Foto LaPresse

Estate con Ester

Kamala ridens. Ogni tanto si incontrano donne come lei, dal carattere inox, spiriti tendenti alla vita

Ester Viola

Pare che la candidata democratica non abbia la preoccupazione che ci affligge tutte: interrogata su qualsiasi argomento con una faccia meno che serissima, ti prendono per scema. Va sempre così, per questo negli uffici sembriamo tutte tronchetti della felicità appassiti

Ride sempre. Kamala Harris incassa il primo capo di critica. “Io la chiamo ‘laughing Kamala’. Avete visto come ride? È pazza”. Il Fondotinta Aranciato vede bene, ride sempre, Kamala. È lo specifico fotografico che si ricorda di lei. In effetti ride, tanto, in qualsiasi circostanza. Risata ignifuga, non l’abbatti. Trump con quel sorrisino stentatello che scopre appena i denti, quel sorriso di lucertola, forse avrà intuito che ridere è un’arma buona, e cerca di spuntargliela.
Medico che ti sorride mentre legge le analisi, magistrato che ti sorride mentre parli, l’amministratore delegato che ti sorride mentre chiedi il passaggio a lidi migliori. È sintomo di strada un poco spianata, sorridere è incentivo alla fiducia. Sorridono tutti gli eccellenti venditori. Sorridere paga. Forse più di aizzare le rabbie assortite, homo homini lupus ma se arrivi in pace e sembri una brava persona forse fai pure più punti.
 
Non è la prima volta che nell’agenda di Kamala Harris compare il programma: ridere meglio, ridere meno, provare almeno a ridere compostamente. Ma lei no, avanza con tutti i denti. Denti americani, sono tantissimi, drittissimi, molto più belli dei nostri. La sua è una risata di quelle che si chiamano aperte. Non un sorrisino, un accenno, una posizione dolce delle labbra. Una piega della bocca sistemata per farsi benvolere dal destinatario di fronte. La sua risata è quella che garberebbe saper improvvisare a tutti, la risata-illuminante-di-faccia. Quella che ti leva dieci anni. Ma non si recita, non si può apprendere. È qualcosa che ha a che fare con quanto ti piace campare. Prerogativa della persona contenta. Aveva raccontato al “Drew Barrymore Show”: “Si parla del modo in cui rido. Ma io amo ridere. Ho la stessa risata di mia madre e sono cresciuta in mezzo a un gruppo di donne, in particolare, che ridevano di pancia. Ridevano, erano sedute in cucina e bevevano il caffè, raccontando grandi storie con grandi risate”.


Pare che Kamala Harris non abbia la preoccupazione che ci affligge tutte: interrogata su qualsiasi argomento con una faccia meno che serissima, ti prendono per scema. Va sempre così, per questo negli uffici sembriamo tutte tronchetti della felicità appassiti. Eppure ci sono ancora. Ogni tanto le incontro, quelle coi caratteri inox, spiriti tendenti alla vita, le donne che ridono. Si potrebbe spiegare anche il perché. Perché ridono. Una ride perché già è difficile così, se aggiungiamo le facce mosce e appese diventa impossibile. Una ride perché si diventa seri non appena si è stanchissimi. Una ride per alleggerire la vita al prossimo suo. Una ride anche di disgusto. Una ride perché serve, qualcuno che ride. Una ride perché siamo tutte isteriche, non c’era alternativa a diventare così, ma va bene lo stesso. Una ride perché in un’ottantina d’anni ci siamo prese il voto, alcune posizioni di potere e qualche diritto, ce ne sarà ancora da ridere. Una ride perché è una risata politica. Una ride tanto per ridere. Una ride e gli altri pensano: ma che hai da ridere? La risposta è niente, che vuol dire tutto. Una ride perché sarebbe bello avere un po’ del carattere della jena, non tanto, ma il poco che serve a difendersi meglio. Poi in generale, maschi e femmine, si ride anche sopra la rovina di tutto perché non è che ci siano troppe alternative.

Di più su questi argomenti: