Intervista
“La bellezza di Parigi ci fa dimenticare ogni problema, anche durante i Giochi”. Parla Simon Kuper
Quante polemiche inutili, dice il giornalista del Financial Times: “Agli atleti interessa la medaglia, non il contesto”
Parigi. Parigi, scansati un po’, facci vedere gli atleti, polemizzano alcuni dall’inizio delle Olimpiadi, sostenendo che la capitale francese sia troppo protagonista, che gli sportivi siano messi in secondo piano e che i Giochi siano soltanto una vetrina per la Francia. Ma per Simon Kuper, giornalista inglese del Financial Times che vive a Parigi da diversi anni, e alla città delle luci ha appena dedicato un ritratto, “Impossible City: Paris in the Twenty-First Century”, è una polemica inutile. “Ci sono sportivi di altissimo livello e c’è un paese, la Francia, che prende lo sport molto sul serio, ma non ho affatto l’impressione che Parigi sia ingombrante. Ci sono i Giochi e c’è Parigi con le sue bellezze, uniti in un abbraccio”, dice al Foglio Kuper, che sta seguendo da cronista ma anche da spettatore le Olimpiadi parigine. Per gli atleti, secondo Kuper, la location ha poca importanza: ciò che conta è il risultato, la medaglia. “Oggi (venerdì, ndr) sono andato a vedere l’hockey sul prato allo stadio Yves du Manoir, a Colombes, a dieci chilometri da Parigi. Si è giocata la sfida Cina contro Germania e ho visto esibirsi sportivi di altissimo livello. Ma non penso che per loro fosse importante la cornice. Così come non lo è per la maggior parte degli sportivi”, dice al Foglio il giornalista del Financial Times.
Anche se ci sono sfondi più imponenti di altri. Come il Grand Palais, il palazzo in stile Art Nouveau che ospita le gare di scherma e dove martedì sera la squadra italiana femminile di spada, composta da Rossella Fiamingo, Alberta Santuccio, Giulia Rizzi e Mara Navarria, ha vinto la medaglia d’oro contro la Francia. “Certo, penso che il Grand Palais possa abbellire gli exploit degli atleti, sublimare le loro performance. Ma ho intervistato uno schermidore francese, Enzo Lefort, che è anche fotografo nella sua vita oltre lo sport ed è sensibile all’architettura del Grand Palais, e mi ha detto: quando c’è la gara, me ne frego del contorno, c’è la pedana, il mio avversario e il mio allenatore”, racconta Kuper, prima di aggiungere: “Ora c’è il Grand Palais, ma nelle precedenti sedi e anche in quelle future il discorso è il medesimo: nel momento supremo, ad alti livelli, quando bisogna andare a prendersi una medaglia, c’è solo il risultato”. Simon Kuper ha assistito soltanto a un’altra edizione delle Olimpiadi: quelle di Londra 2012.
“Come spettatore, è certamente più bello qui a Parigi. I siti sono più affascinanti, il Grand Palais, la Concorde, il Champ-de-Mars, il Roland Garros: la cornice dei giochi è imparagonabile dal punto di vista estetico. A Londra era un quadro più sportivo”, dice al Foglio il giornalista del Financial Times. “E tengo a mettere l’accento sul lato ecosostenibile dei Giochi parigini. Nelle precedenti edizioni, questo aspetto era stato trascurato o comunque non era considerato prioritario”, aggiunge Kuper.
Oltre al fatto che la maggior parte delle strutture erano già esistenti, il Villaggio olimpico è stato pensato come un quartiere, che avrà una vita anche dopo la manifestazione. Dal 2025, infatti, quando non accoglierà più gli atleti, il Villaggio olimpico sarà trasformato in 2.800 nuove abitazioni (2.000 per famiglie, 800 per studenti), per una capacità totale di seimila abitanti, ospiterà due nuovi complessi scolastici, una residenza studentesca, uffici per seimila lavoratori e sei ettari di spazi verdi.
Sulla polemica riguardante la pugile algerina Imane Khelif, che ha un tasso di testosterone più elevato di quello medio di una donna, Kuper la pensa così: “È una questione complessa, ci sono persone che è difficile dire se sono donne o uomini. Capisco che le donne siano irritate dal fatto di competere contro un avversario che considerano un uomo, ma esistono persone, diciamo così, vicine alla linea di demarcazione tra donna e uomo, bi, ed è quasi impossibile avere un’opinione definitiva”.
In chiusura, il giornalista Ft sottolinea quanto l’organizzazione francese sia stata esemplare. “Sono appena rientrato dagli Europei di calcio in Germania e c’era parecchia disorganizzazione rispetto a qui. Vedo persino i poliziotti che sorridono, un fatto raro in una città come Parigi. C’è una gentilezza che non conoscevo prima nell’organizzazione degli eventi”, racconta Kuper, più contento che mai di vivere in questa “Impossible City”: “E’ impossibile nella sua densità. Siamo in tantissimi e viviamo assieme in un piccolissimo spazio, ma la sua bellezza impossibile ci fa dimenticare ogni problema”.
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