Estremismo e politica
Rinnegare il fanatismo religioso. L'appello di Walzer per una “sinistra decente”
Il filosofo americano e l’urgenza di una condanna contro Hamas e l'ipocrisia politica. Che fioriscono rapidi all'ombra del fanatismo
Collaboro con il mensile “Una Città" di Forlì scrivendo una rubrica sulle idee dell’ultimo secolo, ma non partecipo al lavoro redazionale. Perciò, ogni volta che mi arriva il nuovo numero ho sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Questa volta, prevedibilmente e giustamente, la copertina è dedicata a Giacomo Matteotti. La sua bellissima foto annuncia, nella pagina interna che presenta il numero, l’ammirazione per il suo essere stato non solo un eroico antifascista ma anche un “coerente e lungimirante socialdemocratico”.
Già, ormai sappiamo da tempo che se l’errore del Sessantotto è stata l’idea di rivoluzione e il credere nella sua attualità, l’errore del 1921 è stata la scissione dal partito socialista che portò Bordiga, Gramsci, Terracini, Togliatti a voler fare “come in Russia” una rivoluzione guidata dal nuovo Partito comunista d’Italia. Nel Partito comunista, di quella scissione non ci si è mai pentiti, anzi ci si è sempre accaniti a denigrare i socialisti e il loro partito, fino alla fine di entrambi i partiti, socialista e comunista.
La mania delle virtuose scissioni è stata la perenne sciagura di una sinistra mai guarita dall’estetica dell’estremismo, della purezza e della coerenza ideologica.
Subito dopo l’articolo su Matteotti di Matteo Lo Presti ne compare uno molto ampio di Michael Walzer con questo titolo: “C’è qualcosa che non va. È tempo che le persone di sinistra abbandonino le ideologie per abbracciare una politica incentrata sulle persone”. Walzer arriva al presente ma parte da lontano. Non solo da Lenin, che distingueva tra coscienza rivoluzionaria (quella dei militanti che vogliono una società comunista dopo la distruzione della società presente) e la coscienza sindacale (quella degli operai che aspirano a salari più alti e posti di lavoro migliori). Walzer risale poi perfino all’Esodo, quando i futuri sacerdoti volevano una “nazione sacra”, mentre i comuni israeliti sognavano “latte e miele”, cioè benessere. La rivoluzione è sempre stata un’invenzione culturale di intellettuali e guide politiche, mentre la classe operaia e il popolo sono sempre stati più concreti e meno portati all’utopia. Ancora oggi fra gli intellettualini in posa si chiacchiera di utopie da iniettare nella testa degli studenti per farli sognare un po’ lanciando pietre contro la polizia e spaccando vetrine.
Walzer cerca di ricordare alla sinistra che l’Iran è il principale sostenitore di Hamas, oltre a essere lo stato islamista che uccide e incarcera le donne quando scendono in piazza perché siano riconosciute loro le più elementari libertà. Inoltre “i militanti di sinistra si rifiutano di fare i conti con la strategia militare di Hamas, che consiste nel posizionare i propri combattenti e i propri arsenali proprio nel mezzo della popolazione civile palestinese. Né, a sinistra, si vuole riconoscere il ruolo dell’imponente rete di tunnel che Hamas ha edificato sotto Gaza, rete nella quale i suoi soldati trovano rifugio durante i bombardamenti israeliani cui però ai civili è vietato l’ingresso”.
La protesta anti israeliana negli Stati Uniti “pesca a piene mani dalla lunga storia dell’antisemitismo di sinistra” e assorbe energie dalla sinistra filo-Hamas: “I fan di Hamas nell’America di oggi sono i discendenti di quelle persone di sinistra che difendevano lo stalinismo” sostenendo che l’Unione Sovietica era uno stato operaio solo perché si definiva tale.
C’è poi, dietro le proteste, la tradizione pacifista. O meglio ci sono due pacifismi: c’è il pacifismo accoppiato all’odio comunistoide antiamericano e c’è il pacifismo di chi inorridisce sia per le vittime innocenti di ogni guerra sia per gli orrori delle varie dittature in ogni parte del mondo. Walzer fa un po’ di autobiografia politica, a partire da quando era impegnato nella rivista “Dissent” durante la guerra del Vietnam, e conclude che la sinistra, già da allora, aveva delle responsabilità per “lo sbandamento a destra della classe operaia” in crescita nei decenni successivi. Come emerge chiaramente dal suo libro “L’intellettuale militante” (1989), Walzer distingue tra l’attivismo politico guidato dall’ideologia e quello guidato dal rapporto con la comunità. Le idee tendono spesso a estremizzarsi in astratto, mentre l’attenzione alle comunità e alle persone che ne fanno parte non teme l’incoerenza ideologica, quando è necessaria a comunicare con chi vive problemi sociali e catastrofi belliche.
La “sinistra decente” difesa oggi da Walzer prevede in Medio Oriente, come prerequisito fondamentale, il superamento del fanatismo ideologico e religioso: “Il fanatismo di Hamas è una minaccia per tutti gli israeliani, per il loro stato e le loro vite. L’irredentismo messianico e l’ultranazionalismo israeliano sono una minaccia per i cittadini palestinesi, per i loro spazi vitali e le loro vite. Entrambi i gruppi minacciano anche il proprio popolo, che vorrebbero irreggimentare e mobilitare in nome di una guerra santa”.
Questo è senza dubbio vero. Il problema grave è che il terrorismo e la guerra potranno in futuro perpetuare e irrigidire i fanatismi, invece che indebolirli.
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