a bruxelles

L'eredità di Vestager nell'Ue dopo la sentenza su Apple e Google

David Carretta

La Corte di giustizia ha respinto i ricorsi dei due colossi del web, convalidando sul piano giuridico la strategia seguita dalla vicepresidente della Commissione, sin dal 2014: usare le regole della concorrenza per perseguire obiettivi politici di interesse generale 

Bruxelles. Margrethe Vestager, la vicepresidente della Commissione responsabile per la concorrenza, chiude la sua decennale carriera di zar dell’Antitrust dell’Ue con una doppia vittoria. La Corte di giustizia dell’Ue ha respinto il ricorso di Apple e dell’Irlanda contro la decisione di Vestager di dichiarare aiuti di stato illegali i benefici fiscali selettivi ottenuti dal colosso americano grazie a un “fiscal ruling” del governo di Dublino. La stessa Corte ha respinto un ricorso di Google contro la decisione della Commissione di infliggere una multa record per abuso di posizione dominante del suo servizio Google Shopping. Apple dovrà versare nelle casse del governo irlandese circa 14 miliardi di euro, fermi in un conto bloccato dalla decisione della Commissione nel 2016. Google sarà costretta a trasferire al bilancio dell’Ue i 2,4 miliardi di euro di ammenda inflitti nel 2017 per abuso di posizione dominante. Ma Vestager non ha rivendicato una vittoria solo per sé. “Oggi è una grande vittoria per i cittadini europei e per la giustizia fiscale”, ha detto la vicepresidente della Commissione: “E’ una vittoria per la Commissione e per la parità di condizioni nel mercato interno”. Le due sentenze della Corte convalidano sul piano giuridico la strategia seguita da Vestager, sin da quando ha assunto l’incarico nel 2014: usare le regole della concorrenza per perseguire obiettivi politici di interesse generale.

I casi Apple e Google hanno accompagnato e perseguitato Vestager. La decisione contro Apple nasce dallo scandalo Luxleaks, scoppiato all’inizio del mandato della Commissione di Jean-Claude Juncker nel 2014, nel quale il suo Lussemburgo era accusato di permettere alle grandi multinazionali di non pagare praticamente tasse. Anche per salvare la poltrona del suo presidente, Vestager si era mossa in fretta, utilizzando la politica della concorrenza per intromettersi nelle pratiche fiscali degli stati membri. La tattica aveva sollevato polemiche e dubbi giuridici. Le tasse sono una competenza esclusiva nazionale. L’Ue può agire solo quando c’è l’unanimità degli stati membri. La stessa Irlanda – come altri paesi presi di mira dalle decisioni di Vestager (Belgio e Lussemburgo) – ha contestato davanti alla Corte di giustizia dell’Ue la validità dell’azione dell’Antitrust. I giudici di Lussemburgo hanno confermato che gli stati membri sono competenti sulle tasse, ma anche che la Commissione può intervenire se c’è un vantaggio ingiustificato e selettivo. “I nostri sforzi collettivi in questo campo derivano da un semplice principio: equità”, ha spiegato Vestager. “Equità tra piccoli e grandi attori. Tutte le aziende, grandi o piccole, digitali o tradizionali, devono tutte pagare la loro giusta quota di tasse (…). Equità tra i paesi europei. Non può essere che alcuni stati membri consentano ‘accordi speciali’ per attrarre determinate aziende offrendo aliquote fiscali basse (…). E, cosa più importante, equità sociale. Perché quando le grandi aziende non pagano la loro quota, le casse pubbliche vengono private di fondi necessari per i nostri sistemi di sicurezza sociale, i nostri sistemi educativi e le nostre infrastrutture pubbliche”. Vestager ha anche rivendicato di aver contribuito con le inchieste sui tax ruling a “un cambiamento di mentalità, un cambiamento di atteggiamento tra gli stati membri”. Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Cipro hanno modificato le loro legislazioni. Vestager ha rivendicato una rivoluzione delle mentalità anche sul digitale.

Con l’inchiesta su Google l’Ue è stata pioniere, ispirando altri regolatori a livello globale. Vestager ha ricordato di essere stata presa per “matta” quando andò per la prima volta a Washington a discutere il caso. “La convinzione prevalente era che le aziende digitali dovessero essere lasciate libere di operare. Erano viste come innovatrici che guidavano il cambiamento positivo e la crescita”. Invece la decisione sull’abuso di posizione dominante di Google Shopping “ha messo in discussione questa nozione. Questo caso è stato simbolico perché ha dimostrato che anche le aziende tecnologiche più potenti potevano essere chiamate a rispondere. Nessuno è al di sopra della legge. Ha ispirato legislatori e decisori politici in tutto il mondo a esaminare più attentamente le attività dei giganti digitali”. Google o Apple se ne andranno perché perseguitate dall’Ue? Con 450 milioni di consumatori “l’Europa è un posto formidabile per fare affari (…). Voglio vedere prima di crederci”. Secondo Vestager, la sua eredità sarà incrementare la concorrenza, l’innovazione e i benefici per i consumatori.

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