L'attesa del Giappone per il super megaterremoto. Arriverà, ma quando?
Kishida cancella il suo viaggio in Asia, intanto un altro terremoto nell'area di Tokyo e qualche spiaggia chiusa. Al di là dell'allarmismo, una lezione di realismo per l’Italia
Attenzione, un megaterremoto potrebbe colpire la regione: prepararsi. Diceva più o meno così l’allarme emesso per la prima volta due giorni fa dall’Agenzia meteorologica giapponese – l’istituzione più importante del mondo quando si tratta di eventi naturali estremi e calcolo del rischio. Se fosse avvenuto in Europa, tra le conseguenze più prevedibili avremmo avuto: crisi di panico, proteste di piazza per eccessivo allarmismo, crisi di panico con violenza, aumento delle accise, scomparsa della farina. E invece l’allarme megaterremoto è arrivato in Giappone, il paese del principio di precauzione per eccellenza, e i cittadini e le autorità locali già da tempo convivono con allarmi che arrivano direttamente sui cellulari – quando fa troppo caldo, quando sta per arrivare un tifone, qualche secondo prima di una scossa di terremoto. Giovedì scorso, quando nell’arcipelago erano le 4 e 40 del pomeriggio, un sisma di intensità superiore al sesto grado ha colpito la prefettura di Miyazaki: c’è stato un allarme tsunami, poi cancellato, ci sono stati 14 feriti, ma poi tutto è tornato alla normalità. Due ore dopo la scossa, però, l’Agenzia meteorologica ha emesso un nuovo avviso, inedito, riguardo alla possibilità che nello sciame si verifichi il megaterremoto della Fossa di Nankai. Lo chiamano il “Big One”, un sisma che i geologi giapponesi sanno che nell’area sud-orientale del Giappone si verifica una volta ogni cento o duecento anni. L’ultimo c’è stato nel 1946.
Non è una questione di se, ma di quando. E l’attività della sicurezza pubblica nell’area mira alla prevenzione: secondo le stime del peggior scenario, un terremoto di grado 8 nell’area della Fossa di Nankai potrebbe causare fino a 323 mila fra morti e dispersi. L’obiettivo dell’esecutivo è quello di ridurre dell’80 per cento quel numero. “La probabilità che si verifichi un terremoto è ora diverse volte più alta del solito. ‘Diverse volte’ è una probabilità piuttosto alta dal punto di vista della sismologia”, ha detto in conferenza stampa Naoshi Hirata, l’uomo che presiede il Comitato di valutazione dei terremoti della Fossa di Nankai. Le persone possono continuare la loro vita di tutti i giorni, ha fatto sapere l’Agenzia, ma devono aumentare il livello di attenzione: i giapponesi in teoria sanno cosa vuol dire perché sin dalla scuola materna si addestrano per questo. Lo zaino d’emergenza, con acqua, caschetto e luce va posizionato davanti alla porta di casa; bisogna memorizzare i percorsi per i rifugi e controllare eventuali amici e parenti non autosufficienti.
Ieri però la stampa nipponica mostrava un po’ di confusione fra gli abitanti. Per esempio, nel caso del megaterremoto della Fossa di Nankai, il problema di sicurezza riguarda lo tsunami che potrebbe generare, perché l’onda potrebbe arrivare a meno di tre minuti dalla scossa. E così ieri molte spiagge, solitamente affollate in questo periodo, erano chiuse al pubblico. L’Asahi ieri riportava le testimonianze di persone che hanno ridotto le vacanze, con prenotazioni cancellate nella prefettura di Miyazaki come pure alcuni festival tradizionali estivi. Perfino il primo ministro Fumio Kishida, che avrebbe dovuto intraprendere una missione di quattro giorni fra Kazakistan, Uzbekistan e Mongolia, ha annullato il viaggio per “concentrarsi sulla risposta del governo e sulla diffusione delle informazioni” riguardo a un potenziale megaterremoto. E già qualcuno si chiede: ma l’attesa in semi-emergenza quanto durerà? Ieri un’altra scossa di magnitudo 5.3, geologicamente diversa da quella di giovedì, ha colpito l’area di Tokyo, ma anche quel sisma potrebbe essere il precursore di un altro più forte. C’è più realismo che allarmismo nella cultura giapponese, un realismo che forse avrebbe qualcosa da insegnare anche all’Italia.
L'editoriale dell'elefantino