Colpire in Russia

Così Zelensky e Syrsky vogliono costringere Putin alla pace

Paola Peduzzi

Il presidente ucraino ringrazia gli alleati ma chiede di potersi difendere dall'aggressione russa con nuove regole. Il capo delle Forze armate spiega come l'operazione a Kursk ha cambiato ancora una volta, su iniziativa ucraina, le dinamiche del conflitto. Un documentario sulla Bbc racconta Zelensky e il carattere ucraino

Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, ha iniziato un tour europeo, Germania e Italia al Forum Ambrosetti di Cernobbio, e l’appuntamento finale è l’Assemblea generale dell’Onu a New York, per la presentazione del “piano per la vittoria”. Sempre riconoscente con gli alleati, Zelensky ringrazia, elogia il loro coraggio e chiede che le armi a lungo raggio – che scarseggiano – possano essere utilizzate anche in territorio russo: è l’unico modo perché Vladimir Putin sia costretto alla pace. Gli alleati marciano cauti e parchi, i media internazionali si occupano con fare scettico del rimpasto di governo a Kyiv denunciando l’accentramento di potere nel cerchio magico del presidente (da che pulpiti!), e danno poco peso alle parole del generale Oleksandr Syrsky.

Intervistato da Christiane Amanpour, che questa settimana ha fatto e disfatto conversazioni con la leadership di Kyiv nel bel mezzo del rimpasto, il capo delle Forze armate ucraine al suo debutto su un’emittente globale ha detto cose rilevanti e dettagliate sulla operazione nella regione russa di Kursk, la sorpresa d’agosto che ha cambiato, ancora una volta su iniziativa e creatività ucraine, gli equilibri del conflitto: “Ha ridotto la minaccia di un’offensiva nemica. Abbiamo impedito ai russi di agire. Abbiamo spostato i combattimenti sul territorio del nemico in modo che il nemico potesse sentire quello che sentiamo ogni giorno”.  Syrsky spiega che l’Ucraina è sotto pressione nel Donbas, nella zona intorno a Pokrovsk, ma “negli ultimi sei giorni il nemico non ha fatto un metro di strada in direzione di Pokrovsk. In altre parole: la nostra strategia funziona. Abbiamo tolto ai russi la capacità di manovrare e dispiegare i rinforzi da altre direzioni, e questo indebolimento si è certamente fatto sentire in altre aree. Abbiamo notato che la quantità dei bombardamenti dell’artiglieria e l’intensità dell’offensiva sono diminuite”. Il generale sa che le forze russe sono superiori sotto ogni punto di vista – “il nemico ha un vantaggio in termini di aviazione,  missili,  artiglieria, nella quantità di munizioni che usano, naturalmente negli uomini, nei carri armati, nei veicoli da combattimento della fanteria” – ma questo ha spinto gli ucraini a farsi più furbi e più efficienti, a costruire una difesa sostenibile, quella su cui gli alleati continuano a questionare: “Non possiamo combattere nello stesso modo in cui combattono loro quindi prima di tutto dobbiamo avere un approccio efficiente, utilizzare forze e mezzi sfruttando al massimo le caratteristiche del terreno e la superiorità tecnologica”.

Syrsky è stato nominato nel febbraio scorso al posto di Valeri Zaluzhny, un  generale volitivo, creativo, schietto: non fu un cambiamento indolore, anzi, ancora una volta i media internazionali parlarono di crisi, di accentramento di potere, di scontri personali irrimediabili, di mesti scenari di sconfitta. Zaluznhy oggi è ambasciatore nel Regno Unito, continua a essere rispettato e ascoltato, del suo rapporto con Zelensky si è smesso di parlare, Syrsky ha preso la guida dell’esercito, vive con i soldati – “il fronte è la mia vita”, ha detto ad Amanpour – fa dimenticare il suo soprannome “macellaio”, ha ogni giorno a che fare con risorse scarse, non si può permettere di far scarseggiare anche la speranza. L’Ucraina, la sua leadership e il suo popolo, ha dato prova di grande flessibilità, di capacità di adattamento e di propensione al rischio (che non è quasi mai disperazione), tutti i cambiamenti di personalità sono andati in questa direzione: sono forse queste la caratteristiche che definiscono questo conflitto, più delle analisi geopolitiche, delle ideologie di tifosi e detrattori, della stanchezza occidentale che da un anno condiziona decisioni e tempistiche. In “Zelensky Story”, un documentario in tre puntate in onda sulla Bbc e diretto da Michael Waldman, questo approccio alla guerra e alla vita, che nel caso del presidente ucraino e degli ucraini hanno preso tragicamente a coincidere, viene raccontato con immagini di repertorio, interviste, filmati che partono dagli anni Novanta e arrivano fino a oggi – parallelamente si racconta anche l’ascesa al potere di Vladimir Putin, gli incontri senza conoscersi quando Zelensky spopolava nel più importante show satirico della Russia e il presidente russo era nel pubblico, ridacchiava, diceva una cosa che oggi ci sembra anche la grande differenza non solo tra lui e Zelensky, ma anche tra le ambizioni che hanno per i loro popoli: “Mi piacciono le persone divertenti – diceva Putin – perché sono intelligenti, e hanno anche un dono inestimabile chiamato ottimismo”. Nell’ultima parte del documentario, c’è la guerra, Zelensky che salta e balla e si traveste sembra tutta un’altra storia: ora ci sono le medaglie ai caduti, gli incontri con le vedove, gli orfani, le macerie, i calcoli dolorosi che fanno la vita o la morte. E c’è una nuova fase che inizia, un rimpasto, una strategia diversa: Zelensky chiede agli alleati di fidarsi, gli ucraini hanno già dimostrato di meritarsi questa fiducia. L’obiettivo è sempre lo stesso, vincere, la modalità è costringere Putin alla pace, il desiderio è quello che Zelensky aveva a 17 anni, quando il Muro è caduto, quando era “cool”, quando esisteva solo il presente: “Libertà”.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi