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A Doha continuano i negoziati per il cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi israeliani
Per il secondo giorno prosegue l'incontro per una tregua tra Israele e Hamas: gli Stati Uniti dicono che sono stati fatti piccoli passi avanti. Chi negozia, di cosa si parla, quanto conta l'assenza di Hamas
Oggi continuano i negoziati a Doha per raggiungere un accordo che assicuri la liberazione degli ostaggi israeliani che sono in prigionia dal 7 ottobre e il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Il testo di partenza su cui si stanno concentrando i colloqui è la proposta resa pubblica da Joe Biden a fine maggio, già accettata dalla parte israeliana e rigettata da Hamas. L’accordo in tre fasi, di cui gli Stati Uniti, l’Egitto e il Qatar sono i garanti, è stato presentato a Doha come l’ultima occasione di raggiungere un’intesa e poco importa se a Doha Hamas ha insistito per non andare, non si è presentata, dando l’idea che la sua presenza fosse residuale.
La prima giornata di colloqui si è conclusa con dichiarazioni piene di ottimismo. La delegazione israeliana si è fermata a Doha, mentre gli altri mediatori hanno ricordato come l’accordo sia l’unico modo per migliorare le tensioni in medio oriente, fermare l’Iran dall’attacco promesso contro lo stato ebraico per vendicare l’uccisione del capo di Hamas, Ismail Haniyeh, eliminato a Teheran il 31 luglio, mentre dormiva in un edificio in cui vengono accolti gli ospiti d’onore del regime iraniano.
Chi negozia
A Doha sono arrivati il direttore della Cia, Bill Burns, il principale consigliere dell’Amministrazione Biden sul medio oriente, Brett McGurk, il direttore del Mossad, David Barnea, il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, e il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani.
I rappresentanti di Hamas non sono presenti ai colloqui, ma vengono informati dagli egiziani e dai qatarini, la loro assenza è di facciata. A Doha vivono molti leader del gruppo della Striscia, incluso Khaled Meshal, che ha sempre affiancato Haniyeh nei suoi viaggi e ne è stato il predecessore come capo dell’ufficio politico, e Khalil Hayya, un funzionario di Hamas molto vicino a Yahya Sinwar, che è stato nominato capo negoziatore proprio dai leader che rimane dentro alla Striscia. Hayya, rispetto a Meshal, esprime una linea dentro a Hamas molto vicina all’Iran.
Le dichiarazioni
In generale, alla chiusura del primo giorni di negoziati, tutti sono stati concordi nel dire che erano stati fatti dei passi avanti. Il portavoce della Casa Bianca, John Kirby, ha detto che secondo le informazioni di intelligence degli Stati Uniti, l’Iran non ha rinunciato all’attacco, è ancora in preparazione e potrebbe avvenire con poco preavviso.
Gli ostaggi
Prima di partire per Doha, Nitzan Allon, il generale israeliano a capo della delegazione di Tsahal a Doha, ha scritto un messaggio al premier Benjamin Netanyahu. Il messaggio è stato diffuso dalla stampa israeliana: “Le condizioni degli ostaggi peggiorano di continuo a causa dell’isolamento, igiene, mancanza di farmaci e la situazione sul campo sempre più complessa. Con il passare del tempo, gli ostaggi affrontano minacce significative, per questo è importante, durante i negoziati, dare peso agli effetti negativi del tempo sulle loro vite”. Gli ostaggi rimasti a Gaza sono 115, i morti sono circa 40.