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Sicurezza

“A Parigi minacciata come a Kabul”. L'atleta afghana sotto scorta in Francia

Giulio Meotti

Per aver denunciato i talebani e difeso le sue “sorelle” lanciando l’hashtag #LetUsExist, Marzieh Hamidi, che vive a Parigi, è vittima da domenica di un diluvio di minacce di morte

Di dissidenti islamici da proteggere in Europa ne abbiamo visti molti, dalla somala Ayaan Hirsi Ali in Olanda all’iraniana Masih Alinejad quando è in visita a Londra. Ora abbiamo anche gli esuli afghani. “Quante donne devono essere uccise dai talebani affinché il mondo riconosca l’apartheid di genere come un crimine?”.

Per aver denunciato i talebani e difeso le sue “sorelle” lanciando l’hashtag #LetUsExist, l’atleta afghana Marzieh Hamidi è vittima da domenica di un diluvio di minacce di morte. A Parigi, non a Kabul. La prima telefonata è arrivata dall'Afghanistan. “Mi ha detto, in pashto, ‘conosco il tuo indirizzo a Parigi’”, rivela la giovane a Figaro. Un minuto dopo il telefono squilla di nuovo e poi non smette più di squillare. “Ho guardato il mio computer, era lo stesso sui social. Sono andata nel panico e ho chiamato la polizia”. In due giorni, Hamidi ha ricevuto più di tremila minacce. Un raid digitale organizzato. Ci sono numeri da tutto il mondo, dalla Germania, dal Belgio, dai Paesi Bassi e dalla Francia. “Il motivo per cui ho ricevuto minacce di morte e di stupro è perché mi oppongo ai terroristi e a coloro che li sostengono” confessa al Point l’atleta. “Dobbiamo essere consapevoli che per essere talebani non è necessario avere gli stessi vestiti e lo stesso stile, il talib è uno stato d'animo che puoi trovare ovunque e ormai in Francia, in Europa, ce ne sono migliaia. Mi sento come quando ero a Kabul quando arrivarono i talebani. Oggi ho l'impressione di trovarmi nel bel mezzo di Kabul e di non poter uscire di casa anche se sono in Francia”.

 

 

La ministra Aurore Bergé le ha dato il suo sostegno. “Invito le femministe a svegliarsi e ad alzarsi in piedi! Perché attualmente non è così e mi risulta incomprensibile. Il mio messaggio alla Francia e al popolo francese è di fermare i terroristi prima che la situazione peggiori. Ho imparato che c’erano quartieri, come La Chapelle nel 18esimo arrondissement di Parigi, dove non dovresti andare. Tre settimane fa, a Marsiglia con un amico, non potevamo fare tre passi senza essere insultate in modo irrispettoso da gruppi di uomini. Questo non mi era mai successo in Afghanistan! Perché i francesi chiudono un occhio?”. E che cronaca!

 

La tredicenne Samara è picchiata all’uscita della scuola media Arthur Rimbaud di Montpellier. “Samara si trucca un po’ – ha dichiarato la madre della ragazza, Hassiba Radjoul – E questa ragazzina che l’ha aggredita ha il velo. La chiamavano kouffar (miscredente.) Mia figlia si veste in stile europeo. Ci sono stati insulti, kahba (puttana)”.

 

Intanto il poeta algerino Kamel Bencheikh ha denunciato quello che è successo alla figlia nel XIX arrondissement di Parigi. “Aspettava l’autobus con un’amica. Quando è arrivato, l’autista si è fermato, le ha guardate ed è ripartito senza aprire”. Il conducente ha detto alla figlia di Bencheikh, che portava la minigonna: “Vestiti come si deve”. Ad Achenheim, in Alsazia, una ragazzina picchiata, accusata di non aver osservato il digiuno del Ramadan, mentre scendeva da un autobus diretta a scuola. E sempre a Bordeaux sono sorti persino negozi che chiedono alle “sorelle” di venire il sabato e la domenica e ai “fratelli” nei giorni feriali.

 

Non abbiamo voluto più saperne delle donne afghane. Toccherà occuparsi di quelle abbandonate al multiculti.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.