Le Olimpiadi turbolente di Hong Kong tra controversie, proteste e pizze con l'ananas

Priscilla Ruggiero

Pechino vuole il record di medaglie per la squadra hongkonghese per dimostrare che sotto il controllo cinese la città è più forte, anche nello sport. I due ori nella scherma messi in secondo piano dai dibattiti politici (c'entra anche l'Italia)

Ai Giochi olimpici era da molto tempo che non si vedeva così tanta politica internazionale. Per Hong Kong non è una novità.  Quest’anno a Parigi la squadra hongkonghese – nonostante gareggi separatamente dalla Cina dal 1954, quando era ancora una colonia britannica – è ormai a tutti gli effetti una costola  di quella della Repubblica popolare cinese. Il primo oro olimpico per Hong Kong dal passaggio di consegne nel 1997  è arrivato a  Tokyo, nel 2021: sono state le più riuscite di sempre, registrando un record di sei medaglie. Quest’anno a Parigi con moltissime probabilità il record verrà superato,   le sei medaglie sono già state raggiunte, con due ori, e per la Cina è un messaggio importante, serve a dimostrare che sotto il controllo di Pechino, Hong Kong è più forte, anche nello sport.

Il primo oro  l’ha vinto sabato scorso la schermitrice Vivian Kong: da lì a poco era già diventata un simbolo  sui media cinesi, è stata soprannominata “Queen Kong”, perché con il suo sorriso porta avanti lo spirito di Hong Kong, ha scritto il China Daily mostrando con fierezza la dicitura sulla   divisa: Hong Kong, Cina. Pechino non ha perso l’occasione di mettere in risalto il “patriottismo” dell’atleta e la sua vicinanza al Partito comunista cinese – Kong  ha scritto  la sua laurea all’Università Renmin di Pechino  sui vantaggi del modello cinese  “un paese, due sistemi”   per l’amministrazione della città.

Il secondo oro, sempre nella scherma, l’ha vinto lunedì Cheung Ka Long,  campione in carica nel fioretto e simbolo invece tra gli attivisti e i sostenitori della democrazia a Hong Kong:  è  un fan della cantante Denise Ho, uno dei volti delle proteste di Hong Kong. Tra i dibattiti politici attorno alla squadra c’è   finita anche l’Italia: nella finale di lunedì  contro Cheung, l’italiano    Filippo Macchi ha contestato il risultato, tra i motivi   c’era anche l’origine degli arbitri (Taiwan e Corea del sud), sostenendo che  fossero geograficamente “troppo vicini  a Hong Kong” per giudicare  in modo equo. Sui social gli hongkonghesi  hanno  difeso l’atleta puntando sulle tradizioni culinarie: a noi piace la pizza con l’ananas, per festeggiare la vittoria ne prepareremo tante, anche per voi. Per i giorni successivi, la catena Pizza Hut ha colto l’occasione per fare pubblicità al suo condimento a Hong Kong e Macao: ananas gratis sulle nostre pizze per tutti.

 

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