L'editoriale del direttore
Hezbollah, Maduro, Putin. Di fronte ai destabilizzatori del mondo libero non si può fischiettare
Escalation a chi? L'unica degna di questo nome è quella che riguarda l’Iran e la sua guerra di destabilizzazione che arriva nel Mar Rosso, in Ucraina e ora anche in Venezuela
Escalation a chi? Nel momento in cui scriviamo non sappiamo ancora che forma prenderà la “forte risposta” che Israele ha annunciato ieri contro Hezbollah, dopo l’assalto mortale condotto dalle milizie terroristiche libanesi finanziate dall’Iran contro un campo di calcio sulle alture del Golan, che ha ucciso dodici bambini. Quello che sappiamo, però, è che, al netto della possibile reazione di Israele, l’unica escalation degna di questo nome che esiste in medio oriente non è quella che riguarda Israele ma è quella che riguarda l’unico soggetto che da mesi, o meglio da anni, alimenta, foraggia, finanzia e incoraggia l’instabilità nella regione, nell’indifferenza di buona parte dell’opinione pubblica mondiale. Quel soggetto non si chiama Israele ma si chiama Iran. E il fatto che questa escalation sembra non interessare alle principali cancellerie internazionali ci dà la dimensione esatta di quella che è una delle tragedie che sta vivendo Israele dallo scorso 7 ottobre: vedere trasformati gli aggressori in aggrediti, vedere gli aggrediti trasformati in aggressori, vedere i finanziatori del terrorismo globale trasformati in dolci agnellini, vedere l’unica democrazia del medio oriente trasformata in un generatore di instabilità.
Non sappiamo cosa succederà tra Hezbollah e Israele ma sappiamo con certezza quello che è successo dal 7 ottobre a oggi e sappiamo con certezza che da quasi dieci mesi il territorio di Israele viene colpito da Gaza, dalla Cisgiordania, dal Libano, dalla Siria, dall’Iraq, dallo Yemen, da gruppi a cui l’Iran fornisce a vari livelli supporto finanziario, militare, politico, in cambio di un certo grado di influenza sulle loro azioni. Ripasso per gli smemorati. Dal giorno successivo all’attacco di Hamas contro Israele, Hezbollah ha iniziato una sua violenta campagna di attacchi contro il nord di Israele, con circa 6 mila missili lanciati dal Libano nell’indifferenza delle Nazioni Unite che con la risoluzione 1701 avevano previsto che non dovesse esserci “personale armato, postazioni e armi” tra il confine di Israele e il fiume Litani “che non siano quelle dell’esercito libanese e delle forze Unifil”. Il 14 aprile Teheran, nel suo primo attacco diretto in territorio nemico, ha lanciato decine di droni e missili contro Israele. Il 19 luglio i terroristi houthi, sostenuti dall’Iran come Hamas e come Hezbollah, hanno lanciato un attacco mortale con droni a Tel Aviv. Da più di nove mesi, l’Iran sta conducendo contro Israele una guerra di destabilizzazione che si articola su più fronti e che buona parte dell’opinione pubblica internazionale ha scelto di non vedere. La guerra dell’Iran, naturalmente, ha un carattere regionale e ha al centro il tentativo esplicito di demolire, sfiancare, distruggere Israele, insieme a tutto quello che rappresenta.
Ma la guerra di destabilizzazione dell’Iran si muove ormai da tempo oltre i confini della regione. Arriva nel Mar Rosso, dove gli houthi finanziati dall’Iran colpiscono il commercio occidentale. Arriva in Ucraina, dove la Russia colpisce i civili con i droni forniti dall’Iran. Arriva nelle università americane, dove diverse proteste contro Israele, come denunciato dalla Casa Bianca un mese fa, sono state promosse da manifestanti finanziati dall’Iran. Arriva in Venezuela, dove il governo Maduro, autore domenica di un’ennesima farsa elettorale celebrata dai più grandi stati canaglia del mondo, ha scelto da tempo di difendere il proprio paese acquistando missili antinave proprio dall’Iran. Il modo migliore per opporsi alle escalation in medio oriente, ha scritto con saggezza ieri il Wall Street Journal, è annunciare che i trasferimenti di munizioni a Israele saranno accelerati, è annunciare che tutte le sanzioni petrolifere all’Iran saranno nuovamente applicate, è sostenere il diritto di Israele a difendere i suoi confini che coincidono sempre di più non solo con i confini di un paese, e di un popolo, ma con i confini della nostra libertà. Escalation a chi?
Dalle piazze ai palazzi