Nicolas Maduro alla Corte Suprema di Caracas (LaPresse)

Nel Venzuela in fiamme, 16 morti e oltre mille arresti

Maurizio Stefanini

Continuano le proteste. Maduro accusa i leader d'opposizione di spargere sangue e ne chiede l'incarcerazione. L'Osa invece richiede l'arresto del dittatore e una verifica dei risultati elettorali. Stati Uniti e Perù riconoscono González Urrutia presidente legittimo

Sono ormai 16 le vittime in Venezuela, 11 i desaparecidos e oltre un migliaio gli arresti, mentre il numero delle statue di Hugo Chávez abbattute dai dimostranti è arrivata alla decina. “L'opposizione non andrà mai al potere, ha le mani macchiate di sangue”, ha detto Maduro in conferenza stampa. Per questo ripete che “María Corina Machado e Edmundo González Urrutia devono stare dietro alle sbarre”. Il Costa Rica offre loro asilo – come agli oppositori rifugiati nell’ambasciata di Caracas. Ma il segretario dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) Luis Almagro annuncia invece che chiederà lui alla Corte Penale Internazionale di ordinare l'arresto dello stesso Maduro, appunto come responsabile di un “bagno di sangue”. Dice che “è giunto il momento di sporgere denuncia” per l’indagine contro il dittatore per crimini contro l’umanità commessi in Venezuela dal 2014. Almagro chiede pure di riconoscere i verbali dell'opposizione e che Maduro accetti la sua sconfitta.

 

Dopo che il Perù ha riconosciuto Edmundo González Urrutia come legittimo presidente (e in risposta Maduro ha rotto le relazioni diplomatiche), anche gli Stati Uniti hanno riconosciuto formalmente che lo stesso González Urrutia ha ricevuto milioni di voti in più di Maduro nelle elezioni presidenziali venezuelane, e avvertono che la pazienza loro e della comunità internazionale si sta esaurendo. Il Centro Carter, che era il più autorevole degli osservatori cui è stato consentito di controllare le elezioni, dopo aver detto che “non possono essere considerate democratiche” adesso ha messo in dubbio anche l'indipendenza dell'eventuale perizia del Tribunale Supremo di Giustizia del Venezuela sui risultati elettorali. Perfino quattro ex-ministri di Chávez hanno firmato un appello in cui contestano la legittimità del risultato elettorale. L’Unione europea, comunque, non lo riconoscerà fino a quando non sarà stato verificato, è anche il punto di vista espresso da Josep Borrell.

 

L’esigenza di rendere i verbali pubblici è stata affermata congiuntamente anche da Biden e Lula, pur se in un contesto diverso. Negli Usa, dopo le critiche ricevute per una dichiarazione giudicata troppo asettica, Kamala Harris oltre a ribadire l’esigenza della pubblicazione dei verbali condanna ora la persecuzione della opposizione. Lula invece pur formulando la richiesta dice ora che il processo elettorale è stato “normale” e il suo partito si è congratulato con Maduro, ma il suo ministro Marina Silva ha invece definito il voto illegittimo.

  

Non è la sola oscillazione cui stiamo assistendo. Dopo che il Movimento di Liberazione Nazionale Tupamaro dell'Uruguay ha salutato la vittoria di Maduro, il suo leader storico e ex-presidente Pepe Mujica ha detto che non lo avevano consultato, e che secondo lui invece il dato non è attendibile.

Affermando che la trasparenza del riconteggio elettorale è “imperativa”, ha invece dato un chiarimento il primo ministro spagnolo Sánchez: dopo che il ministro degli Esteri José Manuel Albares aveva detto che “la volontà democratica del popolo venezuelano deve essere rispettata con la presentazione dei verbali di tutti i seggi elettorali per garantire risultati pienamente verificabili”, e la vice-primo ministro Yolanda Díaz aveva invece manifestato appoggio a Maduro.

 

Anche il presidente colombiano Gustavo Petro ha infine parlato, esprimendo i suoi “gravi dubbi sul processo elettorale”. Nel contempo, però, ha contribuito a bloccare un progetto di risoluzione dell’Osa presentato da Stati Uniti, Argentina, Uruguay e Paraguay. La risoluzione era:

"1. Riconoscere la partecipazione sostanziale e pacifica dell’elettorato venezuelano alle elezioni del 28 luglio 2024.

2. Sollecitare il Consiglio Nazionale Elettorale della Repubblica Bolivariana del Venezuela a: a) pubblicare immediatamente i risultati delle votazioni delle elezioni presidenziali a livello di ciascun seggio elettorale, il che costituisce un passo essenziale; e b) come richiesto dai pertinenti attori politici venezuelani, venga effettuata una verifica approfondita dei risultati in presenza di organizzazioni di osservazione indipendenti per garantire la trasparenza, credibilità e legittimità dei risultati elettorali.

3. Dichiarare che è una priorità assoluta salvaguardare i diritti umani fondamentali in Venezuela, in particolare il diritto dei cittadini a manifestare pacificamente senza ritorsioni.

4. Sottolineare l'importanza di proteggere e preservare tutte le attrezzature utilizzate nel processo elettorale, compresi i verbali stampati e i risultati, al fine di salvaguardare l'intera catena di custodia del processo elettorale.

5. Esprimere solidarietà al popolo venezuelano e impegno a rimanere attento alla situazione nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, chiedendo al Governo di garantire la sicurezza delle strutture diplomatiche e del personale residente in territorio venezuelano, comprese le persone che richiedono asilo in tali strutture, in conformità al diritto internazionale, e in particolare alla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e alla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari”.

 

Il negoziato è durato otto ore. Brasile e Messico, assenti al voto ma molto attivi dietro le quinte, senza dire di no hanno “lavorato” su paesi che dipendono energeticamente dal Venezuela o che mantengono legami geopolitici con i suoi principali sostenitori internazionali, Cina e Russia. Ci volevano 18 voti a favore, ce ne sono stati 17: Argentina, Canada, Cile, Costa Rica, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Guyana, Haiti, Giamaica, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Stati Uniti, Suriname, Uruguay. 11 gli astenuti: Antigua e Barbuda, Barbados, Bahamas, Belize, Bolivia, Brasile, Colombia, Grenada, Honduras, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia. Quattro gli assenti: Dominica, Messico, Trinidad e Tobago, Venezuela. Non si sa niente del comunicato congiunto Messico-Brasile-Colombia che veniva dato per imminente.

  

Intanto, è questo il link che permette a chiunque di vedere i verbali digitalizzati dall'opposizione. Con 24.576 verbali, pari all'81,85 per cento, Edmundo González ha 7.173.152 voti (67 per cento), Maduro 3.250.424 (30 per cento), altri 251.446. Maduro adesso dice pure lui che pubblicherà i dati ma secondo Francisco Santos, giornalista e ex-presidente di Colombia, i dipendenti del Cne starebbero stampando verbali apocrifi con l'aiuto cinese. “Per presentarli agli osservatori internazionali prima di venerdì 2 agosto”. “I cinesi sono arrivati dalla sala operativa di Cuba nelle prime ore di oggi, a bordo di un volo Conviasa”. Effettivamente quattro voli non programmati sono decollati dall'Avana a Caracas dopo la frode elettorale di Nicolás Maduro. Tra questi ci sono aerei della Conviasa, della Turkish Airline e della Cubana de Aviación.

 

Una soluzione a modo suo la offre Elon Musk, che dopo aver tolto alla X di Maduro la spunta di presidente è stato sfidato a botte. Nell’accettare, ha proposto: “Se vinco io si dimette da dittatore, se vince lui lo faccio viaggiare gratis su Marte”. Musk ha praticato in adolescenza judo, taekwondo, karate e ju jitsu, e ha già sfidato sia il presidente russo Vladimir Putin sia il presidente e ad di Meta Mark Zuckerberg.

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