Olaf Scholz - foto Ansa

In Europa

Berlino sospende Shengen ed è un brutto colpo alla coesione dell'Ue

David Carretta

Dopo l'avanzata dell'AfD alle ultime elezioni, ora la coalizione di Scholz vuole mostrare i muscoli sui migranti reintroducendo i controlli alle frontiere con i nove paesi confinanti con la Germania. Si teme l'effetto cascata

Bruxelles. La Commissione di Ursula von der Leyen non intende scontrarsi con la Germania per preservare l’area di libera circolazione di Schengen, dopo che il governo di Olaf Scholz ha deciso di reintrodurre i controlli alle frontiere con i nove paesi vicini per bloccare i flussi di migranti. Lunedì il ministro dell’interno, Nancy Faeser, ha annunciato che dal 16 settembre la Germania riprenderà i controlli ai confini terrestri con Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Francia, Svizzera, Austria, Repubblica ceca e Polonia. È il primo effetto concreto dell’avanzata del partito di estrema destra AfD nelle urne. A poco meno di un anno dalle elezioni federali, la coalizione Scholz vuole mostrare i muscoli sui migranti. “Stiamo rafforzando la sicurezza interna e continuando la nostra linea dura contro l’immigrazione irregolare”, ha detto Faeser. Come altri governi europei in precedenza – compreso quello tedesco di Angela Merkel durante la crisi dei rifugiati – anche quello Scholz ha deciso di optare per la scelta più facile: far passare nell’opinione pubblica nazionale l’idea che le frontiere saranno sigillate. I rischi sono noti. Il messaggio per la coesione europea è pessimo, nel momento in cui Ungheria e Paesi Bassi chiedono un “opt-out” (un’eccezione per poter uscire) dalle politiche migratorie comuni. Un conflitto con un paese vicino non è da escludere, in particolare se Berlino darà seguito alla minaccia di respingere i richiedenti asilo (con l’Austria la tensione è già alta). Il risultato più probabile è una reazione a cascata, nella quale uno stato membro dopo l’altro annuncia la reintroduzione delle frontiere interne (era già accaduto nel 2015-16).
 

La Commissione ieri ha spiegato che il Codice Schengen prevede una deroga in caso di minaccia alla sicurezza nazionale o ragioni di ordine pubbliche. La reintroduzione dei controlli alle frontiere deve essere “necessaria e proporzionata”, ha spiegato una portavoce. Ci sono dubbi su entrambe le condizioni, tanto più che Berlino ha deciso di applicarli anche ai paesi di destinazione dei migranti che transitano sul suo territorio (Paesi Bassi, Belgio e Danimarca). In teoria, i controlli dovrebbero anche essere temporanei ed eccezionali. Il governo tedesco ha lasciato intendere che resteranno in vigore due anni. Ma potrebbero durare molto di più. L’Austria ha ancora in vigore i controlli ai confini con la Slovenia, l’Ungheria e la Slovacchia introdotti nel 2015 per cercare di fermare i flussi in arrivo lungo la rotta dei Balcani. La Commissione ha sempre evitato di intervenire con un parere negativo, quando gli stati membri hanno derogato Schengen, limitandosi a raccomandare misure alternative e assicurando che il nuovo Patto su migrazione e asilo sarebbe stata la panacea.
 

Il nuovo Patto è stato approvato, ma Schengen è ancora in pericolo. Il fatto è che quasi nessuno rispetta la legislazione dell’Ue. L’Italia è criticata dalla Germania (e dall’Austria) perché non blocca i i movimenti secondari e accetta troppe poche richieste di riprendersi i richiedenti asilo di cui ha la responsabilità in quanto paese di primo ingresso. Per Roma, ogni scusa è buona, che sia il Covid o la pressione degli sbarchi. In ogni caso, nei paesi che hanno usato la deroga a Schengen tra il 2015 e oggi, i flussi irregolari non si sono arrestati. Nella maggior parte dei casi i controlli alle frontiere sono un’illusione ottica. Effettuarli in via sistematica provocherebbe enormi danni economici per i rallentamenti nel transito di persone e merci. Vale ancora di più per la Germania al centro dell’Ue. Malmenata, Schengen continua a sopravvivere perché chiudere ermeticamente le frontiere non conviene a nessuno.

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