L'editoriale del direttore
Goldman Sachs e Ice spiegano i danni economici di Trump
La vittoria di Trump causa l’indebolimento delle democrazie, ma anche dell’economia europea e italiana. Due studi lo dimostrano. Consigli di lettura a Salvini e alle folli cheerleader del trumpismo
C’è un complotto che riguarda l’Italia più interessante rispetto a quello giudiziario evocato in questi giorni dagli amici di Giorgia Meloni ed è un complotto al centro del quale si trova il governo, ma in una dimensione diversa rispetto a quella che ci si potrebbe immaginare. Questa volta, per il momento, non c’entra la giustizia ma c’entra la politica estera, la politica internazionale, la politica americana. Il complotto in questione potrebbe essere sintetizzato con uno slogan semplice: prima, dopo gli italiani. Ci sono tante ragioni per cui si potrebbe criticare con forza chi, nel centrodestra italiano, ha manifestato in questi mesi un amore acritico nei confronti di Donald Trump. Gli si potrebbe dire, a questi soggetti politici, che fare del trumpismo la propria bussola, il proprio orizzonte ideale, la propria bandiera identitaria, significa mostrare disprezzo per tutto ciò che l’Italia difende in Europa, compresa l’Ucraina, e significa d’altro canto mostrare amore verso tutto ciò che ogni giorno corrode la democrazia liberale, a partire dalla cultura tossica del complottismo estremista.
Ci sono tante ragioni per cui si potrebbe contestare, a chi in Italia si muove come se fosse una cheerleader del trumpismo, la scelleratezza di essere trumpiani, la scelleratezza di tifare per un candidato alla presidenza degli Stati Uniti che non ha ancora riconosciuto la sconfitta di quattro anni fa, che ha fatto di tutto per legittimare chi ha provato nel gennaio del 2021 a ribaltare il risultato elettorale, che sogna di indebolire l’Europa, che sogna di scendere a patti con i leader autoritari, che sogna di allontanare gli Stati Uniti dal loro ruolo di garanti della libertà nel mondo. Ci sarebbero molte ragioni per dubitare della lucidità politica di chi, da europeo, spera realisticamente che Trump possa tornare a guidare il disordine mondiale, ma per chi vive in Italia, per chi fa politica in Italia, per chi dovrebbe avere a cuore, come suggerisce d’altronde il tradizionale lessico populista, il pensare prima agli italiani, essere cheerleader del trumpismo non è solo un clamoroso problema politico ma è anche un clamoroso controsenso economico. È, per restare sul tema, un incredibile autocomplotto contro l’Italia. Dire prima gli italiani e tifare Trump non è solo una sciocchezza ma è una contraddizione senza alcuna logica. Salvini forse non avrà il tempo ma gli suggeriamo, per capire l’assurdità, la pericolosità e la scelleratezza della sua posizione, di leggersi due dossier interessanti che riguardano il paese di cui è vicepresidente del Consiglio. Il primo dossier è firmato da Goldman Sachs. Il secondo dossier è firmato dall’Ice. Il report di Goldman Sachs dice quanto segue: “La potenziale rielezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti rappresenta una minaccia significativa per l’economia dell’Eurozona, con gli economisti che mettono in guardia da un possibile colpo da 150 miliardi di euro, pari a circa l’1 per cento del prodotto interno lordo della regione. Questo impatto deriva dalle previste ripercussioni negative sul commercio e dall’aumento delle spese per la difesa”.
In sostanza, con un arrivo di Trump al potere, secondo Goldman Sachs le possibilità che lo scenario si realizzi sono del 70 per cento, l’Europa sarebbe un po’ più povera economicamente, sarebbe più fragile dal punto di vista commerciale e dovrebbe trovare un modo per fare quello che Salvini ha chiesto di non fare: aumentare le spese per la difesa, a causa del disimpegno possibile che l’America trumpiana potrebbe mettere in campo nel difendere l’Europa dalla minaccia putiniana. Sostenere Trump significa rafforzare i nemici dell’Europa. Sostenere Trump significa esporre l’economia europea a nuove intemperie. Sostenere Trump significa rendere il tessuto commerciale del nostro continente più fragile, più debole, più vulnerabile. Prima gli anti europei, poi gli italiani. Il secondo dossier di cui consigliamo vivamente la lettura al ministro Salvini è quello prodotto lo scorso 15 luglio dall’Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. L’Ice segnala che “l’export italiano nel 2023 è rimasto stabile rispetto al 2022, a quota 626 miliardi di euro”, dice che è cresciuto del +30,4 per cento rispetto al 2019 e di oltre il 60 per cento dal 2012 a oggi, aggiunge che l’Italia è salita al 6° posto tra i principali esportatori mondiali di merci. Ma dice soprattutto una verità che il ministro Salvini dovrebbe considerare: se un paese come l’Italia, che vive principalmente di export, che pesa sul pil intorno al 29 per cento, entra in una spirale fatta di chiusure, di dazi, di protezionismo, quel paese finisce nei guai. Sentite cosa scrive l’Ice: “Gli strumenti restrittivi, come i dazi, implicano costi maggiori per le imprese che intendono espandersi sui mercati esteri”. E ancora: “Nei fatti, molte volte i dazi applicati non vengono più eliminati, come si evince dalla crescita dello stock di queste misure”.
E infine: “Più in generale, il rischio principale di arretramento della globalizzazione appare legato alle spinte alla frammentazione degli scambi, che hanno cominciato a manifestarsi già negli anni che hanno preceduto la crisi pandemica (per esempio con la Brexit) e che sono state alimentate dall’adozione di un numero crescente di restrizioni al commercio”. E ancora: “Il permanere di tensioni e l’apertura di nuovi fronti (come potrebbe avvenire nel caso di una nuova presidenza Trump negli Stati Uniti d’America) potrebbero contribuire ad accentuare ulteriormente questo trend nei prossimi anni”. E poi: “Il quadro di incertezza potrebbe accentuarsi nell’ipotesi di una rielezione di Trump”. E da dove viene invece il benessere per la nostra economia? Facile. Così sempre l’Ice: “Pur essendo state introdotte varie misure di liberalizzazione, nel 2023 lo stock delle restrizioni sugli scambi e sugli investimenti internazionali è salito ulteriormente, con il rischio di alimentare pressioni inflazionistiche, a detrimento del potere di acquisto dei consumatori e della competitività delle imprese manifatturiere che importano input produttivi. Grazie ai numerosi accordi commerciali che sono stati conclusi a livello multilaterale, regionale e bilaterale, dalla metà degli anni Novanta le tariffe doganali hanno registrato una progressiva diminuzione: dazi relativamente bassi sono stati applicati soprattutto alle importazioni di beni strumentali e di beni intermedi, per non penalizzare la competitività delle imprese importatrici”. Quello che le cheerleader italiane del trumpismo non capiscono quando parlano del loro eroe è che il trumpismo non è solo una tossina che entra all’interno della democrazia liberale ma è anche un virus pericoloso che può indebolire l’economia europea e in particolare quella dei paesi esportatori come l’Italia. È una follia. Una pazzia. Un autocomplotto. E non bisogna necessariamente essere dei tifosi di Kamala per capire che i follower italiani di The Donald quando tifano per il loro beniamino non stanno facendo altro che intonare un inno che suona più o meno così: prima Trump, dopo gli italiani. Forse vale la pena pensarci su.