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A scuola da Elon Musk: in Texas apre l'istituto per bambini ideato dal ceo di Tesla

Mario Leone

Quarantotto posti per bambini dai tre ai nove anni, nessuna differenza di età in classe e un programma incentrato sulle materie scientifiche e tecnologiche: ecco come funziona Ad Astra. Il magnate sogna una sorta di “Musk Valley”

Le iscrizioni scadranno il primo settembre e sono disponibili solo quarantotto posti per bambini dai tre ai nove anni. Siamo a Bastrop, cittadina di settemila anime, circondata dalla Lost Pines Forest, polmone verde che ossigena le torride estati texane. Qui sorge Ad Astra, la scuola fondata da Elon Musk per formare una generazione capace di “risolvere problemi, promuovendo curiosità, creatività e pensiero critico”, come si legge sul sito. Musk lavora a questo progetto dal 2014, quando decise di spostare i suoi cinque figli da una prestigiosa scuola privata di Los Angeles alla più confortevole sala conferenze di SpaceX, per imparare insieme con altri figli di dipendenti. “Cuore di papà”, attento all’educazione dei pargoli, il miliardario denunciò l’inefficacia dei curricoli “comuni” e immaginò un suo personalissimo percorso – “di gran lunga migliore” – che ora trova piena realizzazione nel nuovo progetto. In attesa del riconoscimento degli organi competenti, l’istituto fa capo alla fondazione di Musk nella quale “Mister X” ha investito cento milioni di dollari. L’idea prevede in futuro anche un’università, nell’ambito di un progetto più ampio che vuole trasformare tutta l’area in una sorta di “Musk Valley”. 

Ad Astra non impartirà lezioni di musica e lingue perché tutte queste attività in un futuro nemmeno troppo lontano saranno completamente svolte dai computer. Tutti i bambini seguiranno la stessa classe, senza distinzione d’età – “il bambino più piccolo guardando quello più grande cresce”, si legge nella presentazione – una sorta di catena di montaggio basata sull’apprendimento pratico. Una serie di progetti incoraggiano i discenti alla ricerca, incentrata principalmente sulle famigerate STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). I bambini saranno impegnati nella programmazione e ovviamente nella costruzione di robot lanciafiamme (il lanciafiamme è l’arma preferita da Musk, of course). Discuteranno tra loro di questioni reali, le problematiche più scottanti del mondo contemporaneo, per giungere a possibili soluzioni. Non si ha notizia della presenza di materie umanistiche – con tanti saluti a Papa Francesco che poche settimane fa ha ricordato l’importanza della letteratura nella formazione dell’individuo. Sul sito ci sono informazioni (molto vaghe) anche per studenti con particolari disturbi. Non mancano la sezione con le posizioni lavorative aperte e un form dove inserire la richiesta d’iscrizione. 

Musk non è il primo big a investire nella formazione di base. Prima di lui Mark Zuckerberg, Will Smith, il rapper Pitbull e Oprah Winfrey hanno creato scuole su personalissimi modelli educativi, lontani dai fondamenti pedagogici consolidati.  

Quello che accomuna queste iniziative è l’intuizione di fondo: se vuoi creare una mentalità, lavora sui bambini, formali, plasmali, crea in loro una idea di futuro che, quasi involontariamente, crescerà con il passare del tempo. L’aveva capito l’Eta nei durissimi anni del terrorismo in Spagna che oltre a un partito, ai mezzi di comunicazione e a una fitta rete di associazioni giovanili, immaginava un proprio sistema educativo: con trattamenti diversi, educazione e gioventù risultano essere gli ambiti chiave, rappresentando il modo più efficace di conservare e assicurare il futuro di qualunque ideologia. 

Non stupisce allora il tentativo di Musk perché simile, mutatis mutandis, a quello che gli stati solitamente pongono in essere da quando hanno cominciato a occuparsi di educazione e formazione: far crescere una persona in modo che diventi il più possibile corrispondente a un modello precostituito (il cittadino ideale, l’imprenditore, eccetera; magari, l’esponente della classe dirigente, come nella scuola gentiliana); conforme cioè a quanto viene reputato più opportuno per la società in un dato momento o secondo il pensiero politico di chi governa. Un prodotto standardizzato che non tiene conto delle esigenze vere della persona e della sua unicità. 
 

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