Elon Musk (Lapresse)

il segno dei tempi

Kamala-Stalin e i fini di Musk che naviga nella “sbobba” dell'AI

Pietro Minto

Il capo di Tesla e di X pubblica un'immagine di Harris generata con l'intelligenza artificiale, con l'obiettivo di confondere gli elettori e convincere qualcuno che la candidata democratica sia davveronsolita vestirsi da bolscevica. Così Musk diventa sempre più megafono politico trumpiano

Lunedì scorso Elon Musk, capo di Tesla e di X, l’ex Twitter, ha pubblicato sul suo  social network di sua proprietà un’immagine generata con le intelligenze artificiali che ritraeva la candidata democratica Kamala Harris con una divisa rossa scura e un berretto alla Stalin, con tanto di falce e martello. Alle sue spalle, una folla adorante e plumbea, totalitaria. Tutto questo potrebbe (e forse dovrebbe) essere seguito da espressioni di scarso interesse per poi passare a cose ben più importanti, ma basta scrollare per pochi secondi l’account X di Musk per notarne la trasformazione in megafono politico trumpiano.

 

 

Anche questi post, quindi, per quanto balzani, importano, se è vero che Donald Trump ha dimenticato l’antica antipatia per Musk e sembra anzi disposto a concedergli un posto nel suo gabinetto di governo, qualora vincesse.  A corredo dell’immagine in questione, poche parole scelte da Musk: “Kamala giura di diventare una dittatrice comunista sin da primo giorno. Riuscite a credere che abbia indossato quel vestito?”. Il tutto era in realtà una risposta a un post della stessa Harris, che aveva ricordato quando lo scorso dicembre, ai microfoni di Fox News, Trump dichiarò che avrebbe fatto il dittatore “solo nel primo giorno” della sua presidenza.

Da un certo punto di vista il tweet di Musk è solo una goccia in un mare di contenuti estremisti che pubblica – decine di volte al giorno – nel suo canale; ma segna anche una novità, un passo verso una direzione nuova. Se in passato Musk aveva giocato con l’idea di “satira”, sostenendo che le sue dichiarazioni più incendiarie fossero fatte con un intento ironico e un po’ edgy, la Kamala Stalin fatta con le AI è stata presentata in modo più serioso. La speranza, pare di capire, è che qualcuno ci caschi e pensi che Harris sia solita vestirsi da bolscevica e la missione sarebbe agevolata dal fatto che  il resto del web non sta facendo granché per aiutare gli utenti a discernere il reale dal falso generato con le AI.

Sono bastati pochi mesi perché i sistemi di generazioni di immagini – come MidJourney, DALL-E, Adobe Firefly e innumerevoli altri, di ogni dimensione – riempissero la rete di immagini, ritratti e fotografie finte.  Al centro di questa alluvione, Google, che da mesi spinge il chatbot Gemini e quindi di fatto contribuisce alla produzione di quella che viene ormai definita “slop” (brodaglia, sbobba) fatta con le AI. Ma Google è anche e soprattutto un motore di ricerca con una sezione dedicata proprio alle immagini e alle fotografie, che da qualche mese presenta immagini generate quando si cercano i nomi di personaggi storici, politici, compositori e artisti. Tra i primi risultati ottenuti cercando su Google Immagini il nome di Ludwig van Beethoven, per  esempio, c’è proprio un ritratto a colori in cui il compositore – come ha notato lo scrittore Ted Gioia – somiglia a Mr. Bean e presenta tutte le caratteristiche tipiche della “sbobba” AI: contrasti forti, contorni decisi, una patina lucida a rendere tutto meno umano. Lo stesso avviene cercando Mozart e Chopin, come se Google non avesse a disposizione un archivio iconografico sterminato e rodato da anni da cui attingere. E se questo avviene con i ritratti, le cose vanno ancora peggio se si cercano nomi di artisti e pittori: Google sembra ancora incapace di distinguere il nome di un artista da immagini generate ispirandosi allo stile dello stesso. Più che una brodaglia, si direbbe una fanghiglia dalla quale è difficile districarsi, e che sta già cambiando – in peggio – il web per come lo conosciamo.  

Basta farsi un giro su questa nuova rete post-AI per capire come tweet tipo  quello di Musk, velleità satiriche a parte, siano perfettamente in linea con lo spirito del tempo: Kamala Stalin non è vera, non è mai successo e lei non ha mai detto di voler diventare una dittatrice, a differenza di Trump; eppure la sua immagine fasulla è lì, in bella vista, a disposizione dei motori di ricerca, pronta a risalire nei risultati, confondere qualche utente e perdersi tra il resto della brodaglia. 

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