche emotivo nel paese. Qualche atleta si rifiuterà di dare la mano agli israeliani, ci saranno fischi dagli spalti e la squadra dello stato ebraico sa a cosa va incontro: proprio come Eden Golan si era preparata a cantare davanti a un pubblico ostile, gli sportivi hanno avuto il loro allenamento supplementare.
La mattina del 7 ottobre, il tenente Yonatan Goutin, membro di un’unità multidisciplinare, era stato convocato per affiancare una brigata di paracadutisti che aveva subìto numerose perdite. Yonatan chiese a suo padre di essere accompagnato in macchina fino al confine sud, suo padre lo portò fino a dove i civili potevano arrivare e, prima che il figlio scendesse, gli disse soltanto: “Non fare l’eroe”. Yonatan faceva parte della missione per salvare gli abitanti di Be’eri, uno dei kibbutz colpiti più duramente. Il compito era di entrare casa per casa, eliminare i terroristi che aspettavano i civili rintanati nei “mamad”, le stanze di sicurezza nelle case israeliane, e mettere le famiglie in salvo. Entrando, Yonatan e la sua squadra erano esposti al fuoco dei terroristi e dopo essere riusciti a salvare due famiglie, il tenente venne ucciso mentre cercava di entrare nella terza casa. Goutin aveva vent’anni, ed era stato nella squadra nazionale di judo, tutti gli atleti che sono partiti per le Olimpiadi lo conoscono. Quella di judo è una delle squadre più forti della delegazione, se riuscirà a ottenere medaglie, è pronta a dedicare ogni vittoria a Yonatan.