Il familismo amorale che servirebbe a Macron

Giuliano Ferrara

Ottenuto il ridimensionamento delle ambizioni lepeniste e salvato un gruppone centrista, il presidente francese deve designare un primo ministro, tutelare la governabilità con una scelta che abbia qualche possibilità di produrre una maggioranza anche stralunata e precaria, ma non sa che pesci pigliare. Per ora rinvia e consulta. Il modello Italia

Il blocco della politica in Francia è di evidenza palmare. Le urne del 7 luglio hanno dato tre aree politiche incompatibili tra loro, rigide (con un minimo elemento di flessibilità al centro e in parte della sinistra, ma insufficiente a produrre un governo di centrosinistra, formula sconosciuta nel paese della droite e della gauche, e del macronismo ni de droite ni de gauche). De Gaulle ha fatto una Quinta Repubblica per abolire il trasformismo dei partiti, facendo del presidente l’arbitro indiscusso in nome del popolo e dell’unità nazionale, e la legge elettorale maggioritaria a doppio turno ha fatto il resto. Macron ha convocato le elezioni politiche di luglio per una chiarificazione, ha detto, ovvero per impedire al partito lepenista, che aveva vinto alle europee, di brigare rampante perla presidenza fra tre anni e dominare il Parlamento nel frattempo, pesando come una spada di Damocle su ogni scelta. Ora, ottenuto il ridimensionamento delle ambizioni lepeniste e salvato un gruppone centrista, deve designare un primo ministro, tutelare la governabilità con una scelta che abbia qualche possibilità di produrre una maggioranza anche stralunata e precaria, ma letteralmente non sa che pesci pigliare, dunque rigetta ultimatum minoritari del Nuovo fronte popolare, rinvia e consulta


Il governo Attal, dimissionario e in carica per gli affari correnti, è stato balnearizzato con l’aiuto delle Olimpiadi, ma c’è un bilancio dello stato da fare e una qualche rotta da ristabilire e non si vede come, visti i veti reciproci.
       

L’Italia, con un sistema diverso e una cultura politica radicalmente differente, trasformista nell’anima, ha integrato tutto, il Pci, il secessionismo leghista, il berlusconismo, il fenomeno grillino, le destre unite e guidate dagli ex missini riformati. Il familismo amorale degli italiani ha prodotto fasi diverse e a volte periclitanti di stabilità politica, e soluzioni per ogni problema, mentre le famiglie ideologico-politiche francesi, sfidate al cambiamento da un presidente liberale rigettato e combattuto ferocemente, che dopo due presidenti da un solo mandato (Sarkozy e Hollande) è riuscito a farsi rieleggere contro la minaccia lepenista, sono per adesso in un catino parlamentare dell’impotenza. Noi abbiamo escogitato formule che hanno fatto scuola, come i governi Monti e Draghi, e il nostro presidente senza poteri ha esercitato un potere notevole, i francesi sono, a quanto si vocifera all’Eliseo, forse alla ricerca di un prefetto che sia con modestia l’imitazione dei nostri strategici “governi del presidente” di unità nazionale, organi flessibili di transizione politica dall’instabilità sorvegliata alla stabilità controllata.

  
Eppure abbiamo sempre invidiato l’efficienza bestiale delle istituzioni della Quinta, noi che eravamo alle prese con la fine traumatica della Prima e la nascita evanescente di una presunta Seconda Repubblica. Non si contano i politici, gli esperti, i falsi esperti (quorum ego), i costituzionalisti e i politologi che hanno scommesso, e ancora le riforme in cantiere alludono surrettiziamente a quel modello, su una Grande Riforma fatta di presidenzialismi, elezioni dirette, doppi turni maggioritari e altre bellurie ora sottoposte allo scacco della politica. Contano invece le culture, che sono più forti di ogni istituzione.


Finché gollismo e gauche regnavano in Francia, perfino le coabitazioni non facevano problema oltre misura. Dissolti l’uno e l’altra da un esperimento liberale ambizioso, che puntava a una riforma di livello europeo delle istituzioni dell’Unione, all’aggancio politico della Germania riunificata con l’impegno di Maastricht e il sacrificio del Deutsche Mark, alla modernizzazione di un sistema statalista pieno di buchi, fra cui le pensioni, tutto si è bloccato. Da noi l’impianto democristiano di base, tra centrismo e centrosinistra, e poi l’integrazione del Pci e del Pd, i governi tecnici, fino alla vittoria elettorale del centrodestra, ha reso flessibili le istituzioni. E la nave (del familismo amorale) va. 

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.