Rt e i suoi scagnozzi negli Stati Uniti vispi, vistosi e sfacciati

Micol Flammini

Ecco come sono cambiate le campagne di disinformazine russa da quando non c'è più Prigozhin. Volti e operazioni tra le risate di Putin

La domanda era stata posta a Vladimir Putin con l’intento, forse concordato con il capo del Cremlino, di generare un’ondata di risate nella platea del forum economico di Vladivostok. Quando si è sentito chiedere chi preferisse la Russia come presidente degli Stati Uniti, Putin è partito da lontano dicendo che,  come prima Mosca si era espressa a favore dell’attuale presidente costretto a dimettersi, ora – e qui le guance in posa marmorea si sono aperte in uno spiraglio di sorriso – ritiene che alla Casa Bianca la candidata democratica Kamala Harris sarebbe meglio di Donald Trump. Il sorriso si è trasformato in una di quelle risate in cui Putin non mostra mai i denti, poi si è diffusa in tutta la platea. 
La corte del capo del Cremlino ride sulle elezioni americane, crede di avere in Donald Trump un alleato di ferro ben manovrabile e ritiene di saper usare la disinformazione con disinvoltura magistrale per manipolare le menti degli americani. L’impegno russo è iniziato anni fa e gli Stati Uniti questa settimana hanno documentato le campagne di manipolazione russa e sanzionato società e individui al lavoro su un’operazione massiccia di disinformazione che ha come obiettivo il voto di novembre. E’ la prima volta però che Mosca si trova ad agire senza uno dei creatori della disinformazione russa nel mondo: senza Evgeni Prigozhin, il capo della Wagner, finanziatore e creatore delle unità di troll che da una torre di San Pietroburgo cercavano di manipolare l’umore delle campagne elettorali in giro per il mondo. Prigozhin è stato ucciso nell’agosto dello scorso anno, era a bordo del suo jet privato quando è esploso in volo, portandosi giù segreti personali e molti del presidente. Prigozhin era l’uomo che risolveva i problemi del Cremlino, che faceva arrivare la Russia dove Putin non voleva mostrare che stesse arrivando. Sapeva molto, sapeva tutto, ma ha osato mostrarsi troppo e urlare al presidente russo che stava sbagliando. I progetti di Prigozhin sono ancora tutti in piedi, dalla Wagner, che ha cambiato nome,  alla compagnia di media Patriot, passando per le fabbriche di troll, ma nel metodo russo di interferire nelle politiche altrui e nel promuovere la disinformazione sono cambiate molte cose. La battaglia, soprattutto con l’occidente, si è fatta aperta, c’è meno bisogno di nascondersi e anche i manipolatori delle informazioni mandati in giro per il mondo sono più sfacciati, vistosi, gradevoli fisicamente, desiderosi di mostrarsi e gestiscono delle campagne molto diverse rispetto a quelle affidate agli oscuri troll allevati da Prigozhin: si punta  sul giornalismo, sui megafoni, meno  sull’ombra.
Rt, che fino a qualche anno fa si chiamava Russia Today, ha armato un esercito di professionisti della disinformazione. E’ una testata che per anni è stata presente in molti paesi occidentali, è nata proprio per raccontare in lingue diverse dal russo la versione russa dei fatti e la sua direttrice, Margarita Simonyan, oltre a essere una collaboratrice molto stretta di Putin e propagandista affermata dei salotti televisivi di Mosca, conosce molto bene l’occidente. Rt ha sempre contato su una squadra nutrita di collaboratori, alcuni giornalisti hanno lasciato l’emittente dopo l’invasione dell’Ucraina. Anche Anastasia Trofimova, la regista che ha portato alla Mostra del Cinema di Venezia un film sui soldati russi che provocando irritazione a Kyiv e non solo per il tentativo di umanizzare gli autori di un’invasione brutale portata avanti non soltanto con le armi ma anche con esecuzioni e torture, ha girato documentari per Rt. Lavorare per l’emittente può risultare piuttosto comune tra giornalisti russi all’estero, ma alcuni dipendenti, secondo il dipartimento di Giustizia americano, sono veri propagandisti. Konstantin Kalashnikov, che su Facebook è iscritto con il nome Novichok – l’agente nervino usato per avvelenare ex spie e dissidenti – è stato accusato da Washington per la diffusione  di notizie false con l’obiettivo di avvelenare il dibattito elettorale americano. Il giornalista investigativo Christo Grozev ha ricostruito la sua storia, raccontando che Konstantin è figlio dell’ex vicesindaco di Donetsk, la città più importante della regione ucraina che i russi stanno cercando di occupare. Sindaco e famiglia hanno posato anche per una campagna di Dolce e Gabbana. Mentre il padre si è schierato contro l’invasione di Mosca, il figlio ha usato il suo passaporto ucraino per viaggiare in Europa, Regno Unito e negli Stati Uniti, mentre teneva quello russo per andare in Russia. Il ragazzo è diventato il volto influente di una campagna di disinformazione orchestrata dai servizi di Mosca e messa in pratica tramite Rt. Un altro  dei volti più rilevanti delle operazioni russe negli Stati Uniti è Elena Afanasieva che sul suo canale telegram racconta di produrre notizie non soltanto su se stessa, ma anche sugli Stati Uniti. Bella, alla moda, appariscente, è una delle realizzatrici più attente delle campagne di Mosca. La Russia non ha puntato soltanto sui suoi e nei documenti di Washington, sono nominati anche cittadini americani, come Tim Pool, commentatore politico, infatuatosi di Occupy Wall Street e poi partito per coprire le proteste in giro per il mondo. Si innamorò di Euromaidan, poi finì a lavorare per la parte opposta. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)