Elezioni americane

Tim Walz, la scelta prudente di Harris per vincere il Midwest

Marco Bardazzi

Il prescelto dei dem per sfidare il tandem Trump-Vance è il governatore del Minnesota. Una scelta rassicurante e prudente che conferma la fama della vice di Biden in fatto di avversione al rischio

La pm della California e il carismatico insegnante del Midwest, contro il personaggio televisivo di New York che è già stato alla Casa Bianca e lo scrittore di successo dell’Ohio scelto come suo erede. Dopo poco più di un mese di colpi di scena, che hanno stravolto quello che doveva essere uno scontato rematch Biden-Trump, è questa la scelta che avranno gli americani il 5 novembre, quando voteranno per eleggere il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti. 

Kamala Harris ha scelto il governatore del Minnesota Tim Walz come suo vice e ha cominciato con lui in Pennsylvania un tour che entro domenica porterà la nuova coppia democratica in tutti e sette gli stati da vincere per conquistare la Casa Bianca. Da oggi la sfida sintetizzata su cartelli, magliette e cappellini è Harris-Walz contro Trump-Vance. La scelta del running mate è uno dei passi più importanti che un candidato deve fare durante la campagna elettorale e svela molto sulle sue doti di leadership. La vicepresidente è partita da un gruppetto di sei-sette possibili candidati ed è arrivata nel weekend a selezionare due finalisti: Walz e il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro. La scelta ha assunto un importante peso politico perché su Shapiro-Walz (e su qualche altro candidato che si è perso per strada) si sono giocate le vere e proprie “primarie” dei democratici. Quelle che il partito quest’anno non ha disputato su Joe Biden, fidandosi del presidente, e poi non ha fatto neppure sulla Harris, accogliendola a braccia aperte e in modo unanime quando il presidente si è arreso. 

Le correnti interne invece sono riemerse tutte per cercare di influenzare la scelta del vice. La Casa Bianca, gli obamiani, una buona parte dell’establishment atlantico e tradizionale del partito erano per Shapiro, visto come un candidato moderato e forte, che poteva portare in dote i 19 voti elettorali decisivi della Pennsylvania, senza i quali non si vince la presidenza. Ma l’ala sinistra ha alzato un muro prima contro il senatore dell’Arizona ed ex astronauta Mark Kelly, che aveva una storia personale fortissima, una fama di problem-solver sul tema cruciale dell’immigrazione e veniva da uno stato in bilico (non piaceva ai sindacati). Poi contro Shapiro, che è ebreo, accusato di essere troppo filoisraeliano e nello stesso tempo troppo vicino a Obama. Alla fine Harris ha fatto con Walz una scelta rassicurante e prudente, confermando la propria fama in fatto di avversione al rischio. Resta da vedere se sarà una mossa vincente. 

Walz, come J.D. Vance dall’altra parte, non aggiunge molto al ticket presidenziale e non rappresenta uno stato in bilico. Ma come lo stesso Vance, con cui ora si dovrà scontrare, si presenta come un’arma per conquistare il voto decisivo del Midwest e preservare quel “Blue Wall” di cui hanno bisogno i democratici per vincere: un muro di stati che va dal Minnesota a Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. A sorprendere alla fine è stata la velocità con cui Tim Walz si è messo in evidenza. Con un sorriso accattivante, un’ampia dose di carisma, modi di fare accomodanti e pragmatici del Midwest e ottima presenza televisiva, in queste settimane è riuscito dove avevano fallito schiere di democratici da Hillary Clinton a Joe Biden. Ha trovato il modo di raccontare bene Trump, riassumendolo in una parola diventata virale sui social: “weird”, cioè strano ai limiti dello strambo. È un attacco che ha funzionato, diventato grido di battaglia non appena si è visto che faceva irritare Trump (“Mi si può dire tutto, ma non che sono weird!”). E’ da qui che la “strana” candidatura di Walz ha preso piede ed è diventata realtà. 

Tim Walz è un sessantenne del Nebraska che dal 1996 vive in Minnesota, dove si è trasferito con la moglie Gwen quando entrambi avevano trovato lavoro come insegnanti nella stessa scuola superiore a Mankato. Lei insegnava inglese, lui storia e geografia e in breve tempo Tim divenne il prof più popolare e amato del liceo, alternandosi tra la cattedra e il ruolo di allenatore della squadra di football. Un decennio dopo, incalzato dagli amici, lasciò l’insegnamento per la politica, diventando prima deputato a Washington e poi governatore del Minnesota, ora al secondo mandato. Ha due figli nati con l’inseminazione in vitro (la prima si chiama Hope proprio perché non ci speravano più). Beve litri di Diet Mountain Dew da quando gli tolsero la patente per guida in stato d’ebbrezza. Ha insegnato per qualche tempo inglese in Cina e sostiene di poter conversare in mandarino. Ha idee decisamente progressiste e Trump ha già cominciato ad attaccarlo per non aver risposto con vigore – a suo dire – alle rivolte in Minnesota nel 2020 per l’uccisione di George Floyd. Lui controbatterà che sono loro a essere “weird”. La corsa alla Casa Bianca riparte da qui.  

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