Le ripercussioni europee delle crisi che attraversano Francia e Germania
La crisi politica nei due principali stati membri minaccia di bloccare l'agenda dell'Ue, mentre la debolezza del motore franco-tedesco espone l'Unione a nuovi rischi interni ed esterni
Bruxelles. Ursula von der Leyen ieri ha rifiutato di commentare i risultati delle elezioni in Turingia e Sassonia, i due Länder della Germania orientale, dove il successo dell’estrema destra di AfD è destinato a destabilizzare ulteriormente la litigiosa coalizione a tre di Olaf Scholz. La presidente della Commissione non vuole nemmeno commentare lo stallo in cui è immersa la Francia da quasi tre mesi, dopo la decisione di Emmanuel Macron di sciogliere l’Assemblea nazionale e di indire elezioni anticipate che si sono rivelate inconcludenti. Eppure le crisi che stanno attraversando i due più grandi e importanti stati membri avranno serie ripercussioni sull’Unione europea, a cominciare dalla prossima Commissione presieduta da von der Leyen. Il motore franco-tedesco, che tradizionalmente spinge in avanti la macchina comunitaria, non scoppietta da tempo a causa delle continue divergenze tra Scholz e Macron. Ora non funzionerà più. Nei prossimi mesi il rischio per l’Ue è che Germania e Francia siano concentrate esclusivamente su sé stesse, mentre l’agenda dell’Ue si riempie di temi che impongono decisioni. Nell’ora delle scelte, l’indecisione di Berlino e Parigi può paralizzare l’Ue.
In Germania le elezioni legislative sono previste tra un anno. Secondo molti analisti, la reazione di Scholz ai risultati di domenica in Turingia e Sassonia sarà di ulteriore prudenza sulla scena nazionale ed europea. Non fare nulla che possa irritare gli elettori è una caratteristica dei cancellieri tedeschi in difficoltà. Il tasso di litigiosità tra socialdemocratici, verdi e liberali è destinato ad aumentare, perché ciascuno cercherà di rafforzare la propria base. A Bruxelles, le divisioni interne alla coalizione hanno già avuto conseguenze: dall’inizio dell’anno la Germania si è astenuta su numerosi dossier sensibili, come quelli sul Green deal. I temi che i leader europei dovranno affrontare nei prossimi mesi includono il proseguimento del sostegno all’Ucraina, il cambio di Amministrazione negli Stati Uniti, l’aggressività politica ed economica della Cina, il rafforzamento della sicurezza dell’Ue di fronte alla minaccia della Russia, i finanziamenti per le transizioni verde e digitale e per la difesa, il nuovo allargamento e la riforma del bilancio comunitario. Una vittoria della Cdu nel settembre del 2025 potrebbe non far uscire la Germania dalla paralisi. La Grosse Koalition con i socialdemocratici rischia di non avere la maggioranza al Bundestag. Un terzo partner potrebbe replicare le divisioni che caratterizzano la coalizione di Scholz.
In Francia un nuovo primo ministro difficilmente risolverà il problema della governabilità del paese. Il prossimo esecutivo – che sia tecnico o frutto di un accordo di “non censura” tra i partiti moderati – avrà vita limitata. Macron potrebbe essere costretto a convocare nuove elezioni legislative già nell’estate del 2025. Le presidenziali si terranno solo nel maggio del 2027. Ma la minaccia dell’estrema destra, oltre alle ambizioni personali dei leader di tutti i partiti, è destinata ad avvelenare la discussione politica dei prossimi due anni e mezzo. Il problema europeo potrebbe essere meno grave che in Germania: nel regime della Quinta repubblica è il presidente che conduce la politica estera (compresa quella nell’Ue). Ma, dalla dissoluzione dell’Assemblea nazionale, l’Ue è quasi scomparsa dal discorso pubblico di Macron.
Alcuni leader nazionali saranno tentati di festeggiare la debolezza franco-tedesca in Europa. Al G7 in Puglia in luglio, Giorgia Meloni ha faticato a nascondere la sua gioia per i pessimi risultati dei partiti di Scholz e Macron alle elezioni europee. Viktor Orbán ne ha approfittato per preannunciare la fine del vecchio mondo nell’Ue e la nascita di un’Europa nazionalista e identitaria. Altri spereranno di incunearsi nel vuoto di potere. Meno franco-tedesco nell’Ue non è necessariamente negativo. A luglio, in un’intervista al Corriere della Sera, il commissario Paolo Gentiloni aveva constatato che “il famoso motore franco-tedesco non è mai stato così debole. Quindi, direi che affidarsi all’Unione sia la cosa più ragionevole”. La guerra della Russia ha già spostato l’equilibrio verso est. Lo ha detto la stessa von der Leyen nel suo discorso venerdì al Forum Globsec. “La nuova realtà è che l’Europa centrale non è solo geograficamente al centro dell’Europa, ma è anche politicamente e strategicamente centrale per il futuro dell’Ue”, ha spiegato la presidente della Commissione. Ma “senza il consenso di Francia e Germania non si può fare nulla”, spiega al Foglio un diplomatico europeo.