Filippo Grandi - foto Ansa

Cortocircuiti

Le "Grandi" idee dell'Unhcr sui migranti sono le stesse di Meloni (ahi!)

Luca Gambardella

L'Unhcr ha preso il controllo del monitoraggio dell'hotspot migranti in Albania, ma l'Alto rappresentante delle Nazioni Unite per i rifugiati Filippo Grandi sembra appoggiare le stesse pratiche di esternalizzazione che critica

Nel giorno in cui l’Unhcr ha annunciato che prenderà in gestione il monitoraggio dell’hotspot per migranti in Albania – per evitare “pratiche di esternalizzazione delle responsabilità” –, dalle colonne del Guardian l’Alto rappresentante delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi, strizza l’occhio a quelle stesse pratiche di esternalizzazione che giustamente contesta. Nel suo op-ed sul quotidiano britannico, dal titolo “I politici populisti non controlleranno mai l’immigrazione. Ecco alternative più umane “l’ossessione per il controllo delle frontiere” di alcune forze politiche, concentrate sul “costruire muri, respingere i migranti e i rifugiati in altri paesi”. Queste soluzioni, scrive, “sono solo un’illusione. Spesso vedo quante politiche spacciate per ‘la soluzione’ violino la legge e i diritti umani”. Ma se le premesse del contributo pubblicato sul quotidiano britannico sembrano inoppugnabili, le “soluzioni” proposte per gestire il fenomeno degli sbarchi finiscono incredibilmente per sovrapporsi alle agende di quei governi e partiti politici che l’Alto commissario definisce “populisti”.
 

Il punto più controverso che Grandi propone è quello di affidare la gestione di alcuni richiedenti asilo – in particolare quelli le cui domande risultano da subito essere “più fragili” – in “paesi terzi”, cioè al di fuori dell’Ue. “Da lì, le persone potrebbero essere rimandate indietro nei loro paesi di origine con più facilità, mentre gli altri riconosciuti come rifugiati sarebbero riammessi in Europa”. La proposta ignora però diversi aspetti, che poi sono i veri limiti per cui i cosiddetti “hotspot extraeuropei” non sono mai stati realizzati, nonostante gli annunci fatti dagli stessi governi populisti che Grandi dice di deplorare. Il primo è che ci sono le leggi, quelle che l’Alto rappresentante dell’Onu lamenta siano spesso “violate” con proposte politiche più spericolate che razionali. E la legge in questione è quella stabilita all’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, secondo cui è l’Ue ad assegnare “lo status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale”. Poi c’è il giudizio della Commissione europea, che sull’argomento si è espressa nel 2018: “L’unico modo per ottenere lo status di rifugiato al di fuori dell’Ue è il reinsediamento – aveva concluso Bruxelles – Consentire alle persone di ‘fare domanda’ di asilo al di fuori dell’Ue richiederebbe un’applicazione extraterritoriale del diritto dell’Ue che attualmente non è né possibile né auspicabile”. Ci sono poi altre domande che non trovano risposte nell’articolo di Grandi, come quelle su chi e con quali modalità dovrebbe gestire i rimpatri nei paesi di origine e poi su quale sorte attendersi per chi invece sarà costretto a restare in questi paesi di transito, in un limbo che ha già creato drammi umanitari di immani proporzioni in Tunisia e Libia, giusto per fare due esempi.
 

Quella degli hotspot in paesi terzi gestiti da organizzazioni internazionali è una sorta di compromesso fra l’impossibilità di adottare il modello britannico, che prevede di spedire i richiedenti asilo in Rwanda (bocciato dalla Corte europea dei diritti umani), e l’incapacità di gestire tutte le richieste d’asilo all’interno dell’Ue. Un compromesso peraltro già proposto dall’Unhcr nel 2003, quindi ripreso dai partiti sovranisti europei e rilanciato ora da Grandi. Ma che ha un altro, enorme limite: sono proprio gli stati terzi, in particolare quelli del Nord Africa, a rifiutarsi di ospitare questi “hotspot” sul loro territorio, sia che vengano gestiti da loro – dateci i soldi, rispondono solitamente Tunisia e Libia – sia che siano gestiti da organizzazioni internazionali – dateci ancora più soldi, replicano, perché questa è casa nostra e le regole le facciamo noi.
 

Il dato politico di questo abbaglio è che le proposte di Grandi finiscono per ricalcare gli annunci di governi che da anni predicano l’esternalizzazione delle frontiere. Il giorno del suo insediamento, la premier Giorgia Meloni ha ribadito in Parlamento la volontà del suo governo di creare “sui territori africani hotspot gestiti da organizzazioni internazionali dove poter vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto a essere accolto in Europa da chi quel diritto non ce l’ha”. Una tesi già più volte ripetuta in questi anni dalla presidente del Consiglio e che, accompagnata dalla vecchia (e irrealizzabile) idea del “blocco navale” completava il pacchetto di proposte meloniane, di chi sembra essere “ossessionato dal controllo delle frontiere”, per davvero.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.