Il ritardo europeo
L'Ue torna a parlare di Ucraina dopo l'estate. La prima sfida
Kyiv avanza, l’Unione europea resta immobile: la macchina brussellese riparte da dove era rimasta
Bruxelles. Durante la pausa estiva dell’Ue, l’Ucraina ha lanciato con successo la sua offensiva nel Kursk, mentre la Russia ha proseguito la sua lenta manovra per cercare di completare la presa del Donbas, prima di riprendere a bersagliare le infrastrutture civili con l’attacco più vasto di sempre lanciato lunedì. Gli unici che sono rimasti immobili in questo mese sono i ministri degli Esteri dell’Ue. Quando i ventisette capi della diplomazia si incontreranno domani a Bruxelles – seguiti il giorno dopo dai ministri della Difesa – ripartiranno da dove erano rimasti: i veti dell’Ungheria che paralizzano l’Ue, le esitazioni sulle forniture di armi all’Ucraina e i dibattiti su come trovare soldi per aiutare Kyiv.
L’offensiva dell’Ucraina nel Kursk avrebbe dovuto risollevare il morale degli europei, almeno tanto quanto quello degli ucraini. Colti di sorpresa, hanno riscoperto – come dopo la cacciata dei russi dai sobborghi di Kyiv, da Sumy, da Kherson e da Kharkiv – che l’esercito russo non è imbattibile e che quello ucraino è in grado di operare in modo efficace grazie alle armi fornite dagli occidentali. Ma a parte alcuni paesi dell’est – nella Giornata dell’indipendenza il presidente polacco, Andrzej Duda, e la premier lituana, Ingrida Simonyte, hanno fatto il viaggio a Kyiv – gli altri stati membri sono tutti distratti, disinteressati o timorati per la possibile reazione della Russia all’invasione del suo territorio. Kursk o non Kursk, gli europei avrebbero dovuto preparare alcune decisioni per consentire all’Ucraina di difendersi meglio e rafforzare la sua posizione in caso di negoziati. Invece, il presidente Volodymyr Zelensky continua a dover lanciare appelli – l’ultimo lunedì dopo l’attacco con oltre 200 missili e droni – per chiedere di mantenere la parola sulle forniture militari, i sistemi di difesa aerea e la fine delle limitazioni alle armi per colpire più in profondità la Russia.
Questi dovrebbero essere i temi discussi dai ministri degli Esteri dell’Ue domani e da quelli della Difesa venerdì. “Revocare le restrizioni all’uso di capacità contro l’esercito russo coinvolto nell’aggressione contro l’Ucraina, in linea con il diritto internazionale, rafforzerebbe l’autodifesa dell’Ucraina, salverebbe vite e ridurrebbe la distruzione”, ha detto l’Alto rappresentante, Josep Borrell lunedì: “L’Ucraina ha bisogno di difesa area subito”. A luglio, al vertice della Nato, gli alleati avevano garantito la fornitura di quattro batterie di Patriot e di un sistema Samp-T all’Ucraina. Ma, come in passato, le promesse si concretizzano con grande ritardo. Zelensky ha anche chiesto agli alleati di partecipare con i loro F-16 alla difesa dei cieli ucraini contribuendo ad abbattere da oltreconfine i missili e i droni russi. Il presidente ucraino ha ricordato che nel caso di Israele ha funzionato contro l’attacco di aprile dell’Iran. Già allora Zelensky aveva lanciato una proposta in questo senso. Ma, come nella scorsa primavera, il suo appello cadrà nel vuoto. Le paure di diversi paesi europei sono troppo forti. Alcuni stati membri – tra cui l’Italia – si oppongono anche alla possibilità, evocata da Borrell in un documento trasmesso alle capitali, di inviare degli addestratori nell’ambito della missione di supporto militare all’Ucraina (Eunam) dell’Ue. Troppo alto il pericolo che la Russia reagisca dichiarando i paesi europei cobelligeranti o che gli addestratori siano colpiti da un attacco aereo.
La riunione informale di domani doveva tenersi a Budapest, con il tradizionale Gymnich sotto la presidenza di turno, che spetta all’Ungheria. Ma, dopo gli incontri di Viktor Orbán con Vladimir Putin e Donald Trump, Borrell ha deciso di convocarla a Bruxelles. I ministri degli Esteri sperano di convincere l’Ungheria a togliere una serie di veti che paralizzano l’azione dell’Ue. Da febbraio Orbán sta bloccando un pacchetto da quasi 7 miliardi di euro legato alle forniture di armi all’Ucraina, di cui circa 5 miliardi per quest’anno. Le possibilità sono basse. Le tensioni con Budapest sono aumentate da quando l’Ucraina ha bloccato il transito di petrolio della Lukoil verso l’Ungheria. Ma Orbán rischia anche di diventare una facile scusa per altri leader che hanno altro a cui pensare. Da quando ha provocato una crisi politica in Francia con la decisione di andare a elezioni anticipate, Emmanuel Macron ha smesso di occuparsi di Ucraina. Il governo di Olaf Scholz ha annunciato che dimezzerà i suoi aiuti militari bilaterali nel 2025. “E’ molto preoccupante”, ha riconosciuto Borrell.