In India sembra essere nato un nuovo Rahul Gandhi

Carlo Buldrini

All’apertura dei lavori parlamentari, il capo dell’opposizione ha mostrato un piglio, delle parole-chiave e un’illustrazione che non si erano ancora visti. La reazione (e il piano) del premier Modi

L’aula della Lok Sabha, la Camera bassa del Parlamento indiano, sembra un acquario. La moquette e l’enorme pannello alle spalle dell’alto scranno dello speaker sono color verde schiuma marina. I banchi, in legno chiaro, sono disposti a ferro di cavallo. Le due estremità si fronteggiano. A destra dello speaker siedono i deputati della National Democratic Alliance (Nda). A sinistra ci sono quelli dell’Alleanza “India”. Nelle ultime elezioni politiche nazionali l’Nda ha ottenuto 293 seggi e la coalizione “India” 234. Om Birla, su mozione presentata dal primo ministro Narendra Modi, è stato rieletto per acclamazione speaker della Lok Sabha. Birla è un uomo del Bjp (Bharatiya Janata Party). È lo stesso che nella legislatura precedente ha sospeso, fino al termine della sessione invernale, 100 parlamentari dell’opposizione. Pochi giorni dopo l’elezione dello speaker, la presidente della Repubblica indiana, Droupadi Murmu, ha parlato alle Camere riunite. Non ha detto un granché. Si è congratulata con i parlamentari neoeletti e ha lodato la Commissione elettorale per aver portato a termine con successo le elezioni per la 18esima legislatura. 

  

Per due legislature consecutive la Lok Sabha non ha avuto un leader dell’opposizione. Ora ce l’ha

  
Nei giorni successivi, la procedura parlamentare indiana prevede la “motion of thanks” con cui, prima il capo dell’opposizione e poi il capo del governo esprimono gratitudine e apprezzamento per l’indirizzo rivolto alle Camere dal presidente della Repubblica. Per due legislature consecutive la Lok Sabha non ha avuto un leader dell’opposizione (LoP). Per poterlo nominare, un partito politico deve avere almeno 55 seggi, il 10 per cento dei 543 seggi della Lok Sabha. Nelle due legislature precedenti il Partito del Congresso aveva ottenuto 42 e 52 seggi, rispettivamente nel 2014 e nel 2019. Quest’anno, con i suoi 99 seggi vinti, il partito ha nominato Rahul Gandhi capo dell’opposizione. Il giorno della “motion of thanks” di Rahul c’era molta attesa. Dopo che lo speaker gli ha dato la parola, e prima che iniziasse a parlare, un parlamentare dai banchi della maggioranza ha gridato “Jai Shri Ram” (viva il dio Rama). “Jai Samvidhan” (viva la Costituzione) ha risposto prontamente Rahul Gandhi. “Modi, Modi, Modi”, hanno allora gridato i parlamentari del Bjp cercando di impedire al leader del Partito del Congresso di parlare. Quando la bagarre si è un po’ placata, Raul ha preso la parola. Ha detto: “Gli ultimi dieci anni hanno visto un sistematico attacco alla Costituzione, alla stessa idea dell’India, ai milioni di persone che hanno rifiutato il progetto del Bjp. Chiunque si è opposto all’idea della concentrazione del potere e della ricchezza, all’aggressione dei poveri, dei Dalit, delle minoranze, è stato violentemente schiacciato. Io stesso sono stato attaccato su ordine del governo e del primo ministro dell’India”.

“Shame!”, vergogna, hanno gridato i parlamentari del Partito del Congresso. Rahul ha indosso una polo bianca e un paio di pantaloni cargo (da lavoro) scuri. Le maniche corte gli mettono in evidenza i forti avambracci. Il leader del maggior partito di opposizione parla con scioltezza, alternando l’inglese alla lingua hindi.

“Contro di me – ha continuato Rahul Gandhi – sono stati mossi più di 20 capi di accusa, ho ricevuto una condanna di due anni, mi è stata sottratta l’abitazione, ogni giorno i media filogovernativi mi hanno attaccato e insultato, sono stato sottoposto a 55 ore di interrogazioni da parte dell’Enforcement Directorate (l’agenzia governativa che combatte i reati finanziari). A tutto questo io e l’intera opposizione abbiamo risposto con la nonviolenza”.

“Forse il Bjp e lo Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh) si sono chiesti da dove ci venga questa forza – ha proseguito Raul Gandhi – Ci viene da qui”. Rahul ha mostrato a quel punto una immagine a colori del dio Shiva. Lo speaker ha cercato di fermarlo. Ha impugnato il libretto con il regolamento della Lok Sabha e, agitandolo, ha detto: “In quest’Aula non è consentito mostrare immagini e cartelli di nessun tipo”.

   

   

L’illustrazione esposta da Rahul è quella che si trova nelle case di milioni di indiani della low middle class. Shiva è raffigurato con la carnagione blu, seduto su una pelle di tigre, mentre medita sul monte Kailash. “Questa immagine che lei non mi permette di mostrare – ha continuato Rahul Gandhi rivolto a Om Birla e a tutto il Parlamento – contiene tre idee. La prima è rappresentata dal tridente situato dietro la spalla sinistra della divinità. Simboleggia la nonviolenza. Il tridente è posto là dove Shiva non lo può e non lo vuole usare. La seconda idea è il coraggio. E’ rappresentata dal serpente attorcigliato al collo del dio dalla pelle scura. La terza idea è raffigurata dal gesto della mano destra di Shiva. E’ l’abhaya mudra (il gesto del mostrare la mano destra aperta, con le dita unite rivolte verso l’alto). E’ il segno della protezione per tutti coloro che seguono la verità. Questo è l’emblema che voi della maggioranza odiate, perché è anche il simbolo del nostro Partito del Congresso. Nonviolenza coraggio e verità sono le idee con cui abbiamo lottato quando eravamo all’opposizione”.

“Sei ancora all’opposizione”, gli grida qualcuno dai banchi della maggioranza.

“Lo so – gli risponde Rahul – e sono orgoglioso di esserlo. Per noi c’è qualcosa di più importante del potere: è la verità. Voi siete invece solo interessati al potere”. Nel primo banco della maggioranza siedono Amit Shah, il ministro dell’Interno, Rajnath Singh, il ministro della Difesa e Narendra Modi, il primo ministro. Ascoltano immobili le parole di Rahul Gandhi e sembrano tre statue di sale. “Queste idee – continua il leader dell’opposizione – non sono presenti solo nell’induismo. Sono sostenute da tutte le nostre religioni. L’islam, per esempio”. Rahul Gandhi mostra l’immagine di due mani aperte, in preghiera, di un fedele musulmano, pronte a ricevere la grazia di Dio. Om Birla, lo speaker, sembra sull’orlo di una crisi di nervi. “Please, please”, dice rivolto a Rahul Gandhi e allunga un braccio verso di lui e sembra volergli tappare la bocca. Ma Rahul continua imperterrito. Mostra anche l’immagine di Guru Nanak, il fondatore del sikhismo, con un vistoso turbante giallo, e poi quella di Gesù Cristo, con indosso un caffettano colorato. “Tutte le nostre religioni predicano le stesse cose: coraggio, nonviolenza e verità. Mentre voi, che vi ritenete hindu, spargete solo odio (nafrat), violenza (hinsa) e falsità (asatya)”.

 

“Per noi c’è qualcosa di più importante del potere: è la verità. Voi siete invece solo interessati al potere”

   

Nell’Aula scoppia la bagarre. Dai banchi occupati dai membri del governo interviene il primo ministro Narendra Modi. Con il dito alzato e con fare minaccioso, rivolto a Rahul Gandhi, avverte: “Questa è un’accusa a tutti gli hindu di essere violenti. E’ un’affermazione gravissima”. Anche Amit Shah, il ministro dell’Interno, si alza in piedi. Ha il kurta bianco appiccicato alla pancia sudata. Con voce tonante grida: “Chieda immediatamente scusa ai milioni di hindu che ha appena offeso con le sue parole”. Ma Rahul non indietreggia: “Aap Hindu ho hi nahi”, voi non siete hindu, grida. Nell’Aula tutti urlano. Sembra essere scoppiato un incendio. L’idea di Rahul è stata geniale. L'induismo sembrava essere diventato proprietà privata della destra hindu. Contrapponendo Shiva al dio Rama, Rahul ha spaccato verticalmente in due la fede della maggioranza degli indiani. Rama è adorato nel nord India, nella hindi belt, la terra di lingua hindi. Shiva è venerato soprattutto nel sud e nel nordest del paese. Con il suo discorso, Rahul ha fatto capire che l’induismo non appartiene solo al Bjp e all’Rss. Al contrario – sostiene Rahul – il loro non è induismo ma “hindutva”, un cocktail arrogante, violento e settario di fede e politica. 

   

L’induismo sembrava  diventato proprietà  della destra hindu. La contrapposizione tra il dio Shiva e il dio Rama

  
Nella seconda parte del suo discorso Rahul Gandhi ha incalzato il governo su tre argomenti di attualità. Ha accusato Modi di non essersi mai recato nello stato del Manipur da quando, nel maggio scorso, sono scoppiati scontri violenti tra la popolazione Meitei e la comunità tribale dei Kuki. Le violenze hanno provocato finora 221 morti e 60 mila persone sono rimaste senza una abitazione. Ha chiesto Rahul Gandhi: “Il primo ministro ritiene forse che il Manipur non faccia parte dell'India?”. La seconda critica è stata mossa al cosiddetto “Agnipath scheme” istituito dal governo. Con questo provvedimento l’esecutivo ha arruolato nelle Forze armate soldati per un periodo di soli 4 anni, evitando così di inquadrarli regolarmente, con il relativo diritto alla pensione e agli altri benefici di cui godono i militari arruolati in pianta stabile. Rahul Gandhi ha accusato il governo di mandare allo sbaraglio, ai confini con la Cina, soldati non propriamente addestrati. “Questi giovani vengono usati e poi abbandonati al loro destino”, ha denunciato Rahul Gandhi. 

  
Infine, il leader dell’opposizione ha affrontato lo scandalo che riempie le pagine dei giornali indiani. Il concorso chiamato “Neet” è in India l’esame a cui partecipa il maggior numero di studenti. La prova dà accesso ai corsi universitari di medicina. Quest’anno, poco prima delle prove, le domande sono state in alcuni casi divulgate. Rahul Gandhi non solo ha denunciato lo scandalo ma ha anche sottolineato come “questi esami sono strutturati in modo da avvantaggiare i figli dei ricchi e non gli studenti meritevoli”. Rahul ha finito il suo intervento citando due affermazioni fatte dal primo ministro. Nella prima, Modi aveva detto che il Mahatma Gandhi era ormai stato dimenticato da tutti in India e la sua figura era stata riportata in vita grazie al film “Gandhi” (di Richard Attenborough). “Capite l’ignoranza del nostro primo ministro? Secondo lui il Mahatma Gandhi, il padre della nazione, è scomparso e sopravvive oggi solo grazie a un film”, ha commentato Rahul. In un’altra dichiarazione fatta in Parlamento prima delle ultime elezioni, Modi aveva affermato: “In passato credevo di avere una natura biologica. Adesso, pensando a tutte le esperienze che ho avuto, sono convinto che è stato Dio a mandarmi su questa terra”. Rahul ha molto ironizzato su questa affermazione. Ha commentato: “Noi tutti siamo esseri biologici, nasciamo e poi moriamo. Narendra Modi, invece, pensa di essere immortale. Ha un atman (anima) direttamente in comunicazione con il Parmaatma (Dio). Ma, se le cose stanno così, come mai il suo Bjp ha perso le recenti elezioni ad Ayodhya, la città del dio Rama?”. 

 

   
Seduto accanto a Rahul c’è un uomo basso e grassottello. In testa porta un cappello a bustina rosso, simbolo del Samajwadi Party. E’ Awadesh Prasad, il nuovo membro del Parlamento che ha sconfitto Lallu Singh, il candidato del Bjp nella circoscrizione di Faizabad che comprende anche la città di Ayodhya. La notizia, due mesi fa, ha fatto il giro del mondo. Ma la nota conclusiva del discorso di Rahul Gandhi è stata distensiva. Rivolto ai banchi del governo ha detto: “La nostra sarà un’opposizione dura e intransigente, ma non siamo i vostri nemici. Per discutere di qualsiasi cosa in maniera costruttiva, noi ci saremo sempre”. Fine. “Rahul, Rahul”, hanno gridato i parlamentari dell’Alleanza “India”. “Bharat Mata ki jai”, viva la Madre India, hanno risposto dai banchi di destra della Lok Sabha. 

   

“Abbiamo assistito a un comportamento infantile”, ha detto il premier ridicolizzando l’avversario

   
Il giorno seguente è stata la volta di Narendra Modi. Le affermazioni del primo ministro sono apparse scontate: “La nostra tolleranza zero nei confronti della corruzione ha ricevuto il consenso della gente”. “Siamo sempre stati guidati dal principio ‘Prima l’India’”. “Nel 2014, il paese era disperato. Con la nostra vittoria nelle elezioni di quell’anno, è iniziata l’era della trasformazione e del progresso”. “Durante il nostro terzo mandato lavoreremo con una forza e una velocità triplicate, e i risultati saranno tre volte superiori”. Modi ha poi aggiunto: “Ieri, nella Lok Sabha, abbiamo assistito a un comportamento infantile”. Per buona parte del suo discorso, senza mai nominarlo, Modi ha ridicolizzato Rahul Gandhi. Lo ha paragonato a un bambino che, dopo aver strappato le pagine del libro di un suo compagno di scuola e aver portato via la merenda a qualcun altro, si è poi lamentato se qualcuno ha alzato le mani contro di lui. E ha aggiunto: “C’è qualcuno che va dicendo di aver preso 99 all’esame. Non dice però che il suo voto non è stato 99 su 100, ma 99 su 543. La sua non è stata una promozione ma un totale fallimento”. Modi ha fatto qui riferimento ai seggi vinti dal partito del Congresso (99) nelle recenti elezioni e al numero totale di seggi in palio nella Lok Sabha (543). I parlamentari del Bjp hanno riso fragorosamente. Ma il confronto Rahul vs Modi è stato vinto dal leader dell’opposizione

   
La decadenza di Modi appare a molti ormai irreversibile. Lo hanno detto innanzitutto i risultati elettorali. Rahul Gandhi ha vinto nelle circoscrizioni di Rae Bareli (in Uttar Pradesh) e di Vayanand (in Kerala) con un margine rispettivamente di 390 mila e 360 mila voti. Modi, che nel 2019 aveva vinto nella circoscrizione di Varanasi con uno scarto di 479 mila voti, quest’anno ha vinto nella stessa città con il solo margine di 152mila preferenze. Il crollo di consensi è stato clamoroso. Rahul Gandhi non è più “Pappu”, il personaggio sciocco delle barzellette indiane. E non è neppure il “Moorkhon ka Sardar”, il capo degli stolti, come Modi lo ha spesso definito. A 54 anni è finalmente maturato politicamente. Ha smesso di essere il politico riluttante del passato, l’erede della dinastia Nehru-Gandhi con poco acume e scarsa abilità politica. Ha assunto adesso con impegno l’incarico di leader dell’opposizione. Con il suo discorso per la “motion of thanks” nella Lok Sabha si è mostrato un leader sicuro di sé, preparato e agguerrito. Con la 18 esima legislatura sembra essere nato un nuovo Rahul.

Di più su questi argomenti: