Olaf Scholz - foto via Getty Images

economia che arranca

La ripresa primaverile tedesca è già finita. Il pil in calo nel secondo trimestre è impietoso con Scholz

Daniel Mosseri

A sorpresa il pil della Germania si è contratto nel secondo trimestre del 2024: uno scostamento del -0,1 sufficiente a far ripartire il pessimismo che aleggia da mesi intorno a una Germania intorpidita, incapace di darsi la scossa necessaria per ritornare al suo ruolo di locomotiva dell’economia continentale

Berlino. Olaf Scholz ci aveva sperato. Dopo la pessima performance della sua Spd alle europee, buone notizie in arrivo dall’economia avrebbero potuto aiutare il cancelliere federale a risollevare il morale, quello del governo e quello del partito socialdemocratoco, la più antica – e sofferente – formazione politica in Germania. Al pari di quelli usciti dallo scrutinio elettorale di giugno, anche i numeri dell’economia sono invece impietosi con il cancelliere tedesco. A sorpresa, dopo una crescita minima nei primi tre mesi dell’anno, il prodotto interno lordo della Germania si è contratto nel secondo trimestre del 2024: uno scostamento piccolo, il -0,1 per cento anno su anno ma anche sul trimestre precedente, sufficiente però a far ripartire il pessimismo che aleggia ormai da mesi intorno a una Germania intorpidita, incapace di darsi la scossa necessaria per ritornare al suo ruolo di locomotiva dell’economia continentale.
 

Al contrario, dai dati diffusi ieri dall’Ufficio federale di statistica (Destatis) esce l’immagine di una Repubblica federale in vagone di coda, unica fra le grandi nazioni dell’eurozona a chiudere il periodo aprile-giugno con il segno meno davanti. Muoiono così, una mattina di fine luglio, le speranze  di una ripresa. Rivolto alla dpa lo ha detto a chiare lettere Jörk Krämer, capo economista di Commerzbank:  “Il triplice calo del clima economico dell’Ifo (il più importante think tank eocnomico tedesco, ndr) e la debolezza di altri indicatori economici suggeriscono una crescita anemica, nella migliore delle ipotesi, per la seconda metà dell’anno”.
 

Certo, la Germania, gigante dell’export, risente più di altri paesi del rallentamento della Cina ma che i cinesi comprino di meno non è una novità e, come osserva Destatis, la frenata di primavera è da attribuire a minori investimenti in attrezzature e a un nuovo rallentamento nel settore delle costruzioni, strozzato da mesi dalla stretta monetaria imposta dall’Eurotower di madame Lagarde.
 

Come rifletteva giorni prima dell’uscita dei dati ufficiali il think tank berlinese Stiftung Marktwirtschaft (Fondazione Economia di Mercato) è finita la stagione in cui ci s’illudeva di far ripartire la Germania a forza di stimoli dell’economia e di paracadute sociali – così si è fatto durante la pandemia – “e sta crescendo la consapevolezza che il ‘business as usual’ non funzioni più. Per mantenere la competitività, la prosperità e la sicurezza sociale, la Germania ha bisogno di qualcosa di più di uno stimolo economico a breve termine. Sono necessari cambiamenti strutturali che portino a una maggiore motivazione e a un aumento della produttività a lungo termine, grazie a migliori condizioni quadro economiche e a una maggiore forza innovativa”.
 

Che ci sia qualcosa di strutturale nella fatica tedesca lo dimostrano anche i dati sull’economia pubblica. Sempre ieri Destatis ha reso noto che il debito nazionale tedesco ha raggiunto livelli record nel 2023 aumentando del 3,3 per cento a 2,445 trilioni di euro. Pro capite il conto fa 28.943 euro. Una crescita legata ai bilanci comunali, alla spesa per il welfare a inclusione del finanziamento negli ultimi due anni di decine di milioni di abbonamenti sottocosto alla rete ferrotranviaria, una spesa da 9,8 miliardi di euro volta a decongestionare il traffico su gomma. E poi le sovvenzioni per ridurre la bolletta energetica post bellica e la spesa straordinaria per rianimare una Bundeswehr lontanissima dallo standard di sufficienza e finanziare allo stesso tempo la spesa militare dell’Ucraina.
 

Insomma, che la si guardi dal lato micro o macro, l’economia tedesca arranca. Un bilancio molto amaro per Scholz a un anno dalla fine della legislatura. Nel 2023, ricorda la Welt, il cancelliere aveva assicurato che “grazie ai forti investimenti nella protezione del clima la Germania potrà raggiungere tassi di crescita” pari a quelli poderosi degli anni ’50 e ’60. Come ricorda invece Marc Schattenberg, economista della Deutsche Bank, “oggi la Repubblica federale difficilmente potrebbe essere più lontana da questo quadro oggi”. Oppure come spiega sempre alla Welt il capo economista della DZ Bank, Michael Holstein, “La ripresa primaverile è già finita: nelle cifre attuali non c’è traccia di un miracolo economico”.

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