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Il colloquio

Tutti gli occhi su Rafah? Non per gli ostaggi uccisi da Hamas. Parla Matti Friedman

Giulio Meotti

Il mondo progressista esalta Hamas come “combattenti della resistenza", rendendosi complice delle barbarie compiute dal 7 ottobre. Il giornalista e saggista israelo-canadese: “Un pezzo d’occidente sta con l’islam radicale e contro Israele”

Non una parola sui sei ostaggi israeliani uccisi da Hamas a Rafah da parte di Amnesty International e Human Rights Watch, le due ong più note e agguerrite contro Israele. La relatrice dell’Onu per i territori palestinesi, Francesca Albanese, ha commentato: “Che tutti gli ostaggi, chiunque siano i loro rapitori, possano tornare presto all’amore delle loro famiglie, sia israeliani sia palestinesi”. Ostaggi palestinesi? 


Il Segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, ha scritto: “Non dimenticherò il mio incontro con i genitori di Hersh Goldberg-Polin e altre famiglie di ostaggi. Le tragiche notizie di oggi sono un devastante promemoria della necessità del rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi e della fine dell’incubo della guerra a Gaza”. Capolavoro alla Guterres. Ha commentato Hillel Neuer, direttore di UN Watch: “Hamas ha assassinato sei ostaggi israeliani e americani sparandogli alla testa. Perché non riesce a dirlo?”.  “Dimettiti – ha scritto Esther Panitch, parlamentare Democratica della Georgia – La tua incapacità di anche solo di nominare Hamas li ha incoraggiati: sei senza spina dorsale”.
 


“Ho visto Hersh Goldberg-Polin crescere nel mio quartiere a Gerusalemme”. Così ci racconta Mati Friedman, giornalista e saggista israelo-canadese che vive a Gerusalemme, su uno degli ostaggi uccisi da Hamas e sui cui Friedman ha scritto per la Free Press. “E una delle prime cose che ho saputo il 7 ottobre è che Hersh era scomparso”. Poi sono arrivati i video dell’orrore. “Lo abbiamo visto sotto la minaccia delle armi insieme ad altri rapiti, con un braccio a brandelli. Due giorni fa abbiamo appreso che Hersh è stato ucciso”


Friedman dice di aver imparato molte cose dal 7 ottobre. “La principale che Hamas gode di un ampio sostegno in occidente, compresi alcuni dei cittadini più istruiti. Gran parte della stampa occidentale è stata capace di trasformare una guerra lanciata dai fondamentalisti musulmani in una storia sulla risposta israeliana. In questa guerra, Hamas sapeva di avere molti alleati ed è abbastanza chiaro che avevano ragione. In questi circoli, secondo la mia esperienza, il disgusto per Israele è qualcosa tra un pregiudizio e un prerequisito per l’ingresso. Non parlo di un approccio critico alle politiche israeliane... ma la convinzione che gli ebrei di Israele siano un simbolo dei mali del mondo, un'idea che sta rapidamente diventando uno degli elementi centrali dello Zeitgeist occidentale ‘progressista’, diffondendosi dalla sinistra europea ai campus universitari americani e agli intellettuali, compresi i giornalisti. In questo gruppo sociale, questo sentimento si traduce in decisioni editoriali prese da singoli reporter e redattori che si occupano di Israele, e questo, a sua volta, fornisce a tale pensiero i mezzi per un’autoreplicazione di massa”. 
 


E la strategia di Hamas funziona. “Gran parte del mondo progressista dell’occidente è stato catturato da un’ideologia che ha più simpatia per l’islam radicale che per Israele”, conclude Friedman.  La scoperta dei corpi di sei ostaggi israeliani in un tunnel a Rafah getta una luce sinistra non solo su Hamas, ma come spiega Friedman, anche su una parte di occidente. La coscienza progressista, o autoproclamata tale, non è stata compiacente di fronte alla barbarie di Hamas, ma complice. Molti in occidente hanno avuto un ruolo attivo nel giustificare il rapimento di Goldberg-Polin, Lobanov, Gat, Sarusi, Yerushalmi e Danino. Hanno attivamente rafforzato l’idea che quelli di Hamas fossero “combattenti della resistenza” e impedito la sensibilizzazione sui rapiti attraverso la distruzione di manifesti che mostravano i loro volti. Erano più che spettatori di un pogrom: erano addetti alle pubbliche relazioni non pagati per Hamas.

A Londra e ad Amsterdam società pubblicitarie hanno rimosso i cartelloni che mostravano i volti degli ostaggi catturati dai terroristi di Hamas a causa di proteste e minacce. Dal 7 ottobre sono stati pubblicati migliaia di video di studenti, semplici passanti, attivisti, che rimuovevano i manifesti coi volti degli ostaggi. Soltanto a Londra, metà dei poster strappati in 48 ore. A Melbourne, un enorme murale “Bring Them Home” raffigurante il volto di Hersh Goldberg-Polin è stato cancellato da agitatori anti-Israele. 


E sono passati appena tre mesi dalla campagna sui social media “Tutti gli occhi su Rafah”. Cinquanta milioni di persone, tra cui svariate celebrità, hanno condiviso lo slogan su Instagram, con l’obiettivo di condannare Israele per aver anche solo pensato di inviare truppe a Rafah a cercare ostaggi e terroristi. Ora sappiamo che a Rafah i sei ostaggi, e altri, erano tenuti in condizioni ripugnanti. Ora sappiamo che Hamas usa Rafah come base per attaccare Israele. “Lasciate Rafah ad Hamas”, era il sottotesto malsano della tendenza social. 


All yes on Rafah? Eyes wide shut.  
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.