insulti e incertezze

Trump accetta il dibattito con Harris, ma non sa come attaccarla: è ancora impostato su “Sleepy Joe”

Giulio Silvano

L'ex presidente, inizialmente riluttante, affronterà la vicepresidente in diretta tv il 10 settembre. Ai repubblicani occorre una nuova strategia mentre i democratici puntano sull'energia della vicepresidente

Donald J Trump, il candidato presidenziale del partito repubblicano, ha deciso che parteciperà al dibattito televisivo contro la candidata democratica Kamala Harris del 10 settembre. “Non vedo l’ora”, ha detto la vicepresidente, “spero che lui si presenti”. Inizialmente Trump aveva detto che non ci sarebbe stato, perché lui si era accordato per farlo contro Joe Biden, non contro Harris. Poi ha fatto marcia indietro. Ospitato dalla Abc, il dibattito si terrà probabilmente a Philadelphia, moderato da David Miur e Linsey Davis. Era dallo scontro in prima serata tra Jfk e Richard Nixon, 64 anni fa, che le performance negli scontri televisivi non venivano viste come cruciali per arrivare alla Casa Bianca. Tutto questo perché l’ultimo dibattito, quello di Atlanta del 26 giugno, ha ribaltato la corsa elettorale, facendo ritirare l’81enne Biden, visto balbettare in diretta da 51 milioni di americani. Il titubare di Trump davanti a una sfida live contro Harris è un altro segnale della confusione della campagna trumpiana, perché gran parte della strategia del GoP si costruiva sul convincere l’elettorato indeciso che Biden era troppo vecchio per stare altri quattro anni a Pennsylvania Avenue. Ora il vecchio è Trump. 

 
Il nomignolo, “Sleepy Joe”, l’assonnato, il “pisolo” di Biancaneve, funzionava, di fronte alle scene riprese dalle telecamere dove il presidente si assopiva alle cerimonie, dove inciampava, dove farfugliava nei microfoni. L’elettorato dem e moderato, secondo i sondaggi, voleva qualcuno che sostituisse Biden, voleva qualcuno che avesse soprattutto una qualità: essere più giovane. Ora che qualcuno di più giovane c’è – Harris ha 59 anni, 19 meno di Trump – i repubblicani devono cambiare tattica, devono fare un reset. Da un po’ Trump prova a trovare un nomignolo per l’avversaria, ma nessuno brilla, rispetto alle sue vecchie glorie del 2016, come “Liddle Marco” per il senatore Rubio o “Low-Energy Jeb”, per Jeb Bush. In ordine: “Crazy Kamala”, “Dangerously liberal Kamala”, “Laffin’ Kamala”, “Lyin’ Kamala Harris”, “Kamala Crash” e, l’ultimo, incomprensibile, “Kamabla”, che ha fatto partire speculazioni online sul suo misterioso significato. Trump, e ora anche il suo candidato vice, il senatore e bestsellerista millennial JD Vance, provano a dipingere Harris come una pazza, un’estremista di sinistra – lei che era la sceriffa della California. Criticano la sua risata sguaiata, ma anche questo attacco non sta funzionando, anzi. “La cosa che ci piace del lavoro duro, è che ci divertiamo a farlo”, ha detto Harris giovedì a un evento. I dem, di fronte alla rinnovata possibilità di battere Trump, si sentono gioiosi, dopo mesi passati a mostrare un finto entusiasmo per il vecchio Joe. Il candidato vice di Harris, il governatore Tim Walz, figura paterna e voce del midwest, ha detto che non permetterà ai trumpiani di rubare la gioia a questa nazione. “La nostra prossima presidente porta molta gioia. Emana gioia”. L’ottimismo del ticket democratico si scontra con il disfattismo del mondo Maga. A JD Vance  hanno chiesto: “Come mai sei sempre così serio? Perché non ridi mai? Cos’è che ti rende felice?”, e lui: “Rido per un sacco di cose, come per le domande stupide dei giornalisti”, facendo poi una risata robotica. L’unico nomignolo che per ora resta è quello di Tim Walz che ha detto qualche mese in tv: “dall’altra parte ci sono dei tipi davvero weird” strani.