Fonte LaPresse

nel regno unito

I Tory in cerca di un leader non perdono la bussola del mondo

Cristina Marconi

I Conservatori britannici vogliono riprendersi quell'elettorato che ha fatto vincere il labourista Keir Starmer. Nel frattempo è in uscita il memoir dell'ex premier Boris Johnson

Mentre nel resto d’Europa le destre fanno gare di estremismo, nel Regno Unito i candidati alla guida di quel che resta del Partito conservatore si stanno dedicando a un inconsueto, incoraggiante esercizio di moderazione. Sul sostegno all’Ucraina, per dire, non si discute, le influenze russe vengono lasciate a Farage&Co, e anche sul Medio Oriente il sostegno a Israele resta saldo, anche se nel giorno della decisione del ministro degli Esteri David Lammy di sospendere 30 delle 350 licenze di esportazioni di armi britanniche in Israele per il “chiaro rischio” che possano essere usate al di fuori delle leggi umanitarie internazionali l’opposizione prende tempo per pensare. “Non è un embargo sulle armi”, ha chiarito Lammy.

Nell’insieme tra i Tory il mantra è quello di inseguire il centro, i giovani, e rendere il partito di nuovo cool e puntare a quella parte ampia di opinione pubblica che Keir Starmer ha sedotto a colpi di ragionevolezza, non senza un briciolo di noia. L’ex ministra dell’Interno Priti Patel, per dire, ha detto di non voler più reintrodurre la pena di morte come sperava invece di fare un tempo, mentre Tom Tugendhat, uno dei favoriti nella corsa, ha sottolineato come le guerre culturali non possano essere la portata principale dell’ideologia conservatrice. La superfavorita Kemi Badenoch, poi, ha promesso pragmatismo e polso fermo sull’immigrazione, ma ha anche detto che non si accontenterà delle “risposte semplici” come quelli che vanno favoleggiando l’uscita dalla Convenzione europea dei diritti europei come soluzione al problema delle piccole imbarcazioni che ogni giorno solcano la Manica. Una stoccata alle dichiarazioni del suo rivale Robert Jenrick che, come Tugendhat, non ha paura all’idea di darsi un obiettivo, promettendo di tenere l’immigrazione sotto quota 100 mila arrivi all’anno, sebbene l’ex premier David Cameron ci sia rimasto impigliato per sempre, alle sue soglie e ai suoi tetti sempre superati.

A Londra risuona l’etichetta semplice e efficace che Tim Walz ha appiccicato addosso a Donald Trump, “weird”, strano, e i Tory tutti stanno cercando di essere meno weird, anche perché Liz Truss non se l’è dimenticata nessuno, soprattutto chi ha un mutuo. Badenoch, origine nigeriana e approccio severo, sostiene che quello dell’immigrazione sia tutto un sistema da ripensare radicalmente. La responsabile per le comunità e le politiche abitative, che durante l’estate ha visto la sua posizione di vantaggio indebolirsi un bel po’ per non essere intervenuta sulla questione dei riots, ha definito il partito di governo “senza idee, irresponsabile e disonesto” e ha incassato la replica secca di Starmer: non prendo lezioni da chi ha portato il paese in queste condizioni. Per Badenoch i Tory al governo hanno “parlato da destra e governato da sinistra, suonando conservatori ma agendo da laburisti” e questo è il principale motivo dello schianto. Parlando davanti a una platea folta all’Istituto di ingegneria, ha promesso di mettere la sua formazione al servizio del paese. “Gli ingegneri sono onesti, gli ingegneri portano a casa il risultato. Sono un ingegnere”, ha detto.

Qualcuno è più nostalgico: James Cleverly, considerato il più esperto tra i candidati, si è spinto a dire di voler riesumare il pacchetto Ruanda per i richiedenti asilo, in quanto ci vuole un “deterrente”, mentre Priti Patel ha detto che Boris Johnson è stato “fenomenale” e non è detto che in futuro non venga richiamato in politica, da “vero leader” qual era. E se l’immigrazione è aumentata, è anche perché c’era bisogno di personale sanitario durante la pandemia, mentre gli arrivi da Hong Kong e dall’Ucraina dimostrano solo che il Regno Unito è un grande paese. Per adesso, YouGov dà Badenoch in vantaggio netto, segue Tugendhat; Cleverley è terzo, poi arriva Jenrick e, poco dopo, Patel. Mel Stride è ultimo: solo il 2 per cento punta su di lui, nessuno sa chi sia, anche in un gruppo di non celebrities assolute come i candidati – gli elettori hanno una vaghissima idea della loro identità, a volte neppure quella, lui appare particolarmente debole. Mercoledì viene eliminato il primo, la settimana successiva il secondo. I quattro rimanenti andranno alla convention, i deputati ne sceglieranno due e l’annuncio finale sarà fatto il 2 novembre. Nel frattempo, sarà arrivato in libreria l’atteso memoir di Boris Johnson: si intitola Unleashed, scatenato o, se si preferisce, sguinzagliato.

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