Foto Ap, via LaPresse

Negli Stati Uniti

Notti magiche al Trump Hotel di Chicago, aspettando Kamala alla Convention democratica 

Michele Masneri

Eccitazione, transenne e disorganizzazione: ieri è stato il giorno della kermesse dem. La città è stata attraversata da manifestazioni e la sede principale, l'Hyatt Hotel, era isolata e complicata da raggiungere. Com'è andata la serata che ha incoronato Harris come prossima candidata alla presidenza

Chicago, dal nostro inviato. Certo la disorganizzazione pare totale, e speriamo che non sia un banco di prova o avvisaglia dell’eventuale prossima amministrazione Harris. Chicago ieri ha celebrato il primo giorno della Convention democratica che incoronerà la prima donna nera forse presidente d’America, ma intanto sfidante, con un gioioso casino degno dell’organizzazione di un congresso di partito democristiano all’Ergife a Roma negli anni Ottanta. Il quartier generale del Partito, dei delegati, dei volontari, della stampa, insomma di tutti, è in un enorme e sperduto hotel Hyatt a sud, in mezzo a parchi, cavalcavia, casupole per gli studenti, mentre la convention vera e propria sta dall’altra parte della città, nel micidiale United Center, stadio dove giocano i Chicago Cubs. In mezzo sta la città che è percorsa e un poco attonita da cortei – pro Pal e contro tante altre cose - e taxi, Uber, e suvvoni di quelli con le targhe più strambe, da cui saltano giù personaggioni che ignoriamo ma saranno almeno dei deputati o sottosegretari o consiglieri regionali. Dei grossi bus fanno la spola col centro Hyatt, sopra “omioddio sono eccitatissimo”, fa un giovane giornalista a una evidente deputata, “eh anch’io”, dice la giovane deputata, mica tanto convinta. Il quartier generale del partito allo Hyatt è transennato e blindato e i bus che arrivano dal centro vengono deviati.
 

Noi giornalisti poracci ci si va a prendere gli accrediti, e per averli abbiamo ricevuto decine, centinaia di email terrorizzanti nei giorni scorsi. “Dovete stampare la mail mandata il 30 luglio alle ore 20,28 ora della Costa Est!, altrimenti i pass verranno stracciati”, mortacci. Si va lì con la stampata, ci si mette in fila ma poi ti dicono “attenda”, appunto come a Roma, poi ti spediscono di sopra e ti fanno passare una serie di metal detector e poi a prendere un altro accredito. Ma lì: “è qui per il caucus?” no, ma quale caucus, vorrei solo il pass. “Ah, ma allora è nell’altra sala”, e di nuovo metal detector. C’è anche una sezione per “creator”. Finalmente ti danno l’agognato pass, che non è uno ma tre, ognuno ti permette di accedere a certe zone e non alle altre, poi ce n’è uno che dice che hai passato i controlli e contiene  una stella, da sceriffo. Da quel momento, indossati i preziosi paramenti, sentendoci un po’ Roscoe P. Coltrane, chiunque ti chiederà informazioni, “Scusi dove va questo pullman?”, ci domandano infatti mentre saliamo su una navetta che porta tra mille deviazioni in centro città. E che ne sappiamo.
 

Gli americani non resistono, appena vedono una scritta, subito devono socializzare, come sanno i turisti italiani che magari comprano la maglia con scritto Harvard e poi si vedono abbracciare da degli sconosciuti che hanno fatto veramente quell’università. Però una volta giunti lì ecco  delegati e la variegata massa che affolla questo tipo di eventi – uno con gli stivaloni e i capelli argentati fino a terra, cappello da cowboy, forse è una rockstar, una ragazza con la maglia “Childless cat lady”, che fa il verso a quello che doveva essere un insulto da parte del wannabe vicepresidente della parte avversa, J.d. Vance, insomma gattara senza figli, e che invece è stato subito riconvertito a meme. Ci sono anche le immancabili magliette verdi “brat” con la scritta “vote” nel carattere simil-helvetica che si rifà alla moda di questa estate che risale alla cantante inglese Charlie XCX, la quale ha pubblicato un nuovo album intitolato proprio “Brat”. Che in inglese significa più o meno “monella” ed è un termine  subito memizzato e incorporato nella campagna di Harris. Tanti funzionarietti in braghe corte di completi blu su sneaker rosse. C’è la saletta del merchandising ufficiale, ma non è un granché, adesivo Kamala 2 dollari, maglietta con lei nel ritratto simil-Obama, 65, va bene l’inflazione, però…
 

Obama parlerà oggi, facendo un po’ gli onori di casa perché questa è la sua città dopotutto. La scelta non è stata casuale: Chicago è una delle città simbolo dei Democratici e una delle più malviste dai Repubblicani. Secondo “The Donald” la città sul lago Michigan è “peggio dell’Afghanistan” perché storicamente ha un alto tasso di reati; a proposito, nel mezzo della città, sul fiume dove scorrono i battelli che fanno le visite guidate starnazzando negli altoparlanti sorge la Trump Tower, e non resistiamo a farci un giro dentro. La Trump International tower di Chicago è una summa del trumpismo e anche un po’ della jella. Nelle intenzioni dell’Arancione doveva essere il grattacielo più alto del mondo, ma poi mentre lo stavano costruendo è scoppiato l’11 settembre e l’hanno fatto più piccolo (adesso è pur il secondo più alto degli Stati Uniti, e un bel cartello di fronte sta lì a dircelo).
 

Intanto degli addetti stanno mettendo nuove transenne. Due signore: scusi, lei è della polizia stradale? (hanno visto la stella da sceriffo). Rimangono delusissime. Cerco di entrare al Trump Hotel, non è difficile, forse ho l’aria da repubblicano, ma poi basta fingersi clienti, e i clienti veri hanno un’aria circospetta, colpevole o forse solo assonnata. Forse nelle loro stanze sono stati disturbati la notte prima dalle proiezioni che alcuni burloni hanno sparato dai palazzi vicini. Infatti sul palazzone hanno proiettato scritte cubitali, “Harris-Walz, joy and hope”, gioia e speranza, e “Trump-Vance ‘Weird as Hell’”. Nei paraggi i repubblicani tentano di fare campagna elettorale un po’ weird – i senatori Ron Johnson del Wisconsin e Rick Scott della Florida si son messi a fare una conferenza stampa improvvisata, issando cartelli che denunciano il caroprezzi  sugli alimentari nell’èra Biden (vabbè). L’ultima recensione del Trump hotel è entusiastica, di un tizio che ha condotto qui la morosa per farle la proposta, dice che è stato fantastico, il personale è stato molto collaborativo. Intanto nelle stanze d’hotel chissà che succede in questi giorni. Di solito si fa anche molto sesso, si ricorda la convention  del 1988 ad Atlanta dove l’attore Rob Lowe fu beccato con due tizie dopo una festa organizzata dal boss della Cnn Ted Turner; l’app di incontri gay Grindr pare sia andata in crash alla convention invece repubblicana di Milwaukee il mese scorso. Secondo la Abc storicamente le escort praticano tariffe preferenziali durante queste kermesse politiche. Innovativo invece il gruppo Planned Parenthood, che per eventuali congressisti che non si volessero lasciare dietro impegnativi ricordi, offre vasectomie gratis. Una scelta un po’ definitiva, ma anche politica, per protestare contro le restrizioni sull’aborto. E siamo solo al primo giorno

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).