a pechino

La Cina corteggia ancora l'Africa, che è sempre più sospettosa

Giulia Pompili

Si apre il Forum per la cooperazione fra Cina e Africa, cioè il Piano Mattei con caratteristiche cinesi. Tra dubbi e preoccupazioni

E’ il Piano Mattei con caratteristiche cinesi, il vero vertice con i paesi africani: il Focac, il Forum per la cooperazione fra Cina e Africa, è arrivato alla nona edizione e  si apre domani a Pechino. Il presidente cinese Xi Jinping, padrone di casa che ieri e oggi ha fatto diversi incontri bilaterali con leader africani, aprirà il forum con un discorso  e presenzierà a un banchetto in onore di presidenti e capi di stato che partecipano a uno dei più grandi eventi diplomatici ospitati dalla Cina “negli ultimi anni”, ha scritto ieri il China Daily. Venerdì scorso, durante un briefing, il viceministro degli Esteri Chen Xiaodong ha detto che il Focac è una piattaforma di “equità, aspetti pratici ed efficienza”, che ha dato significativi risultati “riconosciuti e celebrati nel mondo”: “Sulla base di un bilancio e di una sintesi dei risultati ottenuti in passato, il vertice definirà nuovi progetti e formulerà nuovi piani per lo sviluppo futuro delle relazioni Cina-Africa”. Per la Cina di Xi Jinping, l’influenza sul continente africano è cruciale, e parte essenziale della costruzione di un ordine del mondo dove il cosiddetto sud globale fa gli interessi politici di Pechino. Ma è un interesse anche più puramente economico: oltre allo sfruttamento delle risorse minerarie, degli investimenti sulle infrastrutture, la Cina è il principale partner commerciale bilaterale del continente e il volume degli scambi è in continua crescita da anni, tanto che lo scorso anno ha raggiunto il record di 282 miliardi di dollari, “ma per la Cina, l’Africa rappresenta solo il 4,7 per cento del suo commercio globale”, si legge su un report del Carnagie. Ieri il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha sollevato il problema, e in un bilaterale con il suo omologo cinese avrebbe chiesto di ridurre il deficit commerciale con Pechino. 

 


E infatti l’aria festosa della Repubblica popolare al centro di una diplomazia internazionale positiva e proattiva – sempre in confronto con quella occidentale descritta come malvagia – s’infrange con la realtà del nuovo mondo immaginato da Xi: ieri un articolo di The Africa Report sottolineava come fino a qualche anno fa il Focac riempiva le prime pagine di quasi tutti i quotidiani africani, mentre l’edizione di quest’anno è particolarmente sottotono. Uno dei motivi riguarda lo squilibrio commerciale, le promesse non mantenute –  durante l’ultimo vertice del 2021 la Cina si era impegnata ad acquistare 300 miliardi di dollari di beni africani, un incremento mai avvenuto – e il pericolo di finire strozzati nella guerra commerciale intentata dalla Cina contro l’occidente. La leadership cinese è in cerca di mercati dove indirizzare i prodotti frutto della spinta industriale governativa che America ed Europa hanno iniziato a sanzionare, come i pannelli solari e le auto elettriche, e questo è fonte di preoccupazione per i governi africani. Secondo un report pubblicato l’altro ieri dal Global Development Policy dell’Università di Boston, l’anno scorso gli istituti finanziari cinesi hanno approvato prestiti per l’Africa per un totale di 4,61 miliardi di dollari, l’aumento più importante sin dal 2016 e dopo la drastica diminuzione che c’era stata nel periodo della pandemia da Covid: secondo gli analisti, il significato di questi dati è che la Cina “è intenzionata a contenere i rischi associati alle economie già fortemente indebitate”. 

 


Sulla stampa cinese però, dei dubbi e delle perplessità che i leader africani iniziano a sollevare nei confronti delle promesse di Pechino naturalmente non v’è traccia. Anzi: ieri l’agenzia di stampa Xinhua pubblicava un lungo articolo dal titolo “Perché è assurdo accusare la Cina di fare ‘neocolonialismo’ in Africa”. L’accusa è sempre la stessa: l’occidente vuole promuovere i suoi valori, mentre la Cina fa solo il bene dello sviluppo comune. Eppure, solo poche settimane fa, il giornale cinese di Hong Kong South China Morning Post aveva confermato quanto rivelato già da diverse inchieste giornalistiche occidentali: il Partito comunista cinese sta investendo in diverse scuole di politica per formare funzionari governativi e della Pubblica amministrazione locali in Africa in modo da “promuovere il suo modello di sviluppo e la sua ideologia”. Lo sviluppo secondo Xi.

Di più su questi argomenti:
  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.