america latina
In Venezuela Maduro dice di aver vinto. Ma l'opposizione grida ai brogli
Il Consiglio Nazionale Elettorale ha concesso la vittoria al presidente uscente, con il 51,2 per cento dei voti. La leader dell'opposizione Machado: "Abbiamo vinto noi e tutti lo sanno". Il voto non riconosciuto da Stati Uniti e da gran parte dei paesi del Sud America
In Venezuela il Consiglio Nazionale Elettorale ha dato la vittoria a Nicolás Maduro con il 51,2 per cento, contro il 44,2% di Edmundo González Urrutia: “Tendenza irreversibile” con l';80 per cento dei voti scrutinati e il 59 per cento di partecipazione. Ma non solo l'opposizione contesta. In America Latina il “sinistro” presidente cileno Gabriel Boric e il “destro” presidente argentino Javier Milei hanno subito detto quasi insieme che non riconoscono il risultato, come il segretario di Stato Usa Antony Blinken, il presidente del Costa Rica Rodrigo Chaves Robles, quello dell'Uruguay Luis Lacalle Pou e il ministro degli Esteri peruviano Javier González-Olaechea.
A parte i sondaggi che davano all'opposizione 30 punti di vantaggio, un exit poll per il Wsj aveva infatti dato il 65 per cento a González Urrutia e il 31 a Maduro; uno di Cnn Brasil il 59,68 per cento a González Urrutia e il 15,64 a Maduro; un primo scrutinio di voti all';estero 12.030 voti a González Urrutia e 225 a Maduro. Resi noti all'estero: in Venezuela è vietata la divulgazione di exit poll e parziali fino alla dichiarazione ufficiale del Cne. Il che non ha impedito allo stesso figlio di Maduro di far girare exit poll che davano vincente il padre, e che sono stati ad esempio rilanciati da Rafael Correa e Evo Morales. Fin quando il dato ufficiale non è stato reso noto la dirigenza dell'opposizione ha rispettato la legge, pur ripetendo che c'era una tendenza chiara e irreversibile.
Dopo le dichiarazioni del Cne la leader dell'opposizione María Corina Machado in conferenza stampa ha però proclamato: “Abbiamo vinto e tutti lo sanno”, “vogliamo dire a tutto il Venezuela e al mondo che il Venezuela ha un nuovo presidente eletto ed è Edmundo González Urrutia”. “González Urrutia ha avuto il 70 per cento dei voti e Nicolás Maduro il 30. Questa è la verità”. “Abbiamo tutti i verbali trasmessi dal Cne”, spiega. “Coincidono tutti: Edmundo González Urrutia ha ottenuto il 70 per cento dei voti”. “Tutta la comunità internazionale sa cosa è successo. Ma la cosa più importante è che lo sappiamo anche noi venezuelani. Sappiamo tutti cosa è già successo”. “Abbiamo vinto in ogni stato del paese”. “Non accetteremo il ricatto secondo cui la difesa della verità è violenza. Nossignore. Difenderemo la verità. Ed è per questo che chiediamo a ciascuno dei membri e dei rappresentanti di lista che si trovano ancora nei seggi elettorali che nessuno si muova”. “Nei prossimi giorni continueremo ad annunciare azioni in difesa della verità, perché abbiamo detto che fino alla fine è fino alla fine. E la fine è che la verità prevalga”. “Abbiamo più del 40 per cento degli atti a disposizione e la differenza è così grande che non potranno fermarla”.
L'opposizione aveva comunque segnalato varie irregolarità. C'è stato addirittura un morto in un attacco di squadracce del regime durante una verifica del voto nello stato di Tachira, ma più in generale era stato denunciato uno schema consistente nell'impedire la trasmissione dei dati e la pubblicazione dei verbali, con l'impedimento ai rappresentanti dell'opposizione di accedere alla sala totalizzazione dati presso il Cne. Più in generale, un segnale preventivo di allarme c'era stato nel fatto che da una parte sono stati bloccati osservatori della Ue e perfino da paesi latino-americani con governi di sinistra come Brasile, Cile e Colombia. Lo stesso ex-presidente di sinistra argentino Alberto Fernández si è visto negare l'ingresso dopo aver detto che “se Maduro perde deve andare all'opposizione”. Dall'altra, invece, sono stati invece ammessi in quantità osservatori da Russia, Cina, Iran, Turchia e Paesi africani. E già di fronte al sospetto ritardo nel rendere noti i risutati, mentre venivano mobilitati militari e squadracce del regime, i governi di sinistra del colombiano Petro e del cileno Boric si erano uniti a un appello dell'Argentina di Milei per chiedere “uno scrutinio trasparente”, assieme a Stati Uniti, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana e Uruguay.