il rimpasto

Le dimissioni a Kyiv, un nuovo governo per una nuova fase

Micol Flammini

Le  prossime missioni di Kuleba e Kamyshin e i nomi dei futuri ministri. L’opposizione insorge, Zelensky dice: serve  energia rinnovata

Da domani, nella maggior parte delle regioni dell’Ucraina, ci saranno delle interruzioni di corrente programmate. Per svolgere normali attività bisognerà prima informarsi in quali orari la propria città sarà tenuta fuori dalle limitazione della Ukrenergo, la maggior compagnia elettrica ucraina. La guerra russa alle infrastrutture civili si è intensificata nelle ultime due settimane, gli attacchi sono quotidiani, il numero dei morti aumenta: lunedì ci sono state cinquantuno vittime a Poltava, nell’Ucraina orientale, oggi sette vittime a Leopoli, nell’Ucraina occidentale, quattro erano della stessa famiglia: una madre, tre figlie, è sopravvissuto soltanto il padre. Mentre Mosca cerca di catturare quel che resta del Donetsk  lancia attacchi mortalmente efficienti, che bucano  le difese di Kyiv sempre più scarse. 

   
L’Ucraina si riadatta, si reinventa e finora è rimasta fedele alla regola per cui  è necessario abituarsi a ogni nuova esigenza. La colpa dei disastri è dei russi, ma se la rete elettrica non è protetta a sufficienza, allora è una questione anche ucraina, per questo lunedì scorso, il capo della Ukrenergo, Volodymyr Kudrytsky, è stato licenziato: non aveva completato nei tempi stabiliti le fortificazioni richieste presso le centrali elettriche. Questo spesso è lo spirito dei cambiamenti che avvengono all’interno della leadership ucraina che si sta rinnovando a grande velocità da un paio di giorni. Ministri, viceministri e vice primi ministri stanno rassegnando le loro dimissioni. Alcune sono state accettate, altre respinte, alcune messe in pausa. Oggi la Rada, il parlamento ucraino, ha destituito Ruslan Strilets, Alexander Kamyshin, Denis Malyuska e Olga Stefanishyna, rispettivamente ministri della Protezione ambientale, delle Industrie strategiche, della Giustizia e vicepremier per l’integrazione europea. Iryna Vereshchuk, vicepremier con delega all’Integrazione dei territori temporaneamente occupati, è stata trasferita all’ufficio del presidente  e sono state sospese le dimissioni più rumorose di tutte del ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. Alcuni dei dimissionari sono volti noti, altri meno, tutti sono la storia della risposta ucraina alla guerra di Vladimir Putin. Il presidente Volodymyr Zelensky ha detto che Kyiv ha bisogno di “aria nuova” per affrontare l’autunno, non ha dato cenno di malumori, ha parlato di un cambiamento necessario per far arrivare nuova energia   – la portavoce del ministro degli Esteri russo  gli ha risposto: “È autunno, cadono le foglie”, alludendo all’accusa di autoritarismo crescente a Kyiv. Non è la prima volta che Zelensky cambia figure importanti, lo aveva già fatto a febbraio rivoluzionando le Forze armate, nominandone a capo Oleksander Syrsky al posto di Valeri Zaluzhny: la guerra aveva bisogno di nuove idee, di una nuova testa. Le opposizioni in Ucraina hanno protestato allora e protestano ora, hanno detto che cambiare una squadra compatta  è un atto autosabotatore ideato dal  presidente e dalla sua cerchia molto ristretta che  ne influenza il pensiero e  ne è anche estensione. La politica ucraina è molto litigiosa, era rissosa prima che Putin iniziasse la sua guerra e sta tornando a farsi vivace, arrabbiata, movimentata. Tuttavia, i ministri che hanno lasciato i loro posti non hanno mostrato  risentimento   e probabilmente non verranno eliminati dalla compagine di governo ma spostati: è un rimpasto, non una crisi. 

  
Alexander Kamyshin è un tassello essenziale della strategia di Zelensky, è l’uomo che ha  trasformato in pochi mesi un sistema disfunzionale e lento qual era quello della rete ferroviaria di Kyiv e lo ha reso  una garanzia di salvezza: Ukrzaliznycja sotto la guida di Kamyshin ha rivoluzionato un paese sotto attacco e lo ha collegato con l’esterno. Bravo, abile, spiritoso, con la pettinatura da cosacco, Kamyshin aveva detto al Foglio che lavorava per la vittoria e anche le ferrovie sono un contributo. Kamyshin è stato   nominato ministro dell’Industria strategica, ha messo in piedi l’industria bellica di Kyiv, ha incrementato la produzione di droni, sperimentato nuove armi che consentono  di colpire nel territorio russo senza infrangere le linee rosse degli alleati occidentali. Kamyshin probabilmente sarà il prossimo consigliere strategico dell’Ufficio del presidente. Durante una riunione serale del partito di Zelensky,  Servitore del popolo, sono state proposte nuove nomine, come quella di   Stefanishyna a  ministro della Giustizia. 

    
Mentre la Rada stava votando le dimissioni di Kuleba, l’assemblea ha deciso di prendere una pausa, ma questo non bloccherà il cambiamento: l’opposizione è sicura che Zelensky sia insoddisfatto di Kuleba soprattutto dopo la visita in Cina che non ha portato all’adesione di Pechino alla prossima conferenza sulla pace organizzata da Kyiv. Kuleba è molto conosciuto in occidente, ma tutto sta cambiando, la maggior parte degli interlocutori dell’Ucraina è diversa rispetto a trenta mesi fa, capi di stato e di governo non sono più gli stessi e a novembre voterà  anche l’alleato più importante: gli Stati Uniti. Cambiare la diplomazia serve anche ad aprire nuovi canali di dialogo. Kuleba potrebbe essere mandato a Bruxelles per lavorare  con la nuova Commissione, e al suo posto verrà chiamato, Andrii Sybiha, che con il presidente ha un rapporto molto stretto. La nuova squadra sarà formata da uomini ancora più vicini alla Via Bankova, ancora più abituati a entrare e uscire nell’ufficio del presidente.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)