Perché Washington ferma l'acquisizione dei giapponesi della U.S. Steel

Giulia Pompili

L'Amministrazione di Joe Biden intende bloccare una delle più grandi   acquisizioni per l’economia americana. Le mosse di Tokyo e di Trump: l'acciaio è al cuore di due campagne elettorali strategiche

Washington. La decisione della commissione sugli Investimenti stranieri non è ancora arrivata sulla scrivania del presidente, ma è sempre più chiaro che l’Amministrazione di Joe Biden intende bloccare una delle più grandi e strategiche acquisizioni per l’economia americana: quella da parte della Nippon Steel, il colosso dell’acciaio giapponese, quarto produttore mondiale, che mette sul tavolo 15 miliardi di dollari per acquisire la U.S. Steel, simbolo della Pennsylvania scivolato già da tempo al 24esimo posto tra i produttori globali d’acciaio. Lunedì scorso, sapientemente nel giorno del Labour day, durante un comizio a Pittsburgh, la città dell’acciaio e quartier generale della U.S. Steel, insieme al presidente Biden la vicepresidente e candidata democratica alle elezioni di novembre Kamala Harris ha detto che U.S. Steel dovrebbe rimanere di proprietà americana. Ed è anche questo un pezzo importante della sua campagna elettorale.  

  

Harris ha già annunciato di voler dedicare sforzi e attenzioni alla classe media: la U.S. Steel è “un’azienda americana storica”, ha detto Harris, “ed è vitale per il paese mantenere forti le aziende siderurgiche”. E poi: “Sarò sempre al fianco degli operai siderurgici d’America”. Pittsburgh è la città dove la vicepresidente si sta preparando per il dibattito con l’ex presidente Donald Trump di domani sera.  E l’acciaio è un altro punto di discussione, perché anche Trump con un linguaggio diverso, e il suo candidato vicepresidente J. D. Vance, hanno criticato la potenziale acquisizione da parte giapponese. Ma sono due questioni politiche: una riguarda i lavoratori, l’altra riguarda il protezionismo, l’America First, e le sfide globali. 

 

Qualche giorno fa al Wall Street Journal il ceo di U.S. Steel, David Burritt, ha detto che bloccare l’acquisizione da parte di Nippon Steel significa condannare alla crisi l’iconica acciaieria americana, e ha minacciato licenziamenti e soprattutto la rilocazione dell’industria in una non identificata città del sud degli Stati Uniti, abbandonando di fatto la Pennsylvania e cambiando la geografia dell’acciaio americano. Secondo la United Steelworkers union, il principale e più potente sindacato di settore, la proprietà di U.S. Steel in realtà parla di crisi per coprire la cattiva gestione del passato: l’acciaio americano può essere salvato, e non necessariamente da un acquirente straniero. Ma come? Uno dei più noti rappresentanti della battaglia dei sindacati è il senatore democratico della Pennsylvania John Fetterman, che ieri alla Cnn ha parlato di una situazione “spaventosa”: nelle sue posizioni “seguirò il sindacato”, ha detto Fetterman. “Seguirò qualsiasi cosa vogliano. Se dovessero dichiararsi favorevoli, allora li sosterrò. Ma se ora sono contrari, sosterrò anche questo, perché io sarò sempre dalla parte giusta, nella difesa dei lavoratori e del sindacato. E credo fondamentalmente che l’acciaio sia una questione di sicurezza nazionale”. Anche il governatore della Pennsylvania, il democratico Josh Shapiro, si è detto contrario all’acquisizione. 

 

La crisi fra il governo americano, la U.S. Steel e la Nippon Steel, però, secondo diversi osservatori rischia di essere un precedente scivoloso nelle decisioni del governo federale. E’ un altro esempio della fine dell’èra del commercio globale e delle regole di mercato, a favore di un’economia subordinata alla sicurezza nazionale. Nel caso dell’acciaio però non si tratta di un’acquisizione tentata da un paese rivale o nemico, ma del Giappone, simbolo della politica estera di Biden che in questi anni ha lavorato moltissimo al cosiddetto “friendshoring”, il rafforzamento delle alleanze strategiche e politiche anche negli aspetti più di business e commerciali. Il Giappone del primo ministro Fumio Kishida, anche lui a un passo dalla sostituzione di fine settembre, non ha preso bene la decisione del governo americano e tutti i candidati alla leadership del Partito liberal democratico hanno criticato la mossa di Washington. L’acciaio è al cuore di due campagne elettorali strategiche per il mondo che verrà.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.