(foto EPA)

dopo l'operazione di israele

Haniyeh sulla bocca di tutti. Le reazioni inorridite degli alleati dell'Iran alla sua morte

Sulle posizioni di Teheran ci sono dalla Cina alla Russia (fino a Turchia e Qatar). L’invito alla calma dell’Ue, e qualche silenzio a livello internazionale

UNIONE EUROPEA
Il portavoce del Servizio di Azione esterna dell’Unione europea, Peter Stano, ha ricordato ieri che “l’Ue e altri partner hanno inserito Hamas nell’elenco delle organizzazioni terroristiche e che il procuratore della Corte penale internazionale ha chiesto un mandato di arresto contro Ismail Haniyeh con varie accuse di crimini di guerra”. Secondo Stano, l’Europa “ha una posizione di principio di rifiuto delle esecuzioni extragiudiziali e di sostegno allo stato di diritto, anche nella giustizia penale internazionale” e ha chiesto “a tutte le parti di esercitare la massima moderazione e di evitare qualsiasi ulteriore escalation”.
 

REPUBBLICA POPOLARE CINESE
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha detto ieri che Pechino si oppone “fermamente” all’uccisione del leader di Hamas Ismail Haniyeh ed è “profondamente preoccupata” che l’incidente possa portare a ulteriori disordini nella regione. Nonostante i legami economici e commerciali profondi con Israele, la leadership cinese ha sempre sostenuto la causa palestinese e soprattutto dopo il 7 ottobre – senza mai menzionare, in nessuna dichiarazione pubblica, il massacro di Hamas e senza mai avanzare la richiesta di liberazione degli ostaggi israeliani. La Repubblica popolare cinese vuole costruirsi un ruolo di potenza pacifica e influente alternativa a quella americana in medio oriente e nell’area  del Golfo, e tutte le sue mosse sono legate a questo obiettivo: la causa palestinese è la perfetta manipolazione per Pechino per rivendicare il suo ruolo di pace. “Hamas fa parte del tessuto nazionale palestinese e la Cina è interessata a intrattenere relazioni con esso”, aveva detto l’inviato cinese Wang Kejian durante un incontro con il leader Haniyeh in Qatar, a marzo. “In quel periodo era diventato virale sui social media cinesi un video in cui un presentatore televisivo si vantava che ‘TikTok ha vinto alla grande per la Palestina’”, ha scritto di recente su Newsweek Pesach Wolicki in un articolo titolato “La Cina sta conducendo una proxy war contro Israele”. “Il partenariato tra il Partito comunista cinese e Hamas va in entrambe le direzioni”, ha scritto Wolicki. “All’inizio di novembre, Khaled Meshal, uno dei principali leader di Hamas, ha dichiarato in un’intervista a una tv araba che Hamas ‘cerca la cooperazione con le superpotenze, Cina e Russia’ e che la Cina dovrebbe ispirarsi all’invasione di Israele da parte di Hamas per il piano di conquista di Taiwan”. Le Forze armate israeliane avrebbero trovato a Gaza attrezzature militari avanzate e tecnologia bellica cinese “di recente acquisizione”.  Questo ruolo della Cina nel conflitto ha un senso soprattutto se associato alle operazioni del gruppo armato yemenita, sostenuto dall’Iran, degli Houthi nelle acque del Mar rosso e del Golfo di Aden: a marzo Bloomberg ha scritto che gli Houthi avevano assicurato a Russia e Cina la libera circolazione navale e in cambio, Cina e Russia avevano promesso di fornire “sostegno politico” al gruppo. 

 

Una settimana fa Pechino ha anche ospitato i negoziati con le quattordici fazioni rivali palestinesi, comprese Hamas e Fatah, che hanno portato alla firma della cosiddetta “dichiarazione di Pechino” per formare un governo di unità nazionale dopo la guerra a Gaza. Ma secondo diversi osservatori la morte di Haniyeh potrebbe “far deragliare l’accordo”: Wen Shaobiao, dell’Università di Studi internazionali di Shanghai, ha detto ieri al South China Morning Post che “è anche incerto se Hamas avrà ancora la capacità di controllare Gaza. L’assassinio del suo leader potrebbe intensificare la lotta tra le fazioni per il controllo di Gaza, portando potenzialmente a un nuovo ciclo di spaccature tra le fazioni”. La Cina è stata spesso criticata  per il suo sostegno alla causa palestinese in contraddizione con il trattamento della minoranza musulmana degli uiguri nella regione dello Xinjiang, dove più di un milione di persone è imprigionato nei campi di lavoro e di rieducazione. 


RUSSIA
“E’ un crimine politico assolutamente inaccettabile, che farà salire ulteriormente le tensioni in medio oriente e influenzerà negativamente i colloqui per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza”, ha fatto sapere ieri con un comunicato l’ambasciata russa in Iran commentando l’uccisione del leader di Hamas Ismail Haniyeh. Nelle prime ventiquattro ore dallo strike, Mosca ha deciso di tenere un profilo piuttosto basso, lasciando le dichiarazioni ufficiali a funzionari di basso profilo. Dopo la sede diplomatica in Iran, si è espresso durante un briefing regolare anche il viceportavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Andrey Nastasyin, che ha detto: “Senza dubbio l’assassinio di  Haniyeh avrà un impatto estremamente negativo sulla comunicazione indiretta tra Hamas e Israele” e ha condannato le azioni israeliane in Libano che costituiscono “una grave violazione della sovranità libanese”. Accanto alle dichiarazioni del diplomatico, ieri l’agenzia di stampa Tass ha raccolto quelle di Dmitry Gendelman, consigliere dell’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che all’agenzia russa ha detto: “Israele è interessato a proseguire i negoziati per la restituzione di tutti i 115 nostri cittadini rapiti che sono ancora trattenuti dai terroristi di Hamas a Gaza”


EGITTO 
Il ministero degli Esteri egiziano, in un comunicato ufficiale, ha “condannato la politica di escalation di Israele”, e avvertito delle “implicazioni di violare la sovranità dei paesi e degli assassinii”. Il ministero ha richiesto anche una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite per fermare “la pericolosa escalation in medio oriente”. L’aspetto più interessante della versione egiziana riguarda però il momento in cui avviene l’uccisione di Haniyeh, contemporanea “allo stallo dei negoziati per il cessate il fuoco a Gaza”, che riflette l’assenza di “una volontà politica israeliana di pacificazione”. Il Cairo ha molto da perdere dal fallimento dei colloqui, e lo riconosce: “La recente escalation mina gli sforzi compiuti dall’Egitto e dai partner per porre fine alla guerra a Gaza e alle sofferenze del popolo palestinese”. Badr Abdel Aty, ministro egiziano degli Affari esteri e delle migrazioni, era ieri a Teheran per l’inaugurazione del presidente Massoud Pezeshkian. L’altro ieri aveva avuto una conversazione telefonica con il primo ministro libanese Najib Mikati e con il ministro degli Esteri Abdallah Bou Habib per informarli degli sforzi egiziani per una de-escalation. La giornalista americana Judith Miller, ex corrispondente dal Cairo del New York Times, ha scritto a metà maggio su Tablet che subito prima del 7 ottobre l’Egitto era sull’orlo del default. “Senza l’orribile massacro di Hamas e la tanto criticata rappresaglia di Israele a Gaza”, ha scritto Miller, “l’Egitto probabilmente non avrebbe ottenuto l’ancora di salvezza finanziaria internazionale che lo ha salvato ancora una volta dalla rovina economica, appena in tempo”.


TURCHIA
La Turchia è uno dei pochi paesi ad attaccare direttamente Israele, che non ha rivendicato l’uccisione del leader di Hamas Ismail Haniyeh. In un messaggio affidato al social network X, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan – che qualche giorno fa aveva lasciato intendere la possibilità di invadere Israele per difendere l’alleato palestinese – ha scritto: “Questo assassinio è un atto spregevole volto a sconvolgere la causa palestinese, la gloriosa resistenza di Gaza e la giusta lotta dei nostri fratelli palestinesi, demoralizzando e intimidendo i palestinesi”. Scrive Erdogan che “lo scopo dell’assassinio di mio fratello Ismail Haniyeh è lo stesso dei disgustosi attacchi contro Sheikh Ahmed Yasin, Abdulaziz al Rantisi e molte altre figure politiche di Gaza; tuttavia, la barbarie sionista non sarà in grado di raggiungere i suoi obiettivi come ha fatto finora”. Il 20 aprile scorso, Haniyeh era volato a Istanbul, dove aveva incontrato Erdogan. Non erano stati offerti molti dettagli della loro conversazione, ma secondo un comunicato turco i due leader avevano discusso “le questioni relative agli attacchi di Israele alle terre della Palestina, in particolare a Gaza, gli sforzi per un’adeguata e ininterrotta consegna di aiuti umanitari a Gaza e un processo di pace equo e duraturo nella regione”. In una conferenza stampa durante il vertice della Nato a Washington, il presidente turco aveva detto che “fino a che non sarà raggiunta una pace completa e sostenibile in Palestina, i tentativi di cooperazione con Israele all’interno della Nato non verranno approvati dalla Turchia”. 

QATAR
Il Qatar era la seconda casa di Ismail Haniyeh, ed è tutt’oggi il maggior finanziatore di Hamas. Ma è il ricco paese del Golfo a gestire anche gli accordi con Israele per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco. Ieri il ministero degli Esteri del Qatar, in un comunicato, ha scritto che “l’uccisione di Haniyeh rappresenta una pericolosa escalation”. Lo sceicco e primo ministro del Qatar Mohammed Bin Abdulrahman al Thani ha scritto su X: “Gli omicidi politici e i continui attacchi ai civili a Gaza mentre i colloqui continuano ci portano a chiederci: come può avere successo la mediazione quando una parte assassina il negoziatore dell’altra parte?”. Poi ha avuto una conversazione telefonica con il segretario di stato americano Antony Blinken, durante la quale è stato discusso “il proseguimento dei lavori per il cessate il fuoco a Gaza”.

AFGHANISTAN
I talebani al potere hanno rilasciato una dichiarazione ieri, chiedendo un’azione globale per fermare “l’aggressione” israeliana, e descrivendo la morte di Haniyeh come una “grande perdita per la comunità islamica e per il movimento jihadista”. Il leader di Hamas era stato uno dei primi, nell’agosto del 2021, a congratularsi con i talebani per la “fine dell’occupazione americana”, come “preludio alla scomparsa di tutte le forze di occupazione, prima fra tutte l’occupazione israeliana della Palestina”. 

SUDAFRICA
Al momento, non c’è stata alcuna dichiarazione sulla morte di  Ismail Haniyeh da parte del Sudafrica. Il 18 ottobre del 2023 la ministra degli Esteri del paese, Naledi Pandor, era stata criticata per aver avuto una telefonata con il leader di Hamas Ismail Haniyeh, su sua richiesta, per “discutere di come far arrivare gli aiuti umanitari in Palestina”, soltanto 10 giorni dopo l’attacco mortale contro Israele. A dicembre dello scorso anno il Sudafrica ha portato davanti alla Corte internazionale di giustizia lo stato ebraico con l’accusa di genocidio contro la popolazione palestinese. 

ARABIA SAUDITA 
Finora non c’è stata alcuna dichiarazione sulla morte di  Ismail Haniyeh da parte dell’Arabia Saudita


 VENEZUELA 

Nel 2019 Hamas e Hezbollah espressero un forte appoggio a Maduro nel momento del confronto con Guaidó, ma dal ministero del Poder Popular de Venezuela para Relacciones Exteriores non risultano ancora commenti all’uccisione di Haniyeh. Probabilmente, perché in questi momenti il regime di Caracas è  in tutt’altre faccende affaccendato.
CUBA

La Cancilleria di Cuba ha diffuso un post del presidente  Miguel Díaz-Canel Bermúdez. “#Cuba condanna fermamente l’omicidio di Ismail Haniyeh a Teheran, in chiara violazione del diritto internazionale e mettendo ulteriormente in pericolo la situazione in medio oriente, la pace e la sicurezza internazionale. Sentite condoglianze al fratello popolo palestinese, alla famiglia e agli amici”.

BRASILE 
Più articolato il messaggio del Brasile, socio fondatore dei Brics. Il governo brasiliano condanna  l’assassinio di Haniyeh e “ripudia la flagrante mancanza di rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale dell’Iran”. Per Brasilia “gli atti di violenza, di qualunque natura siano, non contribuiscono alla ricerca di stabilità e pace durature in medio oriente” perché ostacolerebbero “le possibilità di una soluzione politica al conflitto a Gaza, incidendo negativamente sui colloqui in corso per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Il Brasile rinnova il suo appello a tutti gli attori affinché esercitino la massima moderazione, al fine di evitare che la regione entri in un conflitto di grandi proporzioni e conseguenze imprevedibili”. Nessun riferimento, però, alle azioni violente di Hamas contro Israele.

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