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Quanto può essere brat l'estate russa? Ricognizione

Micol Flammini

Esempi e crucci del tormentone americano reiterpretato in Russia, in cui la parola ha un significato preciso. Meme, riferimenti storici e un film 

Per quanto Vladimir Putin tiri la Russia via dall’occidente, non riesce proprio a spogliare i russi delle loro curiosità occidentali. Può provare a tappare gli occhi, le orecchie, a chiudere o rallentare internet, ma il richiamo rimane. All’epoca sovietica potevano essere i jeans, poi arrivati a caro prezzo, oppure la Coca Cola, che poi giunse scolorita. Oggi non ci sono simboli del mercato a dividere gli Stati Uniti e la Russia, ma ci sono riferimenti culturali che, approdati a Mosca, si trasformano, assumono un senso nuovo. E’ successo anche alla parola d’ordine della campagna elettorale di Kamala Harris, non freedom (libertà), ma al suo richiamo pop: brat (monella, ragazzaccia), nato dalla canzone della popstar britannica Charli XCX e affibbiato dalla stessa cantante alla candidata democratica. Kamala è brat, ha scritto Charli XCX su X. “Brat” in russo ha un suo significato: vuol dire fratello, e nel gergo si usa anche come una sorta di “bro”. I russi, tra le sanzioni, la guerra contro l’Ucraina, l’incursione dei soldati di Kyiv dentro alla regione russa di Kursk,  hanno voluto dare un senso anche loro a quella che viene chiamata la brat summer, che ha un colore specifico: il verde acido della copertina del disco della cantante. I russi hanno iniziato a cercare cosa ci fosse di brat nella loro cultura, un verde che più che acido viene definito “melma”: l’insegna di un supermercato, il fazzoletto in testa a una signora anziana di campagna che più babushka non si può, la copertina dei “Fratelli Karamazov”, la custodia dei documenti in cui a volte vengono raccolti i faldoni di indagini penali, i cetrioli, la scritta “apteka” che indica una farmacia. Qualche giorno fa, l’oppositore in esilio Ilja Yashin – liberato da una colonia penale durante lo scambio di prigionieri in cui Mosca ha riavuto indietro sicari e spie scambiandoli per cittadini americani detenuti con false accuse di spionaggio e prigionieri politici russi – ha pubblicato su X un post in cui raccontava la storia del suo distintivo da carcerario verde acido e mostrandone una foto. Una ragazza sotto ha commentato: “Brat summer”. Se Kamala è brat, chi abbiamo noi di brat?, si sono chiesti alcuni russi. Il Moscow Times ha notato che qualcuno si è sbizzarrito: “Leonid Breznev è brat?”, ha chiesto un russo pubblicando la foto del leader sovietico vecchio e accigliato. “Brat” però è soprattutto il titolo di un film culto della fine degli anni Novanta, una storia di violenze russe, regolamenti di conti, fratelli e uccisioni. 
Nessuno sembra essersi chiesto: ma quanto è brat l’offensiva ucraina nel Kursk? 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)