est contro ovest
In Libia lo scontro di potere blocca greggio e banche. Eni in allerta
Haftar chiude i pozzi di petrolio e il Brent schizza in su. La Banca centrale non riesce a emettere lettere di credito e la compagnia italiana dice che sta monitorando per "garantire la continuità delle attività”
Da ieri i due centri nevralgici del potere economico della Libia, i pozzi di petrolio e le banche, sono quasi fermi. Il primo ministro del governo dell’est, Osama Hamad, ha annunciato il blocco alla produzione e all’esportazione di greggio in tutto il paese. Hamad risponde al generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, e non è riconosciuto dalla comunità internazionale. Il blocco dell’estrazione è una pratica consueta in Libia, ma negli ultimi tempi era stata uno strumento di pressione usato per migliorare le condizioni di lavoro o per aumentare gli investimenti. Stavolta la situazione è diversa, perché le ragioni sono politiche e potrebbe durare più a lungo.
L’annuncio di Hamad è una ritorsione per il tentativo del premier rivale di Tripoli, Abdelhamid Dabaiba, di prendere il controllo della Banca centrale spodestando il governatore Siddiq Kabir. Domenica, il nuovo board ha preso il controllo dell’istituto, ma Kabir e il governo dell’est contestano il cambio al vertice imposto da Dabaiba. Il risultato di questa situazione caotica è che da ieri il nuovo direttore ad interim nominato dal Consiglio presidenziale, Abdel Fattah Abdel Ghaffar, ha occupato l’istituzione più importante del paese senza avere legittimazione nazionale e internazionale e soprattutto senza l’autorità di esercitare alcun potere. “Non permetteremo a nessuno di prendere il controllo della Banca centrale senza seguire le giuste procedure”, ha minacciato Haftar. Laddove per “giuste procedure” il generale intende un accordo sottobanco che risponda anche ai suoi interessi. Nell’ultimo anno, Kabir era stato molto generoso nell’elargire denaro a Haftar a scapito di Dabaiba, accusato dal governatore di corruzione.
Ora, a causa della contesa, i servizi essenziali della Banca centrale sono stati sospesi e l’istituto non ha accesso nemmeno al sistema di pagamenti internazionali Swift. Molte banche commerciali hanno sospeso i prelievi ai bancomat e i servizi di e-commerce. In sostanza, la Banca centrale libica a oggi è incapace di emettere lettere di credito e di intascare il denaro derivante dalla vendita del petrolio, che è gestito dalla Banca estera libica, che a sua volta dipende dall’istituto centrale di Tripoli. Le conseguenze potrebbero essere molto gravi in primo luogo per i libici, a corto di liquidità e degli strumenti per gestirla.
Dopo due anni di sostanziale stabilità nel settore, adesso circa un milione di barili di petrolio è ostaggio della crisi. Subito dopo il blocco annunciato ieri, il Brent ha fatto un balzo del 3 per cento, assestando il prezzo al barile a oltre 81 dollari. Secondo gli esperti del mercato, il blocco petrolifero libico, accompagnato dalla guerra in medio oriente, potrebbe portare ad aumenti ulteriori. Per l’Europa, e soprattutto per l’Italia che è il primo importatore del greggio libico, i danni sarebbero notevoli. Tutti insieme, il nostro paese, Spagna, Grecia e Francia beneficiano di oltre il 50 per cento del greggio esportato dalla Libia. Alcuni impianti di estrazione, come quello di Sirte e quello di Waha, hanno già confermato di avere ridotto la produzione di petrolio.
La National Oil Corporation (Noc), la compagnia di stato che gestisce il settore petrolifero, non ha confermato ufficialmente il blocco ma il suo amministratore delegato, Farhat Bengdara, è considerato molto vicino a Haftar e non risponde sempre a logiche di mercato. Lo conferma anche il fatto che il blocco petrolifero sia stato annunciato dal governo dell’est invece che dalla Noc, in teoria l’unica titolare a farlo, peraltro adducendo “cause di forza maggiore”, una motivazione che solitamente ha ragioni tecniche che in tal caso non sussistono. Due settimane fa, Haftar aveva fatto chiudere anche il più grande giacimento del paese, quello di Sharara, e con il blocco generale, secondo Reuters, resterebbe operativo solamente il giacimento di el Feel, gestito dalla Mellitah Oil & Gas, partecipata al 50 per cento da Eni. “Per quanto riguarda le attività nella parte orientale stiamo monitorando e gestendo la situazione col principale obiettivo di garantire la continuità delle attività in sicurezza”, ha detto l’azienda al Foglio. Il congelamento delle attività estrattive e di quelle creditizie in Libia potrebbe essere un problema non secondario per la compagnia italiana.