Differenze
Le emergenze (amplificate) che Trump e Harris usano per vincere
L'ex presidente parla di un paese assalito dai migranti criminali. La vicepresidente di uno in cui non si può più abortire: sull'immigrazione e sull'interruzione di gravidanza entrambi i candidati sembrano essere pronti a raccontare una raffica di bugie per vincere
Ora che si sono studiati, Donald Trump e Kamala Harris entrano nella fase più virulenta della corsa alla Casa Bianca. Mancano 95 giorni al voto, i sondaggi li indicano sostanzialmente alla pari su scala nazionale ed è il momento per entrambi di togliere i guantoni e andare all’assalto dell’avversario a mani nude, senza rinunciare ai colpi bassi. Non che le fasi precedenti della campagna siano state all’insegna del fair play, ma il mancato assassinio di Trump e poi la rinuncia di Joe Biden avevano creato una pausa, qualche giorno di riorganizzazione strategica su entrambi i fronti, per decidere come adeguarsi al nuovo scenario. Adesso tutto è finito e si riparte, con due temi centrali, immigrazione e aborto, sui quali entrambi i candidati sono pronti a raccontare anche una raffica di bugie.
È ormai evidente, dagli spot televisivi e dalle dichiarazioni alla stampa, che l’immigrazione sarà il tema su cui Trump martellerà la vicepresidente, ritenendolo il suo maggiore punto debole. Nel farlo, The Donald e il suo team hanno già cominciato a ricorre a esagerazioni, inesattezze e falsità. Niente di nuovo né di sorprendente. Forse è meno scontato evidenziare quello che succede dall’altra parte. L’aborto è il grande cavallo di battaglia di Kamala Harris, quello che i suoi strateghi hanno deciso di utilizzare a fondo sapendo di colpire Trump e il suo vice J.D. Vance su un tema su cui i repubblicani da due anni faticano a trovare una posizione coerente. Anche in questo caso, però, occhio alla narrazione dei democratici, perché contiene a sua volta una ricca dose di considerazioni sopra le righe. Il punto che accomuna le due strategie è la necessità di far passare nel paese l’idea che sul tema “debole” degli avversari si è di fronte a una situazione di emergenza assoluta, che richiede un cambio di passo.
L’immigrazione illegale dal Messico, l’ossessione dei repubblicani in queste elezioni, è indubbiamente un’emergenza, anche se si potrebbe argomentare che lo è dal 1965, quando l’Amministrazione Johnson fece passare la riforma sull’immigrazione nota come Hart-Celler Act che ha aperto corsie privilegiate per i ricongiungimenti familiari. Gli anni post Covid sono caratterizzati da un aumento incontrollato di arrivi dall’America Latina, con numeri enormi soprattutto per i venezuelani in fuga dal regime di Nicolás Maduro e per le famiglie provenienti da Guatemala e Honduras, oltre che dal Messico. Gli ultimi due anni hanno fatto registrare un incremento enorme negli arrivi: ad attraversare il confine sud sono stati circa due milioni di immigrati illegali all’anno, che hanno messo in crisi le autorità americane. Le soluzioni hanno tardato ad arrivare, anche per la battaglia politica in Congresso, dove i repubblicani per lungo tempo hanno legato il tema dell’immigrazione al via libera da dare agli aiuti all’Ucraina e a Israele, tenendo in stallo tutto per mesi.
Che l’amministrazione Biden si presenti con un bilancio non certo brillante sull’immigrazione è un dato di fatto. Ciò che però Trump e Vance sostengono adesso, con forza e virulenza, è quello che hanno riassunto in un video elettorale che sta girando in questi giorni. Vi si descrive un paese assalito da immigrati fuori controllo (vero solo in minima parte), tra i quali ci sono infiltrati dello Stato islamico e terroristi di ogni parte del mondo (non è assolutamente documentato) e trafficanti di fentanyl, la sostanza che sta uccidendo decine di migliaia di americani (sostanzialmente falso: il fentanyl lo introducono negli Stati Uniti trafficanti americani, che non vengono sufficientemente controllati ai posti di frontiera perché il Congresso, per iniziativa dei repubblicani, non stanzia abbastanza fondi per rafforzare i controlli). Kamala Harris viene definita la “zarina del confine” nominata dal presidente Biden, un titolo che le verrà rinfacciato a lungo e che però è un falso: lo hanno inventato i giornalisti, non la Casa Bianca.
Quello soprattutto che non emergerà negli attacchi repubblicani è che dall’inizio dell’anno l’emergenza è fortemente ridimensionata, anche per effetto della linea dura decisa dall’Amministrazione Biden. A dicembre scorso 250 mila immigrati illegali sono entrati in un mese negli Usa. Negli ultimi mesi i numeri sono enormemente ridotti e siamo al minimo dai tempi del Covid nel 2020: da gennaio si è sempre sotto i 150 mila al mese e a giugno sono stati 84 mila, un numero mai così basso dal 2021. Saranno ancora meno a luglio e si sta per scendere sotto la soglia dei 1.500 ingressi al giorno, che farebbe annullare le misure extra decise da Biden. Trump ha bisogno di descrivere un’emergenza che però, nei numeri, in questo momento non c’è.
Dall’altra parte dello schieramento politico, non c’è neppure l’emergenza aborto che Kamala Harris userà come una clava contro i repubblicani. Politicamente è una mossa perfetta, è dal giugno 2022 che il partito di Trump è in difficoltà sul tema dell’interruzione di gravidanza, dopo che la Corte Suprema controllato dai conservatori ha cancellato la decisione Roe v Wade che da mezzo secolo garantiva il diritto costituzionale all’aborto. Prima Biden e adesso con molta più forza e convinzione Harris stanno cercando di mobilitare soprattutto l’elettorato femminile, descrivendo un’America in cui i repubblicani vogliono rendere impossibile qualsiasi scelta di interrompere una gravidanza.
Il che può essere vero nel lungo termine, se passasse un divieto d’aborto federale che Trump nega di volere, ma non è certo il caso attuale. In America il trend degli aborti è in continua crescita dal 2020 e si è impennato negli ultimi anni. Nel 2023 ci sono state oltre un milione di interruzioni volontarie di gravidanza, una cifra che non veniva raggiunta dal 2012. I primi mesi del 2024 indicano che quest’anno si supereranno gli 1,1 milioni. E’ cambiata senz’altro la geografia degli aborti, per effetto della scelta di quattordici stati a guida repubblicana di porre forti limiti all’interruzione di gravidanza. Ma come per l’immigrazione, anche sull’aborto l’emergenza è più storytelling politico che realtà.