in russia
Giovanissimi, migranti e detenuti: chi sono i nuovi soldati di Putin
Bonus economici ed esenzioni giudiziarie: così l'armata russa intende gonfiarsi di ragazzi, indagati e condannati pronti a combattere, per rattoppare i buchi lasciati dalle perdite militari. Mentre le procure si ingolfano di processi contro chi cerca di scappare dalla leva
Mosca. Circa la metà dell’esercito regolare della Federazione russa è impegnata nell’ “operazione militare speciale” (Svo). È stato Vladimir Putin, il 14 giugno scorso, a rivelare che quasi 700mila uomini (su 1 milione e trecentomila) sarebbero dislocati al fronte in Ucraina. Un balzo in avanti rispetto ai 617mila del dicembre 2023 che confermerebbe il buon funzionamento del sistema di reclutamento volontario e l’inutilità di un’altra mobilitazione dopo quella che gettò nel panico il paese nel settembre 2022. A luglio, i dati forniti dalla difesa ucraina, invece, stimavano il contingente russo in poco più di mezzo milione di unità. Quale che sia il dato esatto, Mosca continua a subire ingenti perdite (gli Stati Uniti parlano di 350.000 morti tra i russi, le vittime accertate da media indipendenti sono comunque 120.000) e ha bisogno di rimpinguare i ranghi.
Ben prima dell’offensiva ucraina in territorio russo, i media di stato avevano intensificato gli annunci pubblicitari sull’arruolamento volontario, che, a maggio, pareva procedere al ritmo costante di 30.000 nuovi contratti al mese. Anche per le strade e all’ingresso di ogni esercizio commerciale si trovano da tempo manifesti che sponsorizzano il servizio militare. In quelli della capitale, la remunerazione ha iniziato ora a essere indicata con l’importo annuale e non mensile, in modo da dare risalto a una cifra più sostanziosa. Gli incentivi economici, del resto, sono appena stati appositamente ritoccati verso l’alto. Il presidente Putin, con decreto del 31 luglio, ha innalzato a 400mila rubli (4.000 euro€) il bonus da versare una tantum a chi si arruola entro fine anno. Si tratta di più del doppio della cifra precedente, che, senza considerare il salario, corrisponde a circa un terzo dello stipendio medio annuale russo. A ciò si aggiungono i pagamenti forfettari dei vari “soggetti” di cui è composta la Federazione. Stando a una classifica della versione russa della Bbc, la città-stato di Mosca sarebbe in testa in questo macabro federalismo del reclutamento con 1,9 milioni di rubli (20mila euro€), cifra record, che supera da sola il salario medio annuale della capitale.
Accanto agli incentivi monetari, vi sono i “salvacondotti” giudiziari. Chi intende partecipare alla Svo, infatti, viene esentato da responsabilità penale, misura che oggi vale per gli indagati (per cui viene pronunciata l’archiviazione) e per i condannati (che vengono generosamente scarcerati). Il 13 agosto la Corte suprema federale ha proposto al Parlamento, la Duma di stato, di concedere questa garanzia – una vera licenza di uccidere– anche agli imputati nella fase del dibattimento. Per il resto, le autorità sperano che proprio l’offensiva nelle regioni di Kursk e Belgorod di queste settimane possa spingere più uomini – ma le donne non sono escluse – ad arruolarsi. Non a caso, la Duma, il mese scorso, aveva cassato la proposta di legge del partito comunista sull’esenzione dal servizio militare dei padri con tre figli. In questi giorni, un deputato di Russia unita, Vitali Milonov, ha, invece, spronato gli sfollati da Kursk e Belgorod a non domandarsi quando la situazione tornerà alla normalità, ma a dimostrare di “essere uomini” e unirsi al più presto all’esercito. Stando a quanto dichiarato il 12 agosto da Putin in una delle riunioni di emergenza con intelligence e governatori locali, le richieste di arruolamento sarebbero, comunque, già state in aumento dopo nemmeno una settimana dall’attacco. Una valutazione ottimistica, che sembra sottovalutare la situazione nelle regioni di confine, dove l’incursione ucraina non solo continua, ma si estende, seppur gradualmente, di giorno in giorno.
Il reclutamento volontario, insomma, pare non bastare. E questo non solo perché chi ha stipulato un contratto, prima di essere inviato al fronte, rimane nell’unità di addestramento tra le due settimane e i tre mesi, a seconda della specialità. Ma anche perché, come chiarito dalla testata indipendente Mediazona, le statistiche giudiziarie mostrano che, nei primi sette mesi dell’anno, davanti ai tribunali militari risultano pendenti più procedimenti per renitenza alla leva o, meglio, per “abbandono non autorizzato dell’unità militare” (art. 337 c.p.) di quanti ne siano stati incardinati nell’intero 2023 (5204 casi contro 5096). Ecco allora che, per evitare di sottrarre uomini preziosi dai fronti di Donetsk e Zaporizhzhya, dove la Russia avanza, il ministero della Difesa non si fa scrupoli. Per arrestare l’attacco a Kursk, scavare trincee e innalzare fortificazioni, Mosca sta coinvolgendo perfino i giovanissimi che hanno iniziato la leva obbligatoria in primavera e il cui impiego in Ucraina è, in teoria, vietato prima che siano trascorsi almeno quattro mesi. Tra questi alcuni sarebbero stati costretti a firmare un contratto con il ministero per aggirare il divieto, altri – si parla di almeno 250 – sarebbero stati immediatamente catturati dalle Forze armate ucraine. Ma i cadetti non sono le sole vittime del sistema. Tra loro ci sono anche i neocittadini, gran parte dei quali originari dell’Asia centrale, che, una volta ottenuto il passaporto russo, sono tenuti a presentarsi immediatamente all’ufficio di registrazione per il servizio militare. Da qualche tempo la polizia, sulla base di una direttiva del ministero degli Interni, lancia raid a sorpresa nei quartieri in cui vivono o lavorano gli ex migranti per verificare l’adempimento di tale obbligo. Lo sforzo del regime per “tamponare” il fronte prosegue.