la falsa ideologia umanitaria
L'accusa di violazioni extraterritoriali a Israele gronda ipocrisia
Nessuno ha mai osato dire che la cattura e l’eliminazione americana di Bin Laden in Pakistan era extraterritoriale. La Convenzione giurisdizionale del diritto non protegge chi abbatte grattacieli all’ombra dell’immunità territoriale, chi attua pogrom contro civili nei kibbutz, regola equilibri tra stati e non il terrore
Ora tutti guardano le mappe del medio oriente e vedono che Israele è un fazzoletto di terra, l’entità sionista cosiddetta è quasi impercettibile, mentre l’Iran è una massicciata incombente, un territorio vasto e vastamente popolato, un regime minaccioso con una base solida, con radici antiche, con un progetto omicida e genocida perfettamente dispiegato. Si vedono le linee di attacco dei nemici di Israele, i fronti che sono stati in grado di aprire dopo la rivoluzione khomeinista, si toccano con mano dalle Alture del Golan al sud Libano alla Siria fino allo Yemen le ambizioni napoleoniche del terrore dei mullah, la volontà in marcia di sovvertire la pace, oggi con un vasto entroterra euroasiatico dalla Russia alla Cina, e con la solita Turchia postottomana mallevadrice del peggio.
Imperi arcaici in dissoluzione e ricomposizione che vogliono mettere le mani fanatiche su una democrazia giovane che non è nazionalista, come dicono di Netanyahu, ma survivalista. Nell’attesa del tremendo, che tutti speriamo sia scongiurabile, si fa largo di nuovo l’incredibile. Gente che presumibilmente dovrebbe avere la testa sulle spalle, magari citando le Convenzioni di Ginevra, sostiene che all’origine della destabilizzazione sta un atto di guerra extraterritoriale di Tsahal, da Beirut a Teheran, è sempre Israele che vìola il diritto.
Nessuno ha mai osato dire che la cattura e l’eliminazione americana di Bin Laden in Pakistan era extraterritoriale. La Convenzione giurisdizionale del diritto non protegge chi abbatte grattacieli all’ombra dell’immunità territoriale, chi attua pogrom contro civili nei kibbutz, regola equilibri tra stati e non il terrore. Eppure l’ideologia umanitaria, che in sé è forse la cosa più preziosa nel delirio tipico di tutte le guerre, e andrebbe conservata e difesa nei suoi veri significati di pena e compassione, di diplomazia attiva e di senso del limite per tutti, si è incanaglita, come dimostrano le avventure dell’Unrwa e i comportamenti abietti delle Nazioni Unite e di ogni agenzia che tradisce platealmente una vena di falsa passione per le vittime, sfregiata da antisemitismo travestito da antisionismo.
Osservando le mappe e esaminando i dati storici sui comportamenti dei protagonisti politici dell’area mediorientale si vede fino a che punto è bolsa, fradicia, la nozione di extraterritorialità quando imputata a Israele. Lasciamo stare l’ovvio, i kibbutz del sud e le città evacuate del nord, sotto la pressione o carneficina di Hamas e di Hezbollah, è proprio tutto il quadro geografico e politico di questa attesa deprimente di una “risposta” alle violazioni extraterritoriali di Israele che gronda ipocrisia, falsità, incredibilità.
Mentre Haifa deve costruire bunker sotto gli ospedali per curare i feriti, mentre Tel Aviv è tramortita di paura e con slancio si prepara alla minaccia, mentre i riservisti cominciano a soffrire il dolore dell’allontanamento di un anno quasi dalle loro attività civili, mentre il paese in guerra di autodifesa, e di sopravvivenza, deve subire i colpi di una grande armata multipolare che persegue la sua eliminazione, secondo gli osservatori filopalestinesi, o anche semplicemente pacifisti umanitari, il problema è l’isolamento politico di Israele nel perseguimento di scopi di bassa politica e di guerra genocida, gran parte dell’occidente è orientato a chiedere a un paese aggredito e sventrato nel suo cuore territoriale di cessare i combattimenti, di rinunciare alla difesa, di non compiere gesti di ostilità extraterritoriale capaci di provocare la famosa escalation. Ammettere che è in atto una funesta guerra di aggressione, barbarie contro civilizzazione, è impresa superiore alle forze, perfino di chi si schiera militarmente al fianco dello stato ebraico.