l'editoriale dell'elefantino
Il libro di Ilario Martella sull'attentato a Wojtyla e l'unica tesi plausibile sul caso Orlandi
I complotti falsi non finiscono mai e sono sempre in bocca a tutti, quelli veri hanno un itinerario relativamente tracciabile e meticolosamente scancellato a ogni costo
Dei complotti finti si può parlare all’infinito. Di quelli veri, rari ma importanti per capire il mondo contemporaneo, non si può parlare mai, specie se ci sia di mezzo la famosa Ragion di stato. L’ex giudice istruttore di Roma, Ilario Martella, pubblica in un libro una documentazione che riguarda qualcosa di importante affidata ormai alla memoria dei vecchi: il complotto contro Giovanni Paolo II, oggetto di un attentato nel maggio del 1981, del quale, sapendo quasi tutto, era meglio non dire niente. La faccenda si interseca con la persistente curiosità, anche istituzionale, anche vaticana, intorno al caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana e figlia di un commesso della prefettura della casa pontificia, e di Mirella Gregori, due ragazze adolescenti di cui si perse ogni traccia rispettivamente nel maggio (Gregori) e nel giugno (Orlandi) del 1983, mai ritrovate. Da allora si sono moltiplicati nel tempo indizi, intrusioni apparentemente farlocche di personaggi molto discutibili, perizie audio su telefonate misteriose, pettegolezzi grotteschi e meno su circostanze di natura privata e personale delle ragazze oggetto di attenzioni di ogni tipo, segnalazioni e implicazioni dei servizi segreti (il Sisde, si chiamava allora), ipotesi investigative le più diverse comprendenti eventuali responsabilità dirette o di servizio ad altri di elementi della banda della Magliana, fino alla ricerca del Dna delle scomparse nell’incredibile luogo di sepoltura di Renato De Pedis, morto nel 1990 e boss della banda (la chiesa di Sant’Apollinare nel rione Ponte di Roma), la cui salma fu traslata altrove nello scandalo e nell’incredulità nel 2012.
Oggi sia il Vaticano sia il Parlamento italiano, con una commissione di indagine bicamerale, hanno riaperto il caso, cold case come si dice, precedentemente archiviato. Gli argomenti sostenuti da Martella, che si occupò dell’attentato del 1981 a Papa Wojtyla come giudice istruttore, sono lineari, a quanto si apprende in attesa di leggere il libro. E dimostrano il nostro teorema di apertura: complotto falso vale chiacchiera infinita, complotto vero è quello mentalmente e praticamente archiviato da istituzioni e opinione (al massimo riesumato ex post e in modi che non porteranno a nulla). Qui la questione è relativamente semplice. Chi sparò al Papa in piazza San Pietro, Mehmet Ali Agca, era un giovane turco appartenente all’associazione politica di destra combattente dei Lupi grigi, ancora attiva almeno simbolicamente. Preso e ingabbiato, Agca disse che i suoi mandanti erano i servizi bulgari. Vari magistrati inquirenti fecero delle verifiche immediate e pubbliche, e risultò in effetti che un capo scalo della Balkan Air, tale Sergei Antonov, con vari complici tutti da lui denunciati, era stato in rapporto con il sicario, capace di descrivere i luoghi degli incontri con notevole esattezza di dettaglio. La funzione di capo scalo di una compagnia aerea bulgara era ovviamente una copertura. Si trattava di una spy story delle più classiche, con fior di motivazioni del complotto per fermare un Pontefice venuto da Cracovia che risvegliava l’orgoglio cattolico e nazionale e democratico del popolo polacco, quel sentimento che fu la scaturigine del crollo finale dell’impero sovietico nel 1989. Il sicario era stato fatto fuggire da un carcere turco dove scontava una condanna per l’omicidio di un giornalista, preparato, mantenuto, incaricato del gran colpo, garantito quanto alle conseguenze.
Quando le garanzie furono messe in ballo dai comportamenti, altro classicissimo dei mandati a uccidere, Agca svelò tutto, poi se lo rimangiò e si finse pazzo o variamente ispirato per salvare la ghirba con un ricatto universale e il tutto finì, dopo l’ovvio perdono del Papa e il proscioglimento dalle imputazioni per i mandanti dei servizi dell’est europeo, con una grazia, il rientro a casa e amnistia per l’omicidio già decretata, e tutti vissero felici e contenti al riparo da uno scandalo internazionale per un complotto talmente chiaro ed evidente che non se ne parlò mai più e fu affidato ad archivi segreti che ancora resistono alla curiosità degli storici 43 anni dopo.
Per Martella la scomparsa di Emanuela Orlandi (e forse di Mirella Gregori) fa parte dell’azione di copertura, dissuasione e depistaggio messa in atto dai servizi della Ddr, la Stasi, con elementi da romanzo criminale alla romana inclusi. Ciò che fino a oggi è l’unica tesi plausibile sulla vicenda. I complotti falsi non finiscono mai e sono sempre in bocca a tutti, quelli veri hanno un itinerario relativamente tracciabile e meticolosamente scancellato a ogni costo.