Nel Regno Unito
Dopo l'impero britannico è finita anche la società multietnica. Fare i conti con le etnie
Lettera dal Regno Unito incendiato dagli scontri razziali dopo che le fake news sull'identità dell'assassino di tre bambine nelle scorse settimane a Southport, vicino a Liverpool, hanno acceso gli animi di gruppi di xenofobi e militanti di estrema destra
All’inizio del 2020, un paio di settimane prima che esplodesse il Covid, William e Kate, ancora solo il duca e la duchessa di Cambridge, furono paparazzati al ristorante MyLahore di Bradford, profondo nord dell’Inghilterra. Il posto, a detta di varie classifiche, serve il miglior curry del Regno Unito: il piatto speziato è la bandiera culinaria dell’India e non sorprende di trovarlo a Londra, ma nello Yorkshire le persone, per secoli, hanno mangiato il famoso budino e cavolo. La comparsa pubblica della coppia principesca era stata un omaggio alla numerosissima comunità pakistana e, più in generale, alla società multietnica che è il Regno Unito. Bradford detiene un record sociale unico: è la città con la seconda più grande popolazione pakistana del paese: sono 139 mila, uno su quattro degli abitanti di Bradford. Si serve più curry che fish & chips; quando, però, le tradizioni straniere superano quelle locali, arrivano anche i problemi. Da Newton Heath a Harehills (proprio vicino a Bradford) da Plymouth, in Cornovaglia, al Merseyside vanno in scena scontri tra bande di teppisti islamici e altrettanti catalogati come “Far Right”.
Fino a oggi la Gran Bretagna è stato uno dei paesi modello di immigrazione e integrazione, tanto da avere il primo sindaco musulmano di una capitale europea, Sadiq Khan; e ad aver avuto anche un primo ministro di origine indiana, Rishi Sunak. È la conseguenza di una lunga tradizione: tre secoli di impero hanno fatto di Londra una capitale multietnica già da metà ’800. Dalle colonie sono sempre arrivati immigrati. Ma questo modello, di fatto iniziato con le invasioni degli Angli e dei Sassoni dopo la fine della provincia Britannia, è andato in crisi in un agosto di Olimpiadi. La Gran Bretagna dell’estate 2024 assomiglia alla Francia di un anno fa: non ci sono le banlieue a ferro e fuoco, ma la profonda provincia, quello stesso Red Wall che appena un mese fa è corso a votare in massa i laburisti, regalando loro la più grande maggioranza nella storia del paese. A proposito di estati, quasi 30 anni prima Jovanotti, quando ancora non si chiamava Lorenzo e non aveva abbracciato l’immagine da intellettuale alternativo, cantava l’Estate 1992, quella delle vacanze a Ostia, Fregene, Rimini, Riccione: nessuno si ricorda invece che nello stesso anno lo storico Fukuyama teorizzava la “Fine della storia”. Il “Padre della globalizzazione” aveva ragione a metà: era finita “solo” la storia del’900, del mondo bipolare, ma germogliavano il globalismo e il turbocapitalismo. Nel caso poi della Gran Bretagna la Storia, intesa come sistema socioeconomico, era finita ancor prima, nel 1945: Churchill vinse la guerra e liberò l’Europa dal nazismo, ma il prezzo fu la scomparsa dell’impero, sostituito dalla società multietnica basata su tolleranza e integrazione (finanziata dal boom economico che la manodopera a basso prezzo avrebbe garantito).
Dopo 80 anni, quel modello mostra le crepe di una sempre più difficile convivenza tra troppe etnie che cullano sentimenti antisemiti e spesso anti occidentali. La telecronista inglese di SkyNews circondata da banditi islamici mascherati, più che la globalizzazione buona fa venire in mente lo “scontro di civiltà” profetizzato nel 1996 dallo studioso americano Samuel Huntington, teoria ostracizzata perché troppo pessimista e non in linea con il mercatismo che invece plaudeva al modello Fukuyama. Un malcontento che cova sotto la cenere da tempo è esploso: prima ha trovato il casus belli della guerra di Gaza, con mesi e mesi di manifestazioni apertamente pro Hamas; e ora il nemico laburista. Un governo di sinistra viene percepito, a torto o a ragione, più accondiscendente con immigrati e islam. Intanto a Belfast, città di storiche faide religiose e guerra civile strisciante ancora oggi, nonostante il Good Friday Agreement per cui molto si spese anche l’allora senatore Joe Biden, cattolici e protestanti si sono uniti per protestare contro l’immigrazione incontrollata, sventolando la Union Jack, la bandiera britannica mai troppo amata lassù. La manifestazione è stata bollata da molti come di estrema destra: altri dicono che ormai il “comune buon senso” è bollato come fascismo. Forse sì, la Storia è finita.
L'editoriale dell'elefantino