Foto Epa, via Ansa

in medio oriente

Perché l'occidente ha paura di piangere gli ostaggi giustiziati da Hamas

Sergio Soave

Le amnesie, il pregiudizio anti israeliano e la realtà del 7 ottobre capovolta. La più impressionante delle operazioni di capovolgimento della realtà è l’attribuzione al governo israeliano della responsabilità per la tragica sorte dei sequestrati

Il ritrovamento dei corpi di sei ostaggi israeliani assassinati vigliaccamente negli ultimi giorni ha costretto l’opinione pubblica occidentale a ricordarsi del tema del sequestro e dell’omicidio di centinaia di cittadini israeliani da parte degli scherani (chiamare combattente chi uccide prigionieri inermi sarebbe improprio) di Hamas. La questione degli ostaggi, che sarebbe meglio chiamare sequestrati, dopo le prime settimane è stata occultata o addirittura capovolta, quando si chiedeva a Bibi Netanyahu e non a Hamas di liberarli, il che avrebbe forse potuto accadere soltanto accettando la vittoria dei terroristi, che sarebbero così stati incoraggiati a ripetere le loro incursioni contro i civili israeliani.   

E’ difficile comprendere le ragioni di questo clamoroso occultamento dell’origine del conflitto, se non sospettando un pregiudizio anti israeliano talmente radicato da modificare l’ottica anche di persone, commentatori o politici, non prive degli strumenti per comprendere la situazione. Al fondo probabilmente c’è una cultura che tende a negare la funzione stessa dell’occidente come baluardo della libertà, della democrazia e dei diritti personali.

Partendo da un’analisi critica del colonialismo, almeno in parte fondata ma largamente esasperata, si arriva a considerare qualsiasi presenza della cultura e della civiltà occidentale al di fuori dei confini tradizionali come una specie di invasione. Si trascura il fatto che Israele è stato costruito dai profughi della più tragica delle persecuzioni razziali, nata in occidente e con una terribile tradizione di antisemitismo, dalla Francia alla Russia. E’ di questo che l’occidente si deve vergognare, non di sostenere le vittime di quella persecuzione e la loro progenie. Invece il sequestro e l’uccisione di centinaia di ebrei, israeliani o di altre nazionalità, non è stato e non viene considerato per quello che è, una ripresa della Shoah in altre forme, ma una specie di reazione all’occupazione israeliana (che peraltro proprio a Gaza si era cercato di superare).

Proseguendo con questa amnesia si rischia che sia la stessa opinione pubblica occidentale a essere “sequestrata” dall’antisemitismo razzista di Hamas. Anche i ragionamenti che si svolgono sulle possibilità di raggiungere una tregua per poi arrivare a una sistemazione pacifica, o almeno non apertamente conflittuale, dell’area, hanno i piedi d’argilla se non partono dalla questione degli ostaggi. L’Autorità nazionale palestinese non ha mai esplicitamente condannato il sequestro di massa, non ha mai chiesto la liberazione degli ostaggi, senza condizioni, come premessa indispensabile di ogni riconoscimento reciproco.

La più impressionante delle operazioni di capovolgimento della realtà è l’attribuzione al governo israeliano della responsabilità per la tragica sorte dei sequestrati. Il Giornale riporta nel titolo in cui annuncia l’uccisione di sei ostaggi la frase “i familiari: Netanyahu è Mr Morte”. Per quanto si possa e si debba comprendere lo sgomento e lo strazio dei familiari, la preoccupazione lacerante per la sorte di quelli che si presume siano ancora in vita, non si può dimenticare il dato oggettivo che gli assassini sono gli scherani di Hamas e che la sicurezza di Israele e dei suoi cittadini, compresi i familiari delle vittime, dipende dalla liquidazione di questa banda di terroristi criminali. Anche l’uso del dolore dei familiari come strumento per delegittimare la politica israeliana, accettato dall’opinione pubblica internazionale quasi senza eccezioni dovrebbe far riflettere. In quasi tutti i paesi in caso di sequestro di persona è proibito ai familiari di versare riscatti, il che significa che si privilegia comunque la priorità della cattura dei sequestratori. Questo principio nei confronti di Israele viene capovolto: il governo deve “pagare il riscatto”, cioè garantire l’immunità dei terroristi, la cui cattura è esclusa, perché contraria al (presunto) interesse degli ostaggi e anche questo fa capire come sia obnubilata l’opinione prevalente su questa tragica materia.

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