Il caso
Il rapper danese che si è ritrovato in Donbas e il decreto salva valori tradizionali di Putin
Niklas Hoffgaard si sarebbe trasferito in Russia per fuggire "dalla decadenza dei valori occidentali" nell'estate del 2023, per poi ritrovarsi, a gennaio, nelle zone di guerra in Ucraina: alla base del fato c'è la legge sulla richiesta di cittadinanza
Mosca. Appena due giorni fa il Vladimir Putin pubblicava il suo ukaz sulla concessione del permesso di residenza temporanea per coloro che in occidente rifiutino le imposizioni ideologiche della cultura neoliberale. Un permesso temporaneo che la Federazione russa rilascerà a prescindere che l’interessato conosca la lingua russa o le basi della legislazione del paese. L’obiettivo di tale tipologia di permesso parrebbe proprio quello di evitare casi analoghi a quello di Niklas Hoffgaard. Il trentatreenne, un ex rapper danese, meglio noto con il nome d’arte di Stanley Most, si sarebbe trasferito in Russia per fuggire dalla decadenza dei valori occidentali nell’estate del 2023, ma è rimasto incastrato in una vicenda a dir poco grottesca, raccontata ieri dalla testata Mediazona. Del tutto digiuno della lingua di Pushkin, il malcapitato, che si limitava a manifestare simpatie per il presidente russo, era riuscito a ottenere una prima volta la residenza temporanea (fino al 19 ottobre), ma quando si è trattato di rinnovare la carta di soggiorno, non avendo un lavoro stabile, a Hoffgaard è stato consigliato di stipulare un contratto annuale con il Ministero della Difesa in modo da ottenere direttamente la cittadinanza (un’altra agevolazione prevista dal decreto n. 10/2024 di Putin).
Sulla base di quanto riferito dal suo avvocato all’agenzia russa RBC, nel sottoscriverlo, il rapper sperava, però, di avere anche la libertà di scegliere (un valore – avrebbe dovuto sospettare – chiaramente decadente!) la sede della propria dislocazione. Le cose sono andate diversamente, perché il contratto riguardava soltanto la zona dell’operazione militare speciale. Nel gennaio 2024 è così stato spedito prima a Rostov sul Don e poi a Luhansk in un’unità militare incaricata di lanciare droni contro obiettivi ucraini. Come nelle migliori commedie di Gogol’, Hoffgaard non si è soltanto ritrovato nel bel mezzo del conflitto, ma è stato per giunta fatto oggetto del peggiore nonnismo da parte dei compagni d’arme che lo picchiavano, lo costringevano a bere vodka e lo accusavano di essere una spia americana. Come se non bastasse, proprio mentre si trovava in Donbas, il suo permesso di soggiorno, per cui tanto era preoccupato, è stato in realtà rinnovato.
Esausto per le continue angherie, Hoffgaard ha, finalmente, deciso di rivolgersi a un avvocato e chiedere che il contratto fosse annullato. In primo grado il tribunale militare non gli ha dato retta, ma ieri, in appello, Hoffgaard è finalmente riuscito a liberarsi da ogni vincolo. Il giudice del distretto militare occidentale ha dichiarato nullo il contratto perché il giovane non ne avrebbe compreso il contenuto, dal momento che non parla correntemente il russo. Tutto bene quel che finisce bene? Neanche per sogno perché, all’esito di questa vicendaa, l’ex musicista rischia pur sempre un processo in Danimarca per mercenarismo. Se non nella cittadinanza russa, gli toccherà sperare almeno nel nuovo permesso graziosamente concesso da Putin.
Isteria migratoria