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Incontro e velleità

Kuleba e Borrell danno la sveglia all'Ue lenta sull'Ucraina. E intanto si schianta un F-16

David Carretta

L’Italia contro l’utilizzo delle armi in territorio russo. Orbán sempre più ostile. Francia e Germania distratte. Il ministro degli Esteri ucraino fa pressione per aiuti e regole di ingaggio. Parte delle consegne slitta al 2027

Bruxelles. Dmytro Kuleba ieri ha messo l’Unione europea di fronte alle sue velleità geopolitiche. Il ministro degli Esteri ucraino si è presentato di fronte ai  colleghi europei con un solo messaggio: rispettate le promesse sulle armi per permettere all’Ucraina di arrivare a una pace giusta. Perché due anni e mezzo dopo l’inizio della guerra di aggressione della Russia, nonostante i proclami sul carattere esistenziale del conflitto per la sicurezza dell’Europa, gli stati membri dell’Ue non sono ancora in grado di rispettare la parola data. Che sia sui sistemi di difesa aerea per proteggere le infrastrutture civili e i civili, o le munizioni necessarie sul campo di battaglia, o ancora le restrizioni per colpire la Russia più in profondità. L’Alto rappresentante, Josep Borrell, sta facendo il possibile per aiutare Kuleba. I nordici e i baltici fanno quel che possono. Ma Francia e Germania sono distratte dai  problemi politici interni. L’Italia mantiene tutta la sua ambiguità: “Noi non siamo in guerra con la Russia, anche la Nato non è in guerra con la Russia, quindi per l’Italia rimane la posizione di utilizzare le nostre armi all’interno del territorio ucraino”, ha detto Antonio Tajani. E Viktor Orbán difende gli interessi di Vladimir Putin.
 

Alla riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue, Kuleba ha spiegato che l’offensiva a Kursk ha confermato che l’Ucraina può “sconfiggere la Russia. Lo abbiamo dimostrato contro ogni probabilità, contro tutti quelli che dicevano che c’è uno stallo, che non si può vincere, che la strategia deve essere rivista. Queste argomentazioni sono state sconfitte esattamente come le forze russe nella regione di Kursk”, ha detto il ministro ucraino. “Abbiamo dimostrato che le linee rosse russe sono vuote. Abbiamo dimostrato che quelli che parlano di timore di escalation lo dicono per non prendere le decisioni di cui l’Ucraina ha bisogno”.
 

Quali decisioni? La prima richiesta – sostenuta da Borrell e dai paesi baltici e nordici, ma che incontra le resistenze della Germania e l’opposizione dell’Italia – è di togliere le restrizioni all’uso di armi fornite dagli occidentali in territorio russo. L’Ucraina vuole colpire gli aeroporti militari e le basi logistiche, i centri di comando, gli arsenali e i depositi di carburante. “Obiettivi militari legittimi – e sottolineo legittimi – sul territorio della Russia”, ha sottolineato Kuleba. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha denunciato il fatto che il suo esercito è costretto a battersi “con una mano dietro la schiena”. Il ministro degli Esteri della Lituania, Gabrielius Landsbergis, ha esposto un paradosso: “Grazie alle restrizioni occidentali, stiamo proteggendo i cieli e gli aerei russi meglio degli ucraini” – ieri si è schiantato uno dei pochi F-16 consegnati dagli occidentali.  “Le restrizioni devono essere tolte (…) altrimenti le armi sono inutili”, ha detto Borrell.
 

La seconda richiesta dell’Ucraina è altrettanto urgente. “Vorrei sollevare una questione per noi sconcertante: la divergenza tra gli annunci di assistenza militare e la consegna effettiva”, ha detto Kuleba. Al vertice della Nato di luglio, gli alleati avevano garantito cinque sistemi Patriot e uno Samp-T. Ma non sono stati ancora consegnati. L’Ue aveva promesso un milione di munizioni da artiglieria entro la fine dell’anno e la Repubblica ceca aveva annunciato un’iniziativa per fornirne altre 850 mila. Ma l’ultima grossa consegna all’Ucraina risale a giugno. “Forse dovremmo chiederci se il problema siamo noi”, ha detto Landsbergis: “Una parte dell’equipaggiamento promesso lo scorso anno sarà disponibile solo nel 2027”.

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