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dopo le elezioni

Ora anche l'Onu dice che nel voto in Venezuela sono mancati gli elementi minimi di “trasparenza e integrità”

Maurizio Stefanini

Cresce la pressione internazionale su Maduro e nel paese aumentano proteste e repressioni. Porta (Pd): "La sinistra democratica sudamericana ha preso le distanze dal regime venezuelano, progressisti e democratici non possono che condannare un governo dittatoriale". Un altro cittadino italiano in pericolo

Ormai è l'Onu a certificare che il Consiglio nazionale elettorale (Cne) non ha rispettato le regole di “trasparenza e integrità” delle elezioni venezuelane del 28 luglio. Il segretariato generale ha inoltre sottolineato che l’assenza di risultati dettagliati non ha precedenti nella storia delle elezioni contemporanee in Venezuela. “Gli annunci dei risultati consistevano in comunicazioni orali senza supporto infografico. Il Cne non ha pubblicato alcun risultato (o risultati ripartiti per seggio elettorale) a sostegno dei suoi annunci orali, come previsto dal quadro giuridico elettorale”. Secondo l'analisi effettuata dagli esperti del panel, “un piccolo campione” di verbali pubblicati dall'opposizione presentava invece tutte le caratteristiche di sicurezza corrispondenti ai protocolli dei risultati originali. La risposta brutale del regime è un annuncio del presidente della Assemblea Nazionale Jorge Rodríguez che, tra un improperio contro il Centro Carter e uno contro l'Onu, fa sapere di una proposta di legge per proibire addirittura ogni futura osservazione internazionale delle elezioni.

 

La missione Onu per il Venezuela ha chiesto inoltre la fine della repressione e indagini approfondite, e con un comunicato ha denunciato che nelle proteste che ci sono state tra 28 luglio e 8 agosto si sono contati almeno 23 morti, di cui 13 sotto i 30 anni, e almeno 1.260 arresti. “Le proteste di strada, così come sui social network, nelle settimane successive alle elezioni, hanno aperto la strada a una feroce repressione da parte della macchina statale, diretta dalle sue massime autorità, creando un clima di paura diffuso”. L'Onu denuncia inoltre la non indipendenza della magistratura.

 

Anche la Corte penale internazionale, che monitora le denunce di violenza in Venezuela, ha lanciato un forte avvertimento al regime di Maduro. Il procuratore capo Karim Khan ha affermato di aver contattato la dittatura chavista “al più alto livello” per chiedere il rispetto dello stato di diritto dopo la frode elettorale e la protezione di tutte le persone dai crimini contro l'umanità.

 

Secondo Patricia Tappatá Valdez, una esperta in diritti umani argentina che è ricercatrice della missione Onu, la situazione “è difficile anche perché il clima di paura si diffonde mentre aumentano gli arresti. Nessuno si fida di nessuno e sospettano vicini o amici. La denuncia è promossa e incoraggiata affinché le persone libere o già detenute possano segnalare gli oppositori – o coloro che il governo percepisce come oppositori – o i cittadini che scelgono di esprimere il loro disaccordo con il governo o con i risultati elettorali del 28 luglio. Questo ricorda i tempi più bui di altri paesi. Inoltre, la detenzione di ragazzi e ragazze, tra i 13 e i 16 anni, alcuni con disabilità, è totalmente sproporzionata e viene effettuata senza rispetto delle norme minime per la protezione dei minori. Prima di queste ultime elezioni, stavamo indagando su casi gravi di sparizioni forzate e detenzioni arbitrarie di oppositori politici o di persone percepite dal governo come nemiche. Ma oggi, dopo che il governo ha annunciato i risultati elettorali, questi casi sono aumentati. Lo dimostrano l’arresto di Freddy Superlano, di altri dirigenti con responsabilità nella campagna elettorale o nell’organizzazione della coalizione di opposizione, e le minacce contro Edmundo González e María Corina Machado”.


Secondo questa denuncia, le persone non vengono detenute dopo che un giudice ha richiesto un mandato d’arresto avendo valutato le prove. Le forze di sicurezza, spesso senza identificazione, entrano invece nelle case delle famiglie e mostrano loro, ad esempio, un video in cui un membro di quella famiglia appare fare una protesta. Gli dicono che si tratta di “incitamento all'odio” e lo portano via senza che nessuno sappia dove. “L'impotenza e la disperazione si impadroniscono delle famiglie che non sanno se rivedranno la persona detenuta. Da lì inizia il pellegrinaggio dei parenti per cercare il luogo in cui sono detenuti”, ha notato ancora Patricia Tappatá Valdez. “La persona detenuta non può comunicare né con la famiglia né con un avvocato. Non è possibile sapere in quali condizioni si trovi, se abbia subito abusi o necessiti di cure mediche. Per dare l'apparenza di una formalità, le persone vengono presentate al giudice al termine del termine legale o al di fuori di esso, senza che i loro parenti o avvocati possano sapere quando e dove avrà luogo l'udienza. Si impone un difensore d'ufficio che talvolta agisce anche a distanza. In diverse occasioni le udienze si sono svolte di notte e nelle carceri”. Il procuratore generale Tarek William Saab ha già annunciato che coloro che protestano saranno accusati di “terrorismo”, “incitamento all'odio” o “cospirazione”, col rischio di condanne fino a 30 anni di carcere. Oltre un centinaio di minorenni sono accusati degli stessi gravi crimini degli adulti.

 

“Maduro vuole dividere i venezuelani come strategia per occultare la sua frode elettorale”, denuncia María Corina Machado. Ma si dice comunque convinta che sarà Edmundo González Urrutia a giurare come prossimo presidente il 25 gennaio 2025 e spiega che per lo stesso Maduro – pur “trincerato” con i leader militari – la migliore opzione è avviare un negoziato. Sabato per fare pressione ci sarà una grande manifestazione in più di 100 città di tutto il mondo.

 

Gli Stati Uniti intanto hanno smentito l'indiscrezione secondo cui avrebbero offerto a Maduro immunità se cede il potere, ma difendono il ruolo dell'Organizzazione degli stati americani come veicolo per risolvere la crisi. Puntano anche sulla mediazione dei tre presidenti di sinistra del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, del Messico Andrés Manuel López Obrador e della Colombia Gustavo Petro, al quale ultimo la Machado ha inviato un messaggio: “La Colombia sa che una transizione è conveniente per la regione”. C'è però un po' di perplessità per l'idea del consigliere di Lula, Celso Amorim, di ripetere le elezioni, visto che Maduro sembra incapace di far saltare fuori verbali alternativi a quelli della opposizione. Una ipotesi che l'opposizione respinge.

 

Sul fatto che il ruolo di una sinistra latino-americana e mondiale in passato spesso simpatetica per l'esperimento chavista può essere essenziale per sbloccare la situazione, fa al Foglio un commento Fabio Porta, deputato del Pd per l'America Meridionale. “La palese falsificazione delle elezioni, confermata da una istituzione indipendente come il Centro Carter, ha giustamente indotto leader sudamericani come Lula e Petro a esigere la consegna di tutti gli atti elettorali; la mancata presentazione di tale documentazione conferma quanto denunciato dal presidente del Cile all’indomani delle elezioni e cioè che 'la vittoria di Maduro non è credibile'. La sinistra democratica sudamericana ha preso le distanze dal regime venezuelano e tutti i sinceri progressisti e democratici non possono che condannare un governo dittatoriale, che perseguita e tortura i suoi oppositori, reprime da anni il movimento sindacale e beffeggia osservatori elettorali indipendenti come anche governi autorevoli come Colombia e Brasile. Pochi diedero importanza alcuni mesi fa alle parole di un altro dei grandi leader del movimento progressista latino-americano, l’ex presidente dell’Uruguay Muijica, che definì senza mezzi termini 'dittatoriale il regime di Maduro'; altre due icone della sinistra sudamericana, Estela Carlotto (esponente storica delle Abuelas di Plaza di Mayo) e Marina Silva (ministra dell’ambiente del Brasile) hanno fatto altrettanto pochi giorni fa. I socialisti e democratici europei non possono che essere a fianco dell’opposizione democratica al governo venezuelano, chiedendo il ripristino dello stato di diritto e il rispetto della reale volontà popolare”.

 

Sempre da Porta ci arriva anche la denuncia su un altro italiano in pericolo. “Da una settimana non si hanno notizie di Vicente Scarano, italo-venezuelano figlio di Enzo Scarano, già sindaco di Valencia e uno dei leader dell’opposizione dello Stato di Carabobo. Enzo era stato già arrestato alcuni anni fa ed ero intervenuto come parlamentare per la sua liberazione; adesso è la volta del figlio, sequestrato dai servizi segreti con evidenti obiettivi intimidatori e a rischio di tortura. Su tutti i casi di cittadini italiani la cui sparizione è associata a motivazione di carattere politico sto preparando una specifica interrogazione parlamentare, ovviamente comprensiva della segnalazione di ripetuti casi riguardanti cittadini comuni anch’essi vittima di minacce e intimidazioni”.

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